In queste ore il Governo sta valutando la richiesta. Per la Cgia non
sarebbe uno scandalo: negli ultimi anni le retribuzioni dei lavoratori
del pubblico impiego hanno subito un impennata. Ma non tutti: i
dipendenti del comparto istruzione solo del 27%, appena poco sopra
l’inflazione.
Tagliare, ridurre, tassare: il tema
dell’estate del 2011 è sempre lo stesso. L’ultima richiesta arriva
dalla Bce al Governo: per anticipare il pareggio di bilancio è
necessario ridurre, tra le altre cose, anche le retribuzioni dei
dipendenti pubblici. In queste ore l’esecutivo, con il ministro
Tremonti che comincia a doversi difendere anche dalle critiche
all’interno della maggioranza, sta valutando se questa può essere una
strada percorribile, assieme a quella di bloccare l’indicizzazione
delle pensioni, tassare le rendite finanziarie, dare maggiore libertà
agli imprenditori di licenziare il personale meno efficiente. In attesa
di capire quale sarà l’ennesima “ricetta” al ribasso, che comporterà
ulteriori sacrifici per gli italiani, si apprende che quella di
calmierare gli stipendi dei dipendenti della Pa non sembra essere tra
le priorità del Governo: considerando che si tratta di quasi 3 milioni
e mezzo di stipendi, da una parte garantirebbe sicure entrate per un
debito pubblico che ha raggiunto livelli record (1.900 miliardi di
euro), ma dall’altra produrrebbe sicure ripercussioni negative sul
fronte economico e sociale.
Eppure il problema esiste: secondo la Cgia,
Associazione artigiani e piccole imprese, da qualche anno a questa
parte le retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego hanno subito
un impennata. Fermarsi un “giro”, qualche anno, non sarebbe quindi così
scandaloso. “Tra il 2001 e il 2009 – ha detto Giuseppe Bortolussi,
segretario degli artigiani di Mestre – a fronte di una diminuzione di
quasi 111.000 dipendenti pubblici, la spesa per il costo del lavoro è
invece aumentata del 29,5%. In termini assoluti è cresciuta di 37,7
miliardi, passando da 127,7 miliardi riferiti al 2001, ai 165,4
miliardi spesi dallo Stato nel 2009. Sempre in questo arco temporale,
l’inflazione, invece, è aumentata del 21,5% circa”.
Da un’analisi più approfondita dei dati cui fa
riferimento il sindacalista si scopre che però gli incrementi
stipendiali sono stati tutt’altro che omogenei. Tra i settori dove gli
aumenti sono stati più consistenti, la Cgia segnala i dipendenti degli
Enti pubblici non economici, come Aci, Enit, Ice, Inps, Inail, Inpdap:
il loro incremento retributivo medio è stato, tra il 2001 e il 2009,
del +46%. Anche nella magistratura, dove la media stipendiale è già
attorno agli 80.000 euro annui lordi, le cose non sono andate male:
l’aumento medio dei magistrati è stato del +42,5%. Non si possono
lamentare le Regioni e gli Enti Locali, con una crescita media del 41%.
Poi a scalare i corpi di Polizia, che hanno registrato un aumento medio
del 35,2%; gli Enti di ricerca con un +33,8%; l’Università (+33%), la
Sanità (+30,7%), e le Forze Armate (+30,3%). E la Scuola? In fondo alla
classifica, naturalmente, con un incremento del 27,9%; quindi di poco
superiore all’innalzamento dell’inflazione.
Per i dipendenti della Scuola non si tratta
certo di una novità (sic!): di recente la Ragioneria generale dello
Stato ha messo in evidenza come le spese gli stipendi del settore
Istruzione siano i più bassi del pubblico impiego. Nel 2009 la media
pro-capite ha sfiorato i 39mila euro annui, mentre anche al Ministero
dei Beni culturali si è arrivati a 39.500 euro. Stipendi più elevati si
registrano nella Difesa (43mila euro) e nel Ministero degli Interni
(43.900). Ma le cifre più alte le spuntano i dipendenti della Giustizia
con quasi 53.600 euro. Se poi ci si confronta con quanto guadagna un
insegnante all’estero, le differenze diventano abissali. La conclusione
è logica: se lo stipendio di un insegnante italiano dopo diversi anni
di servizio si attesta attorno alle 1.300 euro nette, come si fa a
chiedergli di stringere la cinghia? Se proprio si dovesse mettere mano
alle tasche dei dipendenti pubblici, il Governo farebbe bene a chiedere
sacrifici in comparti più “nobili”. di A.G.(Tecnica della scuola,
12/08/2011)
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