E
chi può dire allora che la scuola non c’entri nulla con la vita? Chi
può negare che ognuno di questi ragazzi e tanti altri non sia almeno
cresciuti un po’ se non invecchiati? Solo quei docenti (speriamo pochi)
legati allo stipendio e basta, tristi e melanconici, vuoti e banali,
legalisti e contabili! Solo una società corrotta fatta da tanti “gatti
e volpi”, da avidi e meschini, da ignoranti e incompetenti, da mummie e
approfittatori! Non si possono rubare i sogni ai ragazzi, non possiamo
permettere che questo accada, non deve accadere che la scuola cancelli
i loro desideri e le passioni, questo sarebbe il peccato più grave che
un educatore potrebbe fare.
Marco Pappalardo
È suonata la campanella dell’ultimo giorno di scuola, l’ultima ora,
l’ultimo minuto! Possiamo sentire il vociare quasi esultante degli
studenti, riusciamo ad immaginare i volti raggianti almeno per coloro
che sanno già di essere promossi. Comunque anche quest’anno si è
concluso per la maggior parte degli studenti delle scuole superiori,
alcuni sono in prossimità degli esami di maturità, altri dovranno
vedersela con il recupero dei debiti. Nove mesi, 200 giorni già alle
spalle ricchi di gioie e dolori, ansie e paure, amori e
illusioni, impegno e svogliatezza. Quasi una vita, direbbero i ragazzi,
un’eternità per chi proprio odia i banchi, un po’ di nostalgia per
altri al pensiero di lasciare i compagni, “i migliori anni della nostra
vita” cantano persino i maturandi! «Sono nato il primo giorno di
scuola, cresciuto e invecchiato in soli duecento giorni» si legge nelle
ultime pagine di un bellissimo romanzo del Prof. Alessandro D’Avenia
dal titolo “Bianca come il latte e rossa come il sangue”; così è per
tutti gli studenti anche se non tutti se ne rendono conto, perché
spesso una cosa è la vita e un’altra è la scuola, entri in classe e sei
costretto a lasciare fuori per cinque ore la tua identità, il tuo
essere persona, i problemi e i sogni, il tutto per indossare i panni
dello studente modello o monello, intraprendente o invisibile, troppe
volte solo un numero sul registro. Eppure in 200 giorni accade di tutto
e raccontarlo, inventando i nomi ma non i fatti, mi commuove
profondamente: Alessandro rimane orfano di padre, Carla parte per uno
scambio culturale negli Stati Uniti, Vincenzo ha compiuto 18 anni,
Serena è morta in un incidente stradale e io ho pianto dopo tanti anni,
Sara e Paolo si sono fidanzati finalmente, Antonello lotta con forza e
coraggio contro la leucemia, Cesare fa la sua prima esperienza come
attore su un set importante, Martina ha lasciato la scuola e non
abbiamo ancora capito perché, Vincenzo, Maria, Filippo hanno dedicato
tutto un anno al volontariato, Cinzia ha smesso di fumare, Federico si
è innamorato per la prima volta, Marinella ha capito a cosa serve la
matematica. E chi può dire allora che la scuola non c’entri nulla con
la vita? Chi può negare che ognuno di questi ragazzi e tanti altri non
sia almeno cresciuti un po’ se non invecchiati? Solo quei docenti
(speriamo pochi) legati allo stipendio e basta, tristi e melanconici,
vuoti e banali, legalisti e contabili! Solo una società corrotta fatta
da tanti “gatti e volpi”, da avidi e meschini, da ignoranti e
incompetenti, da mummie e approfittatori! Non si possono rubare i sogni
ai ragazzi, non possiamo permettere che questo accada, non deve
accadere che la scuola cancelli i loro desideri e le passioni, questo
sarebbe il peccato più grave che un educatore potrebbe fare. La vita
non è un’altra cosa durante i nove mesi di scuola, anzi nella scuola
deve trovare provocazioni e domande giuste, adulti significativi con
cui confrontarsi, contenuti ricchi di senso che parlino al cuore dei
giovani e li aiutino a spiccare il volo. Non possiamo allora permettere
di buttare all’aria un solo attimo della vita, un solo minuto di scuola
se veramente entrambe si abbracciano per il bene degli studenti, e il
loro bene non lo si misura con i voti o con la condotta, bassi o alti
che siano, ma da quanto si è stati capaci di suscitare loro un sogno
che possa diventare poi un progetto. Marco
Pappalardo