Qualche giorno fa il
Ministro Profumo in una intervista rilasciata al quotidiano” Il
Mattino” dichiarava: "L'obiettivo è evitare che i ragazzi lascino la
scuola in età precoce, un traguardo che si può raggiungere
prolungando il percorso dell'obbligo scolastico con le qualifiche
professionali. Questo consentirebbe di far entrare i ragazzi nel
mondo del lavoro più maturi e più robusti, riducendo così anche
l'abbandono scolastico".
I giornali titolavano “Obbligo scolastico fino a 17 anni”.
Per chi crede nella scuola per tutti, nella scuola del “non uno di
meno”, potrebbe essere quindi arrivato il momento di
dire”finalmente”!!!
Ma poiché l'Italia ha una storia difficile in relazione
all'innalzamento dell'obbligo scolastico, qualche domanda sul
significato di queste dichiarazioni e soprattutto sulle modalità
di realizzazione di questo obiettivo è giusto porsela.
Non perché non ci si fidi del Ministro Profumo. Le sue dichiarazioni di
fiducia nella scuola pubblica, di rispetto e rivalutazione per il
ruolo dei docenti, di inversione di tendenza, almeno nelle
intenzioni, per un maggior investimento nella scuola, sono dolci
melodie per le orecchie di chi per anni è stato bistrattato, offeso,
umiliato e soprattutto non riconosciuto nel suo ruolo di
insegnante ed educatore delle generazioni future.
Siamo però consapevoli che l'idea di obbligo scolastico sia stata in
questi anni sottoposta a molteplici interpretazioni, per così
dire, nell'arco delle “forze parlamentari costituzionali”. L’idea
che in fondo ci siano ragazzi che non ce la potranno mai fare è
piuttosto diffusa.
Qualche giorno fa, a un incontro con 350 studenti in un importante
liceo classico della mia città, un giovane di terza liceo
chiedeva che senso avesse tenere a scuola ragazzi che non
vogliono studiare.
Si parlava di sviluppo economico e istruzione.
Si parlava di costi e benefici.
Si parlava dell'importanza di investire nella scuola e anche del
maggior rendimento in termini economici di un maggiore
investimento nella istruzione.
La risposta che si è cercato di dare allo studente è rappresentata
dalle convinzioni che si esprimono in queste righe, nella
speranza che il Ministro le condivida.
La nostra Costituzione prevede l'obbligo di istruzione per almeno 8
anni (art. 34) e dopo un primo tentativo di innalzamento
effettuato dal Ministro Berlinguer e vanificato dal Ministro
Moratti alla quale dobbiamo la perla dell'introduzione, con la
legge 53/2003, del diritto-dovere all'istruzione, abbiamo dovuto
attendere il Ministro Fioroni per l’introduzione dell'obbligo di
istruzione fino a 16 anni (L.296/06), del Regolamento per
l'adempimento dell'obbligo, e dell’allegato documento tecnico,
emanati contemporaneamente alla Raccomandazione del Parlamento e del
Consglio Europeo circa l'acquisizione delle competenze chiave di
cittadinanza (18.12.06).
Con il Ministro Gelmini (in accordo col Ministro Sacconi), questa
sofferta conquista che ci allineava anche agli orientamenti
europei è stata nuovamente scippata, con l'approvazione della
legge di riforma dell'apprendistato che consente di iniziare a
lavorare a 15 anni, assolvendo contemporaneamente all'obbligo
scolastico (non si sa ancora come).
L'apprendistato è da quest’ultima legge considerato equivalente al
percorso scolastico.
Dall'anno scolastico 2011/12 i ragazzi che avranno conseguito la
licenza media potranno stipulare un contratto di apprendistato,
perché di un contratto di lavoro si tratta, e il lavoro come
apprendista potrà essere considerato a tutti gli effetti utile
per l'assolvimento dell'obbligo scolastico.
Se volessimo dare uno sguardo a ciò che succede in Europa con
riferimento a paesi simili a noi per dimensioni di sviluppo
economico o comunque a paesi con elevati risultati scolastici in
quella fascia d'età (ad es.Finlandia ), vedremo che in Finlandia
appunto l'obbligo scolastico è di 9 anni, copre l'intero livello di
istruzione di base (7- 16 anni) ed è organizzato a struttura
unica che copre l'istruzione primaria e secondaria inferiore.
In Francia l'istruzione obbligatoria dura 10 anni, inizia a 6 e finisce
a 16 anni e si conclude dopo il primo anno di liceo o istruzione
tecnologica o professionale.
Nei Paesi Bassi inizia a 5 anni e si conclude a 17 anni coprendo i
primi due anni di istruzione secondaria superiore.
Mediamente in Europa l'istruzione obbligatoria si conclude a 16 anni e
in nessun caso abbiamo equipollenza tra apprendistato e scuola.*
Le dichiarazioni del Ministro in verità ci preoccupano, perché, lungi
dal rimuovere questa grave anomalia nel sistema dell'obbligo,
proponendo di indirizzare gli studenti fino a 17 anni anche verso
la formazione professionale regionale, opera una ulteriore
equiparazione tra istruzione (ancorché professionale) e formazione
professionale regionale.
E' vero che l'art.117 della Costituzione, nella riforma del titolo V,
prevede che la formazione professionale sia di competenza
regionale, e che molte Regioni hanno legiferato in materia
creando un sistema di formazione professionale virtuoso. In
alcune leggi regionali viene delineato un buon sistema di formazione
professionale per preparare i ragazzi e dotarli alla fine di un
percorso triennale o quadriennale di qualifiche o di una
specializzazione, ma la Costituzione nulla dice a proposito del
momento in cui la Formazione professionale possa diventare una delle
opzioni utili al percorso di istruzione e/o formazione.
La soluzione verso la quale si starebbe orientando il Ministro quindi
non è vietata dalla Costituzione.
Ma noi crediamo che le norme debbano essere considerate all'interno di
un sistema complessivo sia nazionale che europeo e quindi non
possiamo ignorare che le indicazioni europee vadano verso un
innalzamento dell'obbligo a 18 anni, che la stessa Costituzione
negli artt. 3 e 2 metta in evidenza che la Repubblica da un lato
rimuove gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e dall'altro riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo quale è il diritto
all'istruzione.
Contemporaneamente non possiamo sottovalutare la complessità di questo
mondo globalizzato, che porta ciascuno di noi a dover aumentare
le proprie competenze, a modificarle sempre di più, sempre che
siamo in grado, perché dotati degli strumenti culturali
necessari, di modificarle.
Un bravissimo insegnante della formazione professionale emiliano che
ora non c'è più diceva che oggigiorno anche per smontare una
batteria un meccanico ha necessità di competenze informatiche. E
parliamo di una formazione professionale di livello e tradizione
come quella emiliana.
Ma non possiamo ignorare che il territorio nazionale soffre di grandi
sperequazioni culturali, che diverse Regioni non si sono dotate
di una legge regionale in materia (ad es. la Sardegna), che
spesso quelle stesse Regioni sono prive di un sistema di
formazione professionale di livello (ad es. la Sardegna).
Da insegnante non ho nessun pregiudizio nei confronti della
formazione professionale regionale. Ho però l'idea di una
formazione professionale alta, alla quale il ragazzo possa
accedere dopo aver assolto all'obbligo di istruzione nella
scuola, perché solo nella scuola si possono acquisire quelle competenze
chiave oggi indispensabili per l'esercizio dei diritti di
cittadinanza, per un apprendimento lungo tutto l'arco della vita.
Cagliari, 12 gennaio 2012
* Fonte Eurybase -Banca dati Eurydice su obbligo scolastico in Europa
(da http://www.cidi.it/index.php di
Rosamaria Maggio vice presidente nazionale Cidi)
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