Credo, senza falsa
modestia, di conoscere bene l’argomento concernente, i PON e POR, ho
creduto nei progetti europei sin dalla loro apparizione, alla fine
degli anni novanta. Hanno dato tanto alla scuola siciliana, ma spesso,
a ragione, sono criticati per l’uso distorto che se ne fa. Nel tempo si
sono moltiplicati a dismisura, in alcune scuole sono più i progetti che
gli alunni, c’è sempre la corsa per l’accaparrarsi il numero minimo di
corsisti per far partire il progetto, a volte non si integrano neanche
con il curricolo. C’è un giro di euro non indifferente e quindi nessuno
si permette più di snobbarli. Mi
piace leggere attentamente i bandi, studiarli, spesso riesco a fare il
ritratto dell’esperto richiesto, trovo le pretese più assurde, alcuni
bandi sono cuciti addosso a chi deve vincere, per fortuna ciò non
succede sempre e la cosa non mi scandalizza più di tanto, la figura
dell’esperto è aleatoria, lascia spazio a molte interpretazioni.
La cosa che mi incuriosisce di più è la valutazione dei titoli, spesso
dalla lettura si evince una scarsa conoscenza delle scale di
misurazione e in particolare sulle due caratteristiche che devono
essere proprie di ogni misurazione: validità e l’attendibilità, utili
per la messa a punto delle tecniche per la valutazione oggettiva. In
alcuni bandi si richiede il progetto educativo, nulla di anomalo se non
fosse per il peso elevato attribuito nella valutazione e perché la
valutazione del progetto non è oggettiva, ma soggettiva e inoltre non
sempre i membri del GOP sono competenti nella disciplina richiesta.
L’esperienza più interessante l’ho fatta qualche giorno fa, in un
istituto comprensivo della provincia di Catania. Riporto di seguito
quello che ho vissuto, letto con ironia e rassegnazione, tante le
domande da fare ai componenti del GOP della scuola in questione, una
fra tutte: La commissione che esaminava i candidati era composta di
persone preparate per quella mansione? O si basavano su sensazioni
prettamente soggettive? Mi chiedo chi me l’ha fatto fare, sono anni che
mi interesso di PON, ho progettato i vecchi PON fino al 2007, ho fatto
il tutor, la valutatrice, l’esperta, anni di esperienza gratificante,
non mi è mai capitata una situazione del genere, un colloquio senza
sapere il posto in graduatoria, tutti convocati e venti punti su cento
il peso della valutazione del colloquio, troppo, può capovolgere
qualsiasi graduatoria.
Mentre rifletto, mi ritrovo già dentro la scuola, un collaboratore
scolastico mi indica l’aula magna, sa già il motivo per cui sono lì.
Sono leggermente in ritardo, tre persone sono intente a chiamare
l’appello, mi trovo davanti ad un centinaio di persone, di tutte le
età, riconosco molti colleghi, alcuni già in pensione, altri giovani
precari, mi sembra di essere tornata ai tempi delle convocazioni in
Provveditorato per l’incarico annuale. Il mio primo istinto è stato
quello di andar via, continuavo a chiedermi perché una come me con un
curricolo degno di riguardo si presta a questa messinscena. Mi piace
insegnare, ho perfezionato il mio insegnamento nelle diverse azioni dei
PON: C1, C4, B1. Fare l’esperta è un arricchimento personale, conoscere
nuove scuole, nuovi colleghi, alunni di diverso ordine di scuola, non
disdicendo l’aspetto economico. Le colleghe, almeno credo che siano
tali, continuano a chiamare l’appello, scopro che sono due i moduli
esaminati quel giorno e tre sono stati presi in esame il giorno
precedente, molti gli assenti, d’altronde l’informazione era solo sul
sito della scuola, nessuna telefonata o e-mail personale, alcuni
docenti impegnati per gli scrutini, vengono depennati dall’elenco. Solo
del mio modulo siamo circa sessanta molti di più per l’altro modulo.
Esco e mi siedo in macchina, voglio andare via ma la curiosità mi
trattiene voglio vedere in cosa consiste il colloquio, molti vanno via
per impegni di lavoro, non pensavano di perdere tanto tempo, io decido
di restare quel pomeriggio non ho preso altri impegni. Rientro e trovo
le tre “colleghe”, che chiamano in ordine alfabetico da due elenchi,
dopo circa trenta minuti sento il mio cognome, mi incammino insieme ad
altri due colleghi verso una classe al piano superiore. Una docente mi
fa accomodare su una sedia posta davanti a una fila di banchi sistemati
tipo esami di stato, sette persone da una parte, gli esaminatori, tre
dall’altra, gli esaminati. Guardo le due docenti sedute davanti a me,
una ha la mia stessa età, l’altra più giovane, mi chiedo cosa
insegnano, vengo distratta dalla voce della collega giovane che mi
chiede perché mi trovo lì. Avrei voluto rispondere con una battuta ma
mi trattengo e dico della mia esperienza ultra decennale con i PON e
del mio amore per l’insegnamento. L’altra collega mi chiede un motivo
per cui dovrebbero scegliere me. Bella domanda, rispondo, avete il mio
curricolo, vedete le mie esperienze pregresse, forse si va a simpatia?
Ultima domanda, cosa penso di lasciare agli alunni finita l’esperienza.
Rispondo in modo telegrafico e sicuro: L’amore per la mia disciplina e
per la scuola. Finito il colloquio, saluto e…avanti un altro.
Prof.ssa Angela Giardinaro