Non è prevista nessuna
rendita da infortunio in itinere se il lavoratore poteva arrivare sul
posto di lavoro con i mezzi pubblici o addirittura a piedi. A
stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6725 del
18 marzo 2013: nel caso concreto, i giudici non hanno riconosciuto il
risarcimento a un lavoratore vista la vicinanza del luogo di lavoro
dall'abitazione e la possibilità di utilizzare mezzi di trasporto
pubblico per spostarsi. Il caso riguardava un dipendente delle Terme di
Stabia che nel 1997 era stato coinvolto in un incidente mentre era alla
guida della sua moto, che utilizzava per andare a lavorare. L'uomo
aveva chiamato in giudizio l'Inail chiedendo una rendita da infortunio
in itinere visto che l'incidente era avvenuto lungo il tragitto tra la
sua casa e il suo posto di lavoro. Il dipendente delle Terme aveva
spiegato di utilizzare la sua moto per compiere il tragitto di 2
chilometri da casa al lavoro perché doveva essere in sede entro le 7 di
mattina, cosa che non sarebbe stata possibile con i mezzi pubblici
visto che il primo autobus partiva alle 7,20. La Corte d'Appello che
nel 2008 aveva respinto la richiesta dell'uomo, però, aveva rilevato
che il prospetto degli orari degli autobus di linea "non consentiva di
appurare le circostanze dedotte relativamente all'impossibilità di fare
uso degli stessi per raggiungere il posto di lavoro". Per la
Cassazione, "anche a voler ammettere che lo stesso ricorrente avesse la
necessità di utilizzare il mezzo proprio per l'assenza di soluzioni
alternative al detto uso, la decisione impugnata risulta, tuttavia,
adeguatamente sorretta dal concorrente accertamento che, in ogni caso,
il tragitto era percorribile a piedi ovvero utilizzando un mezzo di
trasporto pubblico". Per la Cssazione, infatti, questo principio
configura il "rischio elettivo", ossia il rischio causato dalla scelta
arbitraria del lavoratore di preferire la moto ad altre soluzioni. La
Corte d'Appello aveva concluso che il lavoratore non avesse diritto a
copertura assicurativa, essendo stata la scelta del mezzo personale
dettata da ragioni che, seppure legittime, "non assumono uno spessore
sociale tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a
carico della collettività". I giudici della Cassazione hanno rigettato
il ricorso del lavoratore, a cui non è stato riconosciuto alcun
indennizzo.
Francesca Milano
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