RETTORI: In atto
sono i singoli atenei a stabilire la durata massima del mandato (con
eventuali deroghe, nel caso che il rettore venga riconfermato a
maggioranza qualificata dei voti) e la reiterabilità. La Riforma
stabilisce un criterio nazionale (un solo mandato sessennale, anche per
gli attuali rettori che, se in carica da oltre 6 anni, devono lasciare).
CONCORSI: In atto i singoli atenei bandiscono i concorsi per il
reclutamento di docenti e ricercatori, stabilendo quote percentuali
degli uni e degli altri. La Riforma istituisce l’abilitazione nazionale
annuale, passaggio imprescindibile per i futuri docenti ordinari e
associati; il titolo acquisito potrà valere nei 4 anni successivi per
le chiamate alle cattedre nei vari atenei.
RICERCATORI: In atto esiste il ruolo dei ricercatori a t.i., ma ci sono
anche ricercatori con contratto a t.d. La Riforma elimina il ruolo dei
ricercatori a t.i. I ricercatori saranno messi a contratto valutandone
i titoli, per un triennio, rinnovabile una volta e prorogabile di 2
anni. Nel periodo massimo di otto anni, solo i ricercatori
positivamente valutati dal proprio ateneo (che accantonerà per lui le
risorse economiche) viene assunto come “associato”).
RETRIBUZIONE DEI DOCENTI: nell’ultimo biennio sono stati sospesi
gli scatti biennali di carriera. La delega al governo prevede che sia
individuato un criterio per evitare che i docenti immeritevoli
fruiscano della progressione (che diventerà triennale) di carriera:
saranno gli atenei a valutare ogni tre anni l’attività dei docenti,
sulla base di una loro rendicontazione.
FINANZIAMENTO: Il finanziamento ordinario è basato prevalentemente sul
criterio del numero degli studenti iscritti. Dal 2008 una piccola quota
del finanziamento è attribuita per merito (con criteri da affinare). La
Riforma stabilisce che la quota del finanziamento da erogarsi in
funzione del merito (numero e valore dei progetti di ricerca e qualità
dell’offerta formativa) aumenti.
GOVERNANCE: In atto, negli atenei è il senato accademico ad accentrare
le funzioni e i poteri; quelli del consiglio di amministrazione sono
residuali, e il direttore amministrativo opera con i criteri della
contabilità basata sugli accertamenti di cassa. Si ridimensionerà il
ruolo del senato (cui resteranno funzioni e poteri connessi alla
didattica e alla ricerca) dando al consiglio di amministrazione
l’ambito della gestione finanziaria, programmazione e bilanci; al
vertice sarà il direttore generale che dovrà operare secondo criteri
gestionali mutuati dal modello privato.
RICONOSCIMENTO DEI CREDITI: è in vigore l’automatismo per cui la
matricola universitaria che documenti una qualifica professionale
ottiene fino a 60 CFU per le esperienze acquisite; ciò ne abbrevia il
piano di studi universitari. In futuro, “laureare l’esperienza” potrà
agevolare la matricola per 12 crediti max (alla laurea triennale ne
occorrono 180, e 120 per la magistrale.
DIRITTO ALLO STUDIO: è finanziato con fondi prevalentemente regionali
(la quota nazionale si è ridotta negli ultimi anni), e nel Meridione
risente dei magri bilanci regionali. Nella delega, il Governo è
incaricato di definire i LEP degli atenei, e di garantire l’uniformità
delle provvidenze, nelle diverse regioni; sarà anche attivato un fondo
aggiuntivo per gli studenti più meritevoli.
DISCIPLINA DEL COMPORTAMENTO DEI DOCENTI: In atto è il CUN (organo
nazionale) ad amministrare l’azione disciplinare (nelle forme previste
dal t.u. dell’istruzione superiore, Regio decreto 1592/1933), tramite
un proprio Consiglio di disciplina, su impulso e in collaborazione con
il rettore dell’ateneo interessato. La riforma responsabilizza i
singoli ateneo, in ordine al procedimento che vede coinvolto un loro
docente; ogni ateneo avrà il proprio consiglio di disciplina che
opererà in collaborazione con il consiglio di amministrazione.
ATENEI NON STATALI: fruiscono del contributo statale che incide per il
10% circa del bilancio di ogni ateneo (in tutto circa 100 milioni
all’anno). La riforma prevede di affidare all’Anvur il compito di
predisporre un criterio di valutazione della qualità delle università
private, utile alla ripartizione dei contributi statali e di una
dotazione premiale.
(Fonte:Il Sole 24Ore, 24 dicembre)