Domenica 19 febbraio alle 23,30, il Ministro Profumo, a quanti in quell’ora stavano per prendere sonno, tratteggiava, dagli schermi televisivi di Radio TG1, un quadro poco rassicurante della nostra scuola ma prometteva che le cose sarebbero cambiate e i sacrifici dovrebbero essere finiti. Per il Ministro “il Paese ha capito che il vero investimento per il suo futuro è proprio nella scuola”, che “in questi ultimi anni i tagli sono stati forse eccessivi e non c’è dubbio che nella scuola bisogna investire di più”.
Affermazioni, senza dubbio, apprezzabili e condivisibili senza “se” e senza “ma”. Per la verità, gli operatori scolastici e gli uomini di buon senso che credono nella scuola, avevano maturato, da qualche tempo, l’idea che investire sull’istruzione e sulla ricerca avrebbe significato consolidare le fondamenta della democrazia e del progresso del Paese. Questa convinzione ha spinto anche noi, a chiedere ripetutamente ai nostri decisori politici, culturalmente e gestionalmente sempre più regrediti, come mai continuino a dimenticare nei fatti, che per lo sviluppo economico e civile del nostro Paese, l’istruzione e la ricerca siano il migliore «investimento». Come mai, in tutti i Paesi civilizzati, si sta affrontando la crisi economica senza nulla togliere alle scuole anzi a volte aumentando le risorse?
Ora che la nostra scuola è più povera di persone e risorse, più mortificata nel prestigio di cui ha bisogno, più attaccata, più sola, riuscirà il Governo dei tecnici a renderla concorrenziale con l’Europa a ridarle quel futuro di crescita negato dalla politica?
Vorremmo sperare che i buoni propositi e gli annunci diventino provvedimenti adeguati a dare risposte alle tante domande inquietanti fatte dalle famiglie, dagli operatori della scuola, dagli alunni. Sentiamo, però, il bisogno di esternare una nostra preoccupazione.
Durante l’intervista il Ministro ha dimostrato di avere a cuore anche il corpo docente: gli insegnanti, ha detto, “non hanno stipendi corretti, non sono confrontabili con quelli di altri Paesi” e ha aggiunto: “Il corpo docente, in questo momento chiede prima di tutto di essere rispettato e rivalutato. Tutta la scuola chiede di essere rivalutata per quello che rappresenta per l’intero Paese”.
In questi giorni, anche l’ufficio di statistica del MIUR ha confermato che gli stipendi dei docenti del nostro Paese non sono allo stesso livello degli altri Paesi europei.
Affermazioni condivisibili con qualche “se” e qualche “ma”.
Il confronto con gli altri Paesi europei deve essere fatto, per un principio di giustizia comparativa, non solo per la retribuzione ma anche per lo status e il ruolo che i vari operatori scolastici giocano in quei Paesi. Alla parità di retribuzione deve corrispondere un’uguaglianza di lavoro con uguali diritti ma anche con uguali doveri.
In ogni caso, a nostro avviso, la retribuzione non solo dei docenti ma di tutto il personale della scuola, deve essere fondata sul merito e non semplicemente sull’avanzare degli anni.
Non è giusto, infatti, che un operatore preparato, disponibile, che raggiunge gli obiettivi prefissati dal piano di programmazione di una scuola, sia retribuito come un collega impreparato e negligente.
In questa logica, si pone urgente la necessità di strumenti valutativi per tutto il personale e non si comprende, per la verità, come mai il Ministro, che dichiara “tutta la scuola chiede di essere rivalutata” abbia dimenticato le promesse fatte all’UE.
Trichet e Draghi, infatti, avevano chiesto espressamente al Governo: “Come farete a valorizzare i migliori docenti?”.
Abbiamo riferito nel n.312, che il 9 Gennaio,che il Ministro, incontrando le associazioni, aveva affermato solennemente che dovevamo entrare nella logica europea della valutazione dei docenti e che il 25 gennaio, il dott. Giovanni Biondi aveva assicurato che sulla valorizzazione dei docenti si sarebbe andato avanti perché egli aveva ricevuto questo compito dal Ministro che a sua volta ne rispondeva all’UE.
Riusciremo a scoprire l’identità del “gatto e la volpe” che ha convinto il Ministro a cambiare idea e decidere di continuare a valutare solamente i dirigenti come se possa avere un senso verificare il raggiungimento degli obiettivi imposti, senza valutare tutto il personale?
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Giuseppe LucaDirettore Responsabile della “Letterina”