In materia di
pensioni la novità che circola in questi giorni che contraddistinguono
l'insediamento dei ministri del governo Monti è l'estensione immediata
e universale del sistema contributivo di calcolo della pensione secondo
il criterio pro rata: immediata, perché decorrerà dal 1° gennaio 2012;
universale, perché interesserà lavoratori dipendenti, autonomi, liberi
professionisti e politici; pro rata,
perché si applicherà solo ai periodi di lavoro dal 2012 in poi.
L'estensione interesserà, quindi, il servizio del personale della
scuola, anche di quei lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995
avevano maturato un'anzianità contributiva di diciotto anni e la cui
pensione, quando erogata, sarebbe stata interamente calcolata con il
sistema retributivo. Questi lavoratori avranno invece una pensione in
parte calcolata con un sistema (le anzianità fino al 31 dicembre 2011)
e in parte con l'altro (le anzianità successive), cosiddetto sistema
misto. Non si tratta di una novità
per gli altri lavoratori della scuola, sia per quelli con meno di
diciotto anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, ai quali
il criterio pro rata si applica già dal 1° gennaio 1996, sia per quelli
assunti dopo, ai quali si applica integralmente il sistema contributivo
(così prevede la legge Dini n. 335 del 1995 di riforma delle
pensioni).
Ma l'estensione non basta a riequilibrare il sistema e a contribuire a
mettere in sicurezza il debito pubblico. In un rapporto del 2001,
coordinato da Elsa Fornero, nuovo ministro del Welfare, e da Onorato
Castellino, si affermava chiaramente che gli effetti di tale estensione
sarebbero stati minimi in termini sia di correzione delle distorsioni
microeconomiche sia dei risparmi di spesa. E ciò, anche se l'estensione
fosse stata applicata già dal 1° gennaio 2002, figuriamoci ora che sono
passati dieci anni (La riforma del sistema previdenziale italiano,
Bologna, 2001).
E quindi ci sono altri interventi che l'emergenza finanziaria richiede
siano adottati anche per eliminare le disparità di trattamento fra
generazioni e categorie diverse di lavoratori e gli ingiustificati
privilegi, denunciati lo scorso giovedì al Senato da Mario Monti, nuovo
Presidente del consiglio. E si parla
decisamente di abolire le (future) pensioni di anzianità,
aumentando progressivamente le quote (somma di età anagrafica e
contributiva) per avere la pensione (per
quest'anno e il prossimo la quota è di 96 con almeno 60 anni di età)
o introducendo un meccanismo di premi e penalizzazioni a seconda della
finestra di uscita, finestra che
verrebbe collocata tra i 62-63 anni e i 67-70. Pensioni
decurtate per chi esce dal lavoro prima, che è anche la tesi sostenuta
nel rapporto del 2001 citato, ad esempio prima dei 65 anni, e pensioni
un po' più sostanziose per chi esce dopo. Le penalizzazioni, però, non
sono una novità nel nostro sistema, le aveva previste la finanziaria
del 1994 per scoraggiare il pensionamento di chi aveva meno di 35 anni
di contribuzione.
Non sembra nemmeno più un tabù
discutere se mantenere il conseguimento della pensione al
raggiungimento del solo requisito dell'anzianità contributiva di 40
anni, a prescindere dall'età, o se legarlo invece a un requisito
anagrafico, ancora da definire e magari da associare a un meccanismo di
incentivi e disincentivi. E così dovrà andare in soffitta la
contraddittoria norma del decreto legge n. 112 del 2008 che consente
all'amministrazione scolastica di pensionare d'ufficio chi ha raggiunto
i 40 anni di contribuzioni.
Occorre infine ricordare che il sistema contributivo di calcolo della
pensione consiste nel totalizzare i contributi versati nell'arco della
sua vita lavorativa dal dipendente e dal datore di lavoro, annualmente
rivalutati. Per ottenere la pensione annua si deve applicare al
montante ottenuto il coefficiente di trasformazione corrispondente
all'età del pensionando. Con il sistema retributivo, invece, la
pensione si calcola applicando a ciascuna delle due quote, A e B, di
cui è composta la pensione l'aliquota di rendimento corrispondente
all'anzianità maturata, rispettivamente, prima del 1° gennaio 1993 e
dopo. La quota A corrisponde all'ultimo stipendio percepito; la quota B
alla media degli ultimi dieci anni. Il sistema misto utilizza i due
metodi di calcolo per determinare la pensione.
(di Mario D'Adamo da ItaliaOggi)
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