“Lo spread, la
detestata spia del costo del debito, continua a sgonfiarsi fino a sotto
i livelli di prima delle elezioni dall'esito più surreale nella storia
repubblicana. La Borsa nel frattempo sta registrando segnali di
ottimismo. Nell’ultimo anno, mentre il lavoro e le imprese vivevano la
più grande devastazione registrata in tempo di pace, il principale
listino di Milano è positivo: chi avesse investito un anno fa, oggi
starebbe guadagnando un invidiabile 6,7%”. E’ un breve estratto di un
editoriale apparso ieri sul Corriere on-line, dal titolo L’illusione di avere tempo, firmato da Federico
Fubini.
Sembra un paradosso per un paese devastato dalla crisi e dove cresce
senza rimedio la miseria sociale. Sembra, ma in economia tutto ha una
logica ferrea e nulla accade per caso, senza un fine predisposto dal
capitale finanziario internazionale. Dunque, da dove viene e come si
sostanzia l’euforia degli acquirenti dei titoli di stato di un paese
che versa in queste disastrate condizioni? L’effetto di questa discesa
dello spread è, ovviamente, un allentamento della tensione finanziaria
e la possibilità di evitare nuovi ricorsi alle tasse per questioni di
pareggio, un aumento della liquidità dello stato, ecc.
Poiché lo spread è un valore comparativo tra i titoli di stato italiani
e quelli tedeschi per quanto riguarda il loro rendimento (e la loro
solvibilità) e poiché non sono pensabili né cedimenti dei titoli
tedeschi, né rivalutazioni della base di stima dei titoli italiani,
ecco che spunta fuori l’incognita. Che l’Italia sia al limite della sua
solvibilità è un dato di fatto: 100 miliardi di interessi sul debito
pubblico sono insostenibili per il nostro paese e questo limite implica
un rischio di inceppamento dei meccanismi di riscossione, una defezione
fiscale generalizzata nella forma di un conflitto con contenuti di
classe. E’ già accaduto, sta già accadendo in paesi troppo stressati
dal prelievo fiscale e dal taglio della spesa pubblica come, ad
esempio, il Portogallo e la Grecia. Allora, il problema posto al
capitale finanziario internazionale è il seguente: come evitare che
l’eccesso di sfruttamento di interi paesi possa generare una rivolta
fiscale diffusa ed il rifiuto di continuare a pagare a questo regime
usuraio oppure di continuare a pagare tout-court?
Meglio lasciare respirare le finanze dei paesi spremuti finora,
abbassando la tensione finanziaria e sociale, e magari abbassando le
quote del cosiddetto fiscal compact. Nella fattispecie, l’abbassamento
dello spread significa allontanare l’imminenza di una conflittualità il
cui oggetto del contendere potrebbe diventare lo stesso meccanismo di
estrazione del plusvalore complessivo dell’Italia. In altri termini:
“paghino di meno, ma continuino a pagare”. Nel corso della storia, i
casi in cui il debito pubblico è stato semplicemente cancellato di
forza, sono le rivoluzioni. Quelle vere, non quelle finte o quelle
compiute a metà, solo per illudere la gente che tutto sia finalmente
cambiato.
Lucio Garofalo
l.garofalo64@gmail.com