Firenze, 20 settembre 2008 - Non capisco la reazione del ministro Gelmini alle proteste di insegnanti e genitori. Il diritto a manifestare e ad esporre liberamente le proprie idee non può essere mai messo in discussione, qualunque sia il colore del governo. La scuola è anche una palestra di idee e deve vivere in nome del pluralismo delle opinioni. E poi le proteste in fondo sono un segno di attaccamento nei confronti della scuola e del suo futuro.
Lucia Morelli, Firenze
Risponde il direttore de 'La Nazione', Francesco Carrassi
Non mi sembra proprio che il ministro Gelmini abbia messo in discussione il diritto a manifestare le proprie opinioni dentro e fuori la scuola. Ha posto invece un problema di opportunità rispetto ad alcuni tipi di proteste come le maestre vestite a lutto. E comunque ha posto un problema che non può essere sottaciuto: è giusto che la scuola diventi luogo di strumentalizzazione politica e di contrapposizione fra schieramenti diversi? Questa strumentalizzazione è conciliabile con il ruolo della scuola come luogo di educazione e formazione culturale e civile? Non è dovere di tutti salvaguardare questo grande patrimonio e, in particolare, i giovani e i giovanissimi studenti? Questi interrogativi dovrebbero interessare e impegnare, senza distinzioni politiche. In troppe occasioni abbiamo avuto una scuola, e un’università, teatro di scontri ideologici e di contrapposizioni anche dure con risultati assolutamente negativi in termini, prima di tutto, di formazione delle classi dirigenti del Paese. Forse ci sono state, a complicare le cose, anche troppe riforme, troppi cambiamenti in corso d’opera con il risultato di creare poche certezze. Ma è anche vero che cambia la società e cambia anche la scuola. Anche per questo bisogna ridare serenità a docenti e studenti, fare meno polemiche e puntare più a costruire che a demolire.
La risposta del direttore de 'La Nazione', Francesco Carrassi dalla Nazione