Riforma della secondaria. Tre motivi del ministro per non rinviare
Si stanno delineando, giorno dopo giorno, due schieramenti trasversali pro o contro il rinvio della riforma delle superiori. Mentre vanno ingrossandosi le fila del partito del rinvio, il ministro Gelmini ha dichiarato senza mezzi termini che la riforma partirà dal prossimo settembre. Punto e basta.
Su quali motivi sostanziali si basa la sua posizione? Probabilmente almeno tre, anche se è ben consapevole, crediamo, che le condizioni previste per preparare bene l'avvio della riforma sono venute in parte a mancare. Proviamo a immaginare quali.
C'è innanzitutto una immagine politica da salvaguardare. Il ministro fin dall'inizio del suo mandato si è spesa (e con lei l'intera maggioranza) per avviare la riforma delle superiori e ha già dovuto piegarsi (malvolentieri) una prima volta, un anno fa, alla logica del rinvio.
C'è un'altra ragione, molto più concreta, che tocca anche il ministro Tremonti per gli aspetti economici. Dalla riforma delle superiori, a cominciare dal 2010, sono attese cospicue "economie". Gli altri settori scolastici, in particolare la secondaria di I grado, hanno già dato nel 2009-10; potranno dare ancora qualcosa nei prossimi anni, ma la quota più consistente dei risparmi dovrà venire dalla riforma delle superiori che, attraverso la contrazione delle ore di lezione nominali (poca differenza ci sarà sulle ore effettive, con il ritorno alle ore da 60 minuti), ridurrà sensibilmente gli organici del personale docente. Risparmi già quantificati dall'art. 64 della legge 133/2008 e che dovranno essere onorati, pena l'applicazione della clausola di salvaguardia (o, in alternativa, un nuova legge di manovra finanziaria).
C'è, infine, una ragione ancora più rilevante. Se la riforma partirà dal 2010, potrà essere accompagnata e gestita per il resto della legislatura, assorbendone gli inevitabili contraccolpi non positivi e i necessari adeguamenti; se dovesse subire un altro rinvio, rischia di non partire affatto, vittima delle necessità politiche di convenienza.
Si stanno delineando, giorno dopo giorno, due schieramenti trasversali pro o contro il rinvio della riforma delle superiori. Mentre vanno ingrossandosi le fila del partito del rinvio, il ministro Gelmini ha dichiarato senza mezzi termini che la riforma partirà dal prossimo settembre. Punto e basta.
Su quali motivi sostanziali si basa la sua posizione? Probabilmente almeno tre, anche se è ben consapevole, crediamo, che le condizioni previste per preparare bene l'avvio della riforma sono venute in parte a mancare. Proviamo a immaginare quali.
C'è innanzitutto una immagine politica da salvaguardare. Il ministro fin dall'inizio del suo mandato si è spesa (e con lei l'intera maggioranza) per avviare la riforma delle superiori e ha già dovuto piegarsi (malvolentieri) una prima volta, un anno fa, alla logica del rinvio.
C'è un'altra ragione, molto più concreta, che tocca anche il ministro Tremonti per gli aspetti economici. Dalla riforma delle superiori, a cominciare dal 2010, sono attese cospicue "economie". Gli altri settori scolastici, in particolare la secondaria di I grado, hanno già dato nel 2009-10; potranno dare ancora qualcosa nei prossimi anni, ma la quota più consistente dei risparmi dovrà venire dalla riforma delle superiori che, attraverso la contrazione delle ore di lezione nominali (poca differenza ci sarà sulle ore effettive, con il ritorno alle ore da 60 minuti), ridurrà sensibilmente gli organici del personale docente. Risparmi già quantificati dall'art. 64 della legge 133/2008 e che dovranno essere onorati, pena l'applicazione della clausola di salvaguardia (o, in alternativa, un nuova legge di manovra finanziaria).
C'è, infine, una ragione ancora più rilevante. Se la riforma partirà dal 2010, potrà essere accompagnata e gestita per il resto della legislatura, assorbendone gli inevitabili contraccolpi non positivi e i necessari adeguamenti; se dovesse subire un altro rinvio, rischia di non partire affatto, vittima delle necessità politiche di convenienza.
ECCO INVECE LE RAGIONI PER RINVIARE...
Riforma della secondaria. Ragioni contingenti per rinviare
Nessuno nega, a parte qualche ultraconservatore, la necessità di avviare a riforma la scuola secondaria superiore. Ci si prova da decenni. I dati internazionali da anni mostrano in tutta la loro cruda realtà che questa scuola, nonostante l'impegno di molti docenti e dirigenti scolastici, ha bisogno di cambiare radicalmente.
Gli ultimi tentativi messi in atto da un anno o poco più sembrano, dunque, prossimi a tagliare un traguardo storico. A volte, però, il meglio è nemico del buono, e la ricerca di perfezione nega il possibile. Così nelle ultime settimane si sono moltiplicate le posizioni a favore di un rinvio, forti di ragioni contingenti che, obiettivamente, evidenziano più di una criticità.
Dal mondo sindacale ci sono richieste di rinvio soprattutto per il timore di ripercussioni sugli organici, sulla mobilità del personale e sulla regolarità dell'avvio dell'anno scolastico. Indirettamente il mancato parere del Cnpi sulle nuove classi di concorso va proprio in questa direzione (in subordine si chiede di rinviare l'applicazione delle nuove classi di concorso).
Dal fronte politico (non solo dell'opposizione) il rinvio tiene conto dei tempi di preparazione e di informazione che, a causa dei ritardi di procedura, si stanno facendo più stretti.
Dal mondo scolastico c'è preoccupazione per i tempi ristretti di predisposizione della nuova organizzazione, di approntamento dei quadri orari e, soprattutto, dei piani di studio.
Insomma, le ragioni del rinvio, poggiano tutte sui tempi. Sono ragioni sufficienti?
TuttoscuolaFOCUS
Nessuno nega, a parte qualche ultraconservatore, la necessità di avviare a riforma la scuola secondaria superiore. Ci si prova da decenni. I dati internazionali da anni mostrano in tutta la loro cruda realtà che questa scuola, nonostante l'impegno di molti docenti e dirigenti scolastici, ha bisogno di cambiare radicalmente.
Gli ultimi tentativi messi in atto da un anno o poco più sembrano, dunque, prossimi a tagliare un traguardo storico. A volte, però, il meglio è nemico del buono, e la ricerca di perfezione nega il possibile. Così nelle ultime settimane si sono moltiplicate le posizioni a favore di un rinvio, forti di ragioni contingenti che, obiettivamente, evidenziano più di una criticità.
Dal mondo sindacale ci sono richieste di rinvio soprattutto per il timore di ripercussioni sugli organici, sulla mobilità del personale e sulla regolarità dell'avvio dell'anno scolastico. Indirettamente il mancato parere del Cnpi sulle nuove classi di concorso va proprio in questa direzione (in subordine si chiede di rinviare l'applicazione delle nuove classi di concorso).
Dal fronte politico (non solo dell'opposizione) il rinvio tiene conto dei tempi di preparazione e di informazione che, a causa dei ritardi di procedura, si stanno facendo più stretti.
Dal mondo scolastico c'è preoccupazione per i tempi ristretti di predisposizione della nuova organizzazione, di approntamento dei quadri orari e, soprattutto, dei piani di studio.
Insomma, le ragioni del rinvio, poggiano tutte sui tempi. Sono ragioni sufficienti?
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