Andrea
Gavosto è Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli ed è membro del
Comitato Tecnico Scientifico che ha predisposto i due progetti di
sperimentazione per valorizzare il merito degli insegnanti e delle
scuole. Alla Fondazione Agnelli è stato inoltre assegnato il
compito di monitorare il progetto relativo alla valutazione delle
scuole. Volentieri pubblichiamo questo contributo con in calce una
breve nota ADI per meglio esplicitare la posizione dell’Associazione,
richiamata da Gavosto. (http://www.adiscuola.it/adiw_brevi/?p=4828)
La posizione di Andrea Gavosto
Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli
Punti di forza delle due
sperimentazioni
I progetti di sperimentazione del Miur sono innovativi nei contenuti e
nel metodo. Nei contenuti, perché si propongono rompere l’uniformità
retributiva dei docenti burocraticamente legata all’anzianità,
introducendo incentivi alla qualità del loro lavoro.
Nel metodo, perché si propongono di valutare in modo rigoroso gli esiti
di due modelli diversi di premialità, prima di adottare soluzioni da
generalizzare all’intero sistema di istruzione.
La valutazione delle scuole per premiare il “lavoro di squadra” del
personale
La Fondazione Agnelli ha accettato di seguire come istituzione di
ricerca esterna e indipendente l’andamento e gli esiti di una delle due
sperimentazioni attuate dal Ministero: quella che si svolgerà nelle
scuole medie delle province di Pisa e Siracusa e si propone di valutare
la qualità delle scuole nel loro complesso per premiare il “lavoro di
squadra” degli insegnanti e in generale di tutto il personale
dell’istituto. La sperimentazione avrà due pilastri.
1. Il primo pilastro è quello della
valutazione del miglioramento degli apprendimenti dei ragazzi nell’arco
dei tre anni, da verificarsi attraverso le prove Invalsi di quinta
elementare (base di partenza), prima media (passaggio intermedio) e
terza media (esito finale). Guardando all’entità del
miglioramento, grazie a metodologie ormai consolidate a livello
internazionale e fatte proprie anche dall’Invalsi, si cercherà di
definire quale “valore aggiunto” deriva in modo specifico dal lavoro di
ciascuna scuola, tenendo al tempo stesso conto dei fattori che possono
avere un’influenza, primo fra tutti il background socio-culturale dei
ragazzi, ma anche altre peculiarità dell’ambiente scolastico, come ad
esempio la presenza di ragazzi stranieri o disabili. Sarà – come dicono
gli esperti – un valore aggiunto “contestualizzato”. Sbaglia, dunque,
chi crede che in questo modo saranno favoriti i licei delle zone bene,
perché quel che la sperimentazione vuole valutare non sono i livelli
assoluti dei risultati scolastici, ma appunto gli incrementi.
2. Il secondo pilastro sono le visite
alle scuole da parte di osservatori qualificati: gli incontri
che nel corso delle visite gli osservatori faranno con tutte le
componenti scolastiche, incluse le famiglie, serviranno a comprendere
quale sia la qualità della scuola per quanto attiene alle dimensioni
che non sono riducibili agli apprendimenti in senso stretto: benessere
dei ragazzi, integrazione dei soggetti più deboli, educazione alla
cittadinanza, e altre ancora.
Ciò che uscirà dai due percorsi (prove Invalsi e visite) confluirà in
un risultato sintetico ponderato, che a sua volta darà luogo a una
graduatoria, la cui formulazione spetta a una commissione del Miur
esterna alla provincia, che delibererà comunque sulla base di parametri
largamente oggettivi, trasparenti e confrontabili. Il premio verrà, come annunciato, assegnato
in base alla posizione in graduatoria.
Il modello si avvale, dunque, di strumenti e criteri di valutazione
oggettivi, che permettono giudizi non episodici, ma consolidati
sull’arco di un intero ciclo scolastico, e pubblicamente confrontabili
con quelli ottenuti in tutte le scuole oggetto della sperimentazione.
Appare, inoltre, coerente con il proposito di servire alla costruzione
del sistema nazionale di valutazione della scuola: infatti, dovrebbe
permettere non solo di dare un premio agli insegnanti e al personale
delle scuole che fanno meglio, ma anche fare capire dove le cose vanno
meno bene e da quale punto di vista, così da cominciare a porvi
rimedio. Perché affrontare le
debolezze è altrettanto importante di premiare la qualità
Due precisazioni
L’ospitalità del sito ADI mi consente di fare due precisazioni, anche
per rispondere a osservazioni critiche che la stessa associazione ha
mosso alla sperimentazione sulle scuole.
1. La prima: è vero che la procedura prevista dal Miur per questo
modello assegna il premio alla scuola, lasciando alla scuola stessa la
decisione di come distribuirlo, sempre comunque come integrazione
retributiva. Dunque, c’è la possibilità di una distribuzione a pioggia,
di cui potrebbero beneficiare coloro – e sicuramente ve ne sono anche
nelle scuole migliori – che s’impegnano meno e vanno al traino di un
buon corpo docente. Tuttavia, mentre la qualità complessiva di una
scuola può essere valutata con fondamento dall’esterno attraverso gli
strumenti di cui abbiamo parlato, credo sia molto più difficile
dall’esterno distinguere i meriti e demeriti dei singoli. Ciò, invece,
risulta più agevole a chi in quella scuola opera, in primo luogo – ma
non esclusivamente – il dirigente scolastico. In particolare,
all’interno di una scuola che complessivamente dà buoni risultati, le
poche ‘pecore nere’ dovrebbero essere ben note. Così, peraltro, avviene
di solito nelle aziende: la
produttività generale è misurabile dall’esterno, quella dei singoli è
valutabile efficacemente solo dal management. Un certo grado di
discrezionalità è comunque inevitabile, ma non diventa arbitrio se le
procedure di valutazione esterne e interne sono trasparenti. Nel caso,
infine, la decisione fosse per una distribuzione a pioggia, credo
comunque ciò afferisca a una dimensione dell’autonomia scolastica, che
va rispettata.
2. La seconda e ultima precisazione:
questo modello di sperimentazione sulle scuole si affida in modo
decisivo alle prove Invalsi, ma per i suoi fini non ne richiede la
moltiplicazione al di là di quelle già esistenti. Basta dare
un’occhiata alle domande delle prove di comprensione dei testi come di
quelle logico-matematiche per convincersi che le conoscenze che si
richiedono ai ragazzi non sono strettamente disciplinari, ma
trasversali: in altre parole, non sono farina solo del sacco del
professore di lettere o di matematica, ma nuovamente il frutto del
lavoro dell’intera squadra degli insegnanti. Il contributo dell’Invalsi
sarà fondamentale per questa sperimentazione, ma bisogna dare modo
all’istituto di continuare a fare sempre meglio le tante altre cose che
è chiamato a fare – e che sta facendo già bene - possibilmente
rafforzandone ulteriormente le risorse.
In conclusione
Il modello sperimentale di valutazione
delle scuole ha obiettivi chiari e coerenti con le finalità più ampie
di costruire nella scuola italiana una buona cultura della valutazione.
Tutto ciò, peraltro, andrà verificato sul campo. Esperienze
internazionali di successo e buon senso possono fare presumere che i
risultati confermino le aspettative. Ma questo per il momento è wishful
thinking: nello spirito di un’autentica sperimentazione, soltanto alla
fine e dopo rigorose verifiche empiriche e metodologiche si potrà dire
se le cose sono andate nel senso sperato. Ed è questo il compito che,
come Fondazione Agnelli, ci vedrà impegnati con la curiosità e le
domande di ricerca di chi ritiene di potere fare, nei limiti delle
proprie competenze scientifiche, qualcosa di utile in vista di un
progresso importante per la scuola italiana.
NOTA ADi
Il contributo di Andrea Gavosto ci dà lo spunto per meglio
precisare una delle nostre osservazioni, che sono, è bene ricordare,
finalizzate a portare qualche ulteriore tassello nei ragionamenti che
si vanno sviluppando e non certo a creare ostacoli ai progetti.
La
sperimentazione per individuare e premiare le buone scuole, a noi pare
contenga alcuni elementi di confusione nelle finalità perseguite.
Vogliamo spiegarci meglio:
1. I fattori che determinano
una “buona scuola” sono molteplici, come Andrea Gavosto stesso
precisa e come si ricava dalle migliori pratiche internazionali (si
vedano ad esempio il Framework for school inspection e The evaluation
schedule for schools dell’Ofsted). Tra
questi fattori ha assoluta rilevanza, ad esempio, la dirigenza
scolastica.
Pertanto appare poco comprensibile il
collegamento fra individuazione di una buona scuola e
l’assegnazione del premio unicamente al personale insegnante e ATA, se
non come variante impropria dell’altra sperimentazione.
2. In realtà i 70.000 euro
diventeranno, nè più nè meno, un incremento del Fondo d’istituto, una
modalità di retribuzione aggiuntiva che finora ha lasciato insolute
tutte le vere questioni. E non serve invocare l’autonomia.
All’interno della scuola si sa molto bene come potrà avvenire la
distribuzione. Eliminata quella a
pioggia, che qui viene ancora considerata possibile, ma
che nella scuola, ben prima del decreto Brunetta (dlgs 150/2009), è
sempre stata normativamente esclusa (d’altra parte sarebbe in rotta di
collisione con le dichiarate intenzioni del ministro), rimangono solo 3 possibilità :
1) decisione discrezionale del dirigente,
2) deliberazione rispettivamente del Collegio docenti e dell’assemblea
ATA,
3) contrattazione con la RSU.
Conoscendo come si svolgono nella scuola queste tre modalità, non ci
pare che questo premio parta con il piede giusto e rischi piuttosto di
inquinare la restante parte di questa sperimentazione.
Per tutto questo l’individuazione
delle buone scuole andrebbe scissa, noi riteniamo, da questa tipologia
di premio e collegata a qualcosa di molto più innovativo.
redazione@aetnanet.org