Come Ulisse è Dante,
si somigliano per certi versi; ambedue sono sempre in movimento ,
sempre in viaggio. Ma il mondo di Ulisse non è l’Universo ordinato
dell’uomo medievale ; il viaggio dell’eroe pagano non è - né potrebbe
esserlo - in consonanza con quello del cristiano Dante. Il Fiorentino è
un pellegrino in cammino verso la visione di Dio, la sua fiamma di
conoscenza è volta alla ricerca della Verità; e in essa si appaga e si
redime. Il pagano Ulisse, è un esploratore, il suo viaggio è , in tal
senso, “speculare” a quello di Dante; l’eroe greco svolge il suo
percorso senza staccarsi dalla realtà terrena; spinto da uno sfrenato
desiderio di conoscenza e da una forte sete di gloria , non riconosce
limiti alla intelligenza umana.
L’orgoglio di Dante, pellegrino, trova una guida sicura nel giusto
limite, nella mesos , nei dettami dell’etica neotestamentaria; Ulisse
confida assolutamente nella propria intelligenza! Il suo , dunque, non
è orgoglio luciferino, il suo “folle volo” è temerarietà; è assoluta
spavalderia e fidanza cieca solo nelle proprie forze. E ciò, sa il
Dante agens ! La conoscenza di Dante è virtuosa - conosce il limite -.
La“canoscenza” di Ulisse presuppone la forza il coraggio assoluti,
necessari per superare ogni limite.
Il pagano Ulisse non conosce restrizioni.
“ Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque..
E’ la fine. E alla fine l’orgoglio è punito “com’altrui piacque..
E’ una grandiosa epica fine, non c’è che dire. E Dante lo sa, lo
capisce.
Del resto, se “ il folle volo” non fosse fallito , non si sarebbe
potuta affermare - come è stato giustamente fatto rilevare - la potenza
della legge divina, la legge del cristiano, “laico”, Dante Alighieri.
Nuccio Palumbo