Bill Gates non se
lo immagina nemmeno, ma Palazzo Civico è sul punto di
"muovergli guerra", e ci sono due signori che, come Davide contro
Golia, stanno addestrando le truppe in vista di una rivoluzione: fare
di Torino la prima città d'Italia completamente "open source", liberata
dalla tirannia del "software proprietario", milioni di euro che dalle
tasche del contribuente prendono il volo ogni anno verso la Silicon
Valley. Milioni di euro di balzello sulle licenze, che con il piano del
city manager Gianmarco Montanari e del direttore dei Sistemi
informativi, Sandro Golzio, saranno risparmiati e non andranno più a
ingrossare le tasche dei ras dell'informatica. Microsoft e compagnia,
addio: in Comune approderà Linux e Gates e i suoi soci si vedranno
alleggerire le casse di 300 euro per ciascuno degli 8300 computer
dell'amministrazione comunale. «Il passaggio comincerà dal prossimo
autunno e ci vorrà un anno e mezzo per completarlo -- chiarisce
l'ingegner Montanari -- Diventeremo la prima città italiana "open
source" e calcoliamo di ottenere un risparmio sulle spese per
l'informatica che andrà dal 20 al 40 per cento rispetto ad oggi».
Il risparmio: non ne abbiano a male i patiti di Linux, ché
arriccerebbero il naso, ma la crociata è partita innanzitutto da questo
pulpito. Le macchine in dotazione ai dipendenti comunali sono vecchie,
ormai a fine vita. E da anni non si rinnovano i software. Intanto
Windows Xp, il sistema operativo installato sull'80 per cento dei pc
degli uffici civici, è stato dichiarato morto l'8 aprile scorso.
Impossibile aggiornarlo, impossibile aggiustarlo se si guasta.
Sostituirlo con un nuovo sistema e cambiare nel frattempo tutti i
computer costerebbe alla città 22 milioni per i prossimi cinque anni
tra licenze, nuove macchine, assistenza tecnica e installazioni. Tanti,
troppi in tempi di spending review, con il Comune costretto a vendere i
gioielli di famiglia per riuscire a tappare le buche delle strade.
Montanari e Golzio si sono guardati negli occhi di fronte al preventivo
milionario e si sono fatti due conti: «Se abbandoniamo il software
proprietario risparmieremo 6 milioni in cinque anni» stima Golzio.
L'investimento iniziale non è basso: «Ma, una volta installati i
programmi e insegnato ai dipendenti come si usano - precisa Montanari -
il sistema andrà avanti sulle proprie gambe e permetterà di abbassare
sempre di più i costi».
Il "cervellone" comunale cambierà volto, i dipendenti dovranno farci
l'abitudine: addio Office e Explorer, arriveranno Open Office e
Mozilla. «Non sarà un passaggio indolore» avverte Golzio. Anche se da
anni Ubuntu si presenta con un volto molto simile a Windows. «Sarà un
salto verso una maggiore libertà - aggiunge - In Europa l'ha
fatto Monaco, o la Provincia di Bolzano, ma per piccole parti». La
"migrazione", come si dice in gergo, sarà supportata dal Csi: «Saremo i
primi, ma a quel punto -- pronostica Montanari -- anche gli altri enti
piemontesi potranno fare tesoro della nostra esperienza».
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