Sono moltissime ormai le
scuole che deliberano a stragrande maggioranza di bloccare tutte le
attività aggiuntive all'insegnamento e in modo particolare i viaggi di
istruzione, mettendo però talvolta in
agitazione permalosa le famiglie che non si rendono conto della lotta
che i docenti devono affrontare per avere garantito ciò che
lentamente loro viene tolto e con un imperio legale mai visto prima.
Decisioni, quelle dei collegi dei docenti, prese con rammarico perché
c'è l'evidente consapevolezza del valore formativo delle visite di
istruzione, ma nulla può nascondere
la profonda indignazione che si prova di fronte ai provvedimenti
assunti negli ultimi mesi nei confronti della scuola pubblica.
Provvedimenti che avranno, sostengono i professori, come
immediata conseguenza il peggioramento della qualità dell'offerta
formativa, e che, in prospettiva, acuiranno i divari sociali,
riducendo ulteriormente le possibilità, per i giovani, di una
vita dignitosa nel nostro Paese. Il taglio di risorse inoltre
rende molto difficile, o di fatto impossibile, intervenire a
favore dell’integrazione degli studenti diversamente abili
o degli stranieri, insieme al miglioramento dei risultati di
apprendimento, del sostegno e della promozione sociale.
Oltre a ciò, sono da aggiungere le misure che colpiscono direttamente
gli insegnanti, causando loro conseguenze molto gravi dal punto
di vista economico e professionale: la
perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, il blocco per 3 anni
della contrattazione nazionale col conseguente congelamento dei giusti
aumenti legati all'inflazione, il blocco della progressione di
carriera, mentre non bisogna dimenticare l'ultima trovata ministeriale
che ha tolto la pur risibile diaria giornaliera per accompagnare
i ragazzi in viaggio di istruzione all'estero. Forse ce ne è
abbastanza per fare capire la gravità delle misure prese dal Governo e
del disagio che si avverte a scuola; e forse pure per coinvolgere le
famiglie nella protesta anche perché non c'è ente pubblico né privato
che non riconosca, oltre alle spese di viaggio, di vitto e di alloggio,
anche una diaria aggiuntiva che però, per la delicatezza del compito, è
sempre pochissima per un docente, visto che deve vigilare su 16/20
ragazzini pronti a tutto quando sono fuori dal controllo dei genitori.
Ma il blocco delle attività aggiuntive all'insegnamento è andato anche
oltre in molte scuole superiori, rifiutando di deliberare le nuove
adozione dei libri di testo o di prestare supplenze oltre le 18 ore
settimanali o di accettare attività di recupero e perfino
di accollarsi ore eccedenti che in questo modo non vengono tolte ai
precari che hanno comunque consentito, e consentono ancora, il buon
funzionamento della istruzione. Dal
punto di vista dei professori non solo è una iniziativa opportuna ma
anche coraggiosa e forte per non passare da masochisti,
considerati i comportamenti complessivamente penalizzanti solo la
scuola e i suoi operatori contro i quali c'è stata una sorta di
escalation delegittimante, partita prima come fannullonismo, ignoranza,
neghittosità e conclusasi con l'umiliazione di vedersi non riconosciuti
nemmeno i diritti essenziali, fra cui il più odioso è la negazione
degli scatti sessennali di anzianità che rimangono però per tutti gli
altri del pubblico impiego: forse che i “maestri” sono categoria a
parte e possono ben vivere solo di sapere e di cultura, come di recente
ha sostenuto il ministro Tremonti? Il fatto poi che alcuni
genitori non abbiano solidarizzato con questa protesta rientra
perfettamente nella logica con cui la scuola finora è andata avanti,
considerato che la gran parte dei docenti si spende senza pretendere
riscontri né morali (la stima) né materiali (i compensi dovuti).
Ma non solo. Le famiglie da qualche decennio a questa parte hanno
demandato alla scuola perfino il compito di educare la loro prole e
spesso si mettono addirittura in conflitto con essa quando i figli
vengono bocciati o puniti. Molti genitori stanno scambiando le aule per
una sorta di grande fratello, una mega tv davanti alla quale
posteggiare i figli lasciando ai professori l'incombenza sia della loro
istruzione, sia della loro educazione e perfino quella di portarli in
gita al posto loro. Quando dunque una
categoria così terribilmente umiliata, la più bistrattata d'Europa e
contro cui si è stata montata una campagna di discredito capziosa,
cerca di fare valere un minimo di garanzie legali e contrattuali, ecco
strisciare nuove accuse, dimenticando che se i ragazzini hanno il
diritto alle attività aggiuntive, i professori hanno quello del
riconoscimento del loro lavoro e se questo è strumentalmente disatteso
e umiliato non si capisce perché non debbano reagire, coinvolgendo i
fruitori della loro opera e della loro arte, che sono
appunto gli scolari e le loro famiglie. Scelte fatte a malincuore
certamente, ma quale altro strumento hanno loro in mano?
Ricordiamo in ultimo che pure il blocco degli scrutini è stato cassato
dal comitato di garanzia come forma di protesta e sempre per consentire
alle famiglie di farsi le ferie in pace, togliendo così un'altra arma
assai pesante in mano ai docenti. E allora, quale altro proiettile
resta loro nel fucile per mettere nel mirino il loro disagio?
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org