Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva,
"Brigadiere, apri un po' la finestra!",
una spinta ... e Pinelli va giú.
"Sor questore, io gliel'ho giá detto,
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe,
ma uguaglianza nella libertá".
"Poche storie, confessa, Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato,
é l'autore di questo attentato
ed il complice certo sei tu".
"Impossibile!", grida Pinelli,
"Un compagno non puó averlo fatto
e l'autore di questo delitto
fra i padroni bisogna cercar".
"Stai attento, indiziato Pinelli,
questa stanza é giá piena di fumo,
se tu insisti, apriam la finestra,
quattro piani son duri da far".
C'e' una bara e tremila compagni,
stringevamo le nostre bandiere,
quella sera l'abbiamo giurato,
non finisce di certo cosí.
E tu Guida, e tu Calabresi,
se un compagno é stato ammazzato,
per coprire una strage di Stato,
questa lotta piú dura sará.
Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva,
"Brigadiere, apri un po' la finestra!",
una spinta ... e Pinelli va giú.
Ribadirlo significa testimoniare una verità che qualcuno vorrebbe ancora oscurare in nome di una generica condanna al terrorismo e con essa nascondere anche le tragiche circostanze della morte di Giuseppe Pinelli che precipitò da una finestra del quarto piano della Questura milanese, non certo un “malore attivo”.La verità su Pino non è da ricercarsi né nelle sentenze della magistratura né nelle giaculatorie di questa politica sempre scomposta, sempre in ritardo, sempre invischiata nel non rappresentare mai la verità, ma nel come si svolsero i fatti, nella loro semplicità, nella loro innocenza e nella coscienza dei familiari, vittime pure loro di quella Strage di Stato.
"Ma nulla di tutto cio' puo' togliere a noi la drammaticita' della ferita inferta dal terrorismo, che ha lasciato interrogativi angosciosi e una lezione da seguire per evitare i fatti di cui voi conservate i segni della sofferenza"
ma che caldo, che caldo faceva,
"Brigadiere, apri un po' la finestra!",
una spinta ... e Pinelli va giú.
"Sor questore, io gliel'ho giá detto,
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe,
ma uguaglianza nella libertá".
"Poche storie, confessa, Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato,
é l'autore di questo attentato
ed il complice certo sei tu".
"Impossibile!", grida Pinelli,
"Un compagno non puó averlo fatto
e l'autore di questo delitto
fra i padroni bisogna cercar".
"Stai attento, indiziato Pinelli,
questa stanza é giá piena di fumo,
se tu insisti, apriam la finestra,
quattro piani son duri da far".
C'e' una bara e tremila compagni,
stringevamo le nostre bandiere,
quella sera l'abbiamo giurato,
non finisce di certo cosí.
E tu Guida, e tu Calabresi,
se un compagno é stato ammazzato,
per coprire una strage di Stato,
questa lotta piú dura sará.
Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva,
"Brigadiere, apri un po' la finestra!",
una spinta ... e Pinelli va giú.
Ribadirlo significa testimoniare una verità che qualcuno vorrebbe ancora oscurare in nome di una generica condanna al terrorismo e con essa nascondere anche le tragiche circostanze della morte di Giuseppe Pinelli che precipitò da una finestra del quarto piano della Questura milanese, non certo un “malore attivo”.La verità su Pino non è da ricercarsi né nelle sentenze della magistratura né nelle giaculatorie di questa politica sempre scomposta, sempre in ritardo, sempre invischiata nel non rappresentare mai la verità, ma nel come si svolsero i fatti, nella loro semplicità, nella loro innocenza e nella coscienza dei familiari, vittime pure loro di quella Strage di Stato.
"Ma nulla di tutto cio' puo' togliere a noi la drammaticita' della ferita inferta dal terrorismo, che ha lasciato interrogativi angosciosi e una lezione da seguire per evitare i fatti di cui voi conservate i segni della sofferenza"