Carta vince, carta perde.
Al gioco delle tre carte, indovina dov’è la supplenza: a Napoli,
Bologna o Milano? Molti precari subodorano il trucco ma nullafacenti
nella piazza della Conoscenza, loro che vivono di punteggi e
disoccupazione, si prestano pure al gioco del subdolo prestigiatore e
dei suoi compari che affollano la scena. Per molti la supplenza non
c’è, e l’immissione in ruolo resta un miraggio. I tagli continui di
risorse e posti, il mancato (o ridotto al minimo) turn over, stanno
mettendo in ginocchio le scuole, alzando in modo preoccupante l’età
media degli insegnanti, portando all’implosione il sistema
supplenze.
Il quale fino a non molto tempo fa ha funzionato nel modo
seguente: precari con punteggi bassi andavano al nord, precari con
punteggi alti, ma anche medi e bassi, rimanevano al sud (o anche al
centro). I precari al nord lavoravano senza problemi, e poi molti
ritornavano al sud con punteggi elevati o ormai di ruolo. I precari al
sud si arrabattavano per rimanere in corsa con, in ordine cronologico:
seconde lauree, titoli di sostegno, master e perfezionamenti, scuole
private. Ogni tanto una legge sul precariato con una consistente
immissione in ruolo sfoltiva l’elenco dei precari e lasciava in
equilibrio il rapporto nord sud.
Negli ultimi anni le cose sono cambiate in seguito alle politiche
scolastiche dei governi, soprattutto l’ultimo. Per via delle supplenze
sempre più ridotte e delle immissioni in ruolo fatte con il contagocce,
si spostano al nord precari con punteggi più alti scombinando le
graduatorie lì esistenti. Al sud i punteggi derivanti da titoli e
servizi non bastano più, anche perché il decreto salvaprecari
dell’altr’anno ormai riconosce a quasi tutti il punteggio a prescindere
dal servizio. Norme pensate a loro favore, in realtà, eliminando una
sorta di selezione naturale che differenzia le posizioni di chi ha la
fortuna di lavorare e di chi non lavora, stanno ingolfando le
graduatorie nella parte medio alta.
Ormai al precario della scuola che non ha un punteggio stratosferico,
che non ha il concorso a cattedre del 2001 (l’ultimo!), che non è
tutelato dalla legge sul collocamento obbligatorio, rimane una sola
strada, quella dei ricorsi. Lo sanno bene strane associazioni, pseudo
sindacati e pseudo patronati, che sorgono come i funghi. D’altra parte
i precari della scuola sono una riserva razziata sistematicamente,
oltre che dal Ministero che se ne serve quando vuole, da enti di
formazione, università pubbliche private o online, case editrici
specializzate, uffici legali in proprio o appoggiati a comitati e
liberi sindacati, tutti interessati a questa grossa fetta di mercato.
Adesso vanno forte i ricorsi. Il più delle volte non portano da nessuna
parte, ma qualche volta vanno in porto: allora vuol dire che un
precario si prende il posto di un altro precario. L’Amministrazione
scolastica è indifferente con i precari come la Natura con l’Islandese
di leopardiana memoria.
Non c’è una soluzione migliore di un’altra: inserire chi si vuol
spostare in un’altra provincia in coda o “a pettine”, congelare le
graduatorie, scongelarle. Gli aspetti politici delle diverse opzioni
sono inventati di sana pianta, e in ogni caso sono strumentali. I
precari vogliono lavorare, al nord come al sud. Per lavorare ci
vogliono i posti. E ci vogliono le immissioni in ruolo per esaurire le
graduatorie dette, appunto, ad esaurimento. Non la scomparsa dei
precari o il loro coinvolgimento in un nuovo sistema di reclutamento.
Lo vuol fare l’attuale governo? E quello che verrà? Scorrimento delle
graduatorie con massicce immissioni in ruolo, una diversa
organizzazione del lavoro per evitare che si riformi precariato di tali
dimensioni, e poi per gli aspiranti insegnanti, per loro sì, un nuovo
modo di reclutarli. Le immissioni in ruolo su posti liberi e vacanti,
l’hanno dimostrato in parecchi, sono a costo zero. Costerebbe un po’
favorire il pensionamento dei docenti più anziani e potenziare almeno
alcuni settori dell’istruzione come l’educazione degli adulti. Ma ne
varrebbe la pena.
La verità è che per la scuola non è un bel momento. Il presidente del
consiglio ha preso di mira la scuola pubblica. Dopo tagli
indiscriminati e pseudo riforme di copertura, da lui l’accusa infamante
di traviare i giovani e la proposta indecente del “bonus” alle famiglie
per iscrivere i figli alle scuole private. Per fortuna nel nostro paese
sulle questioni della scuola cadono i governi. Ma la battaglia politica
sulla scuola pubblica che è stata ripresa con rinnovato ardore non
deve, paradossalmente, distrarre e far dimenticare che i precari ormai
non reggerebbero una nuova ondata di tagli. Urge per loro una soluzione
ad horas: tocca a questo parlamento, a questo governo, a questa
opposizione affrontare il problema. Perché il gioco delle tre carte può
avere risvolti drammatici.
(di Franco Buccino da Flc-Cgil)