Alla scuola Viviani ci
sono 27 cattedre libere ma nessuno ci vuole andare ad insegnare. Già,
perché la Viviani non si trova in una zona "normale" ma al Parco verde
di Caivano, un quartiere popolare in provincia di Napoli che di verde
ha solo il nome ed è ritenuto un fortino della criminalità organizzata.
E i professori si rifiutano di andare.
UNA PRESIDE CHE RESISTE - A chi chiede spiegazioni alla preside Eugenia
Carfora scopre che qui, la preside, fa anche l'insegnante, la
segretaria e la bidella. Perché neanche il personale non docente ci
vuole venire a lavorare. La segreteria è chiusa a chiave, dall'inizio
dell'anno sono senza amministrativi. Quando arriviamo a scuola troviamo
solo 7 docenti su 34 e un numero impressionante di professori in
malattia. Per la stessa cattedra di Italiano sono arrivati a pagare
fino a 8 docenti. Ma neanche il tempo di sedersi dietro alla cattedra e
si sono messi tutti in malattia. Gli altri in graduatoria, invece,
rifiutano
l'incarico.
Al Provveditorato agli studi di Napoli dicono che hanno le mani legate,
questa è la normativa e per le zone a rischio non è prevista alcuna
eccezione. «Sono arrivata da appena 5 mesi - dice la dirigente Luisa
Franzese -. Prometto che alla prima occasione farò visita al Parco
Verde" di Caivano». Nel frattempo, un giro in questa scuola di
frontiera lo abbiamo fatto noi. In classe ci sono pochissimi banchi.
L'evasione scolastica è al 49 %. Nel quartiere gli adolescenti
rappresentano manovalanza per la criminalità organizzata. Peri i
genitori la scuola è l'ultimo dei pensieri. Ogni famiglia ha almeno un
parente in carcere. Quei pochi alunni che frequentano sono quelli che
la preside preleva ogni mattina di casa in casa, andando a bussare alle
porte di questo quartiere che altri evitano persino di attraversare con
la macchina. Ma non tutti hanno gradito. Anzi, quasi subito è partita
la contestazione nei suoi confronti.
«BANCHI RUBATI E PISTOLE IN AULA»- Al suo primo giorno di scuola la
Carfora trovò tutto sottosopra. Nemmeno i banchi in aula c'erano. Di
notte qualcuno li rubava e poi li rivendeva. In una delle aule
trovarono nascoste persino delle pistole. «A molti non va a genio la
preside perché è un tipo tosto - dicono alcune mamme nel quartiere -.
Noi sappiamo solo che senza la sua determinazione i nostri figli a
quest'ora starebbero in mezzo alla strada. Senza contare che prima che
arrivasse lei questa scuola sembrava uno scantinato: puzzava di urina e
c'erano topi ovunque. Lei s'è rimboccata le maniche e l'ha ripulita da
cima a fondo». Giorni fa la preside lanciò un appello: «Non abbandonate
la mia scuola nelle mani della criminalità». Hanno risposto centinaia
di prof da tutta Italia, che qui verrebbero ad insegnare per davvero.
Ma per il ministero ci sono le graduatorie da rispettare e sulla carta
non c'è distinzione tra fannulloni e docenti. Da mesi scrive al
ministero dell'Istruzione chiedendo una diversa procedura per
l'assegnazione del personale nelle scuole a rischio. Nessuna risposta.
Al suo fianco si è ritrovata solo la parte sana del quartiere, magari
minoritaria, ma che ha voglia di cambiare e spera che arrivi qualcuno a
dare man forte alla dirigente di ferro. Ma per il momento sono arrivate
solo minacce e insulti, compresa una pagina su facebook dal titolo
eloquente: «Ti odiamo a morte preside!». Firmato: Parco Verde.
Antonio Crispino
(da http://www.corriere.it/)
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