Tornando alla chiesa di Sant'Alessandro in Colonna, i paesaggi ai lati della finestra sembrano familiari: una via della città bassa, il campanile della stessa chiesa. L'occhio è poi colpito dal dettaglio dei lampioni del viale. Ricordano quelli di piazza Vittorio Veneto, che in parte furono ideati dal giovane Manzù? A 15 anni era iscritto alla Fantoni. Era un giovane promettente. Gli fu dato l'incarico di fare decorazioni per i lampioni della piazza. Forse si esercitò sui muri della soffitta? L'enigma rimane. Nell'anno del centenario della nascita del grande scultore (22 dicembre 2008), l'intrigante giallo è ancora tutto da risolvere. Ora la parola passa agli esperti.
Un confronto con altre opere giovanili si può avere con gli affreschi di Villa Ardiani a Selvino realizzati da Manzù negli anni 1932-1933.Le mani della «maschera con tortorella» e quelle di altri personaggi ritratti sono affusolate e pressoché identiche alle mani dei personaggi ritratti nella soffitta. La postura dell'uomo a testa di zucca (una mano sul mento, l'altra alla vita) è simile a quella del «pastore dormiente» di Villa Ardiani. Anche gli occhi dei personaggi della soffitta e di quelli eseguiti a Selvino presentano impressionanti analogie. Si tratta in ogni caso di supposizioni, per quanto gli indizi siano davvero numerosi. Vi sono poi due motivi floreali sotto l'arco della grata che fanno pensare al celebre erbario di Manzù.
Giacomo Manzù pseudonimo di Giacomo Manzoni era il dodicesimo di quattordici fratelli. Frequentò la scuola fino alla II elementare. La sua vera scuola furono le botteghe degli artigiani dove imparò a lavorare con le mani diversi materiali come il legno, la pietra e l’argilla.Dopo un apprendistato di tipo artigianale, comprese di dover coltivare il proprio interesse per l'arte durante il servizio militare a Verona, quando ebbe modo di studiare le porte di San Zeno e si appassionò ai calchi dell'Accademia Cicognini.
Dopo un breve soggiorno a Parigi nel '29, nel 1930 si stabilì a Milano dove contribuì, al fianco di A. Sassu e di R. Birolli, a sviluppare i germi della ribellione antinovecentista che sfocerà, negli anni 1938-40, nel movimento di Corrente. A Milano realizzò le sue prime opere in bronzo e si dedicò al disegno, all'incisione, all'illustrazione e alla pittura, più volte ripresa durante la carriera. Mentre la sua iniziale attività risentì del «primitivismo» allora molto diffuso (decorazione della Cappella dell'Università Cattolica di Milano, 1931), la scoperta di Medardo Rosso, verso la cui opera si volse sempre più decisamente, e un secondo viaggio a Parigi nel '36, lo condussero a una svolta: spinto dalla lezione impressionista, abbandonò gli schemi arcaizzanti e andò acquistando per gradi l'originale sensibilità luministica, la morbidezza plastica e la delicata sensualità che diverranno qualità stabili del suo stile.