Dissequestrati
dalla quarantena in cui erano stati confinati, per paura che venissero
manomessi da interpretazioni temerarie e infondate, i testi biblici
tornano a farci sentire gli echi, le risonanze di parole che sanno di
vita. Sono parole che ci interrogano e ci sfidano con inaudita forza
sul senso del nostro cammino, che ci spingono all'assunzione delle
nostre responsabilità umane. La forza suggestiva delle immagini con le
quali viene raccontato l'intero mondo dell'uomo e vengono rappresentati
i suoi dolori, le sue fatiche, le sue gioie, i suoi slanci, la sua
violenza e la sua infelicità si fa sentire nei vari generi letterari
della Bibbia e ha pochi uguali in tutte le letterature del mondo.
Una meraviglia di cui non si finisce mai di stupirsi e di cui si
trovano poche tracce nella vasta produzione della cultura delle
cosiddette società cristiane: più incline, salvo poche eccezioni,
a confrontarsi con la tradizione greco-romana e a utilizzarne temi e
linguaggi.
Nel mondo cattolico i testi biblici sono stati patrimonio
esclusivo del clero e non pane quotidiano della vita del popolo
cristiano, anche se sono stati utilizzati come immenso repertorio
di immagini e di vicende per istoriare qualsiasi luogo di culto.
Dopo il Concilio Vaticano II la lettura della Bibbia è diventata
parte essenziale dei riti religiosi, come lo è stata da sempre in
quelli protestanti e questo ha facilitato un incontro e un confronto,
una volta inconsueti e impensabili, tra fedeli e testi sacri. Non è
affermazione ingiustificata dire che anche i non credenti potrebbero
trovare nella Bibbia occasioni importanti di meditazione e di
riflessione sulla condizione umana.
Da lettore inesperto, ma appassionato per iniziare consiglierei i libri
della Torah,i testi post-esilici e i libri dei Profeti.
I testi sapienziali della Bibbia hanno una forza di attrazione
sconosciuta a quelli della cultura ellenistica: possiedono un vigore,
una drammaticità, un fascino che riescono ancora oggi a interpellare le
nostre coscienze. Tra speranza ed abbandono, tra fede e dubbio, tra
disincanto e maraviglia, tra disperazione e attesa fiduciosa si fanno
largo le domande irrinunciabili che cercano il senso del nostro fugace
passare. L'inconciliabile complessità del giusto e dell'ingiusto, del
vero e del falso, del sapiente e dello stolto, del bello e del brutto,
del mite e del violento, in cui rischia di perdersi la nostra
esistenza, può trovare il suo punto di svolta, forse il suo equilibrio.
Nei libri dei Profeti si proclama con diversi accenti il progetto di
Dio sulla storia dell'uomo e sul suo popolo, ma la loro interpretazione
farà la differenza e la separazione tra Ebraismo e Cristianesimo.
La voce forte, accorata e spesso minacciosa dei profeti cerca di
ricondurre il popolo d'Israele alla fedeltà del patto stipulato col Dio
che l'aveva scelto tra tanti popoli. L'infedeltà viene pagata al prezzo
si sciagure terrificanti: distruzione, schiavitù, morti, sofferenze a
troci, calamità naturali. Pochi sono i cenni ad una vita al di là della
nostra vita. L'escatologia sembra tutta condensata nella promessa di un
ritorno alla prosperità, alla libertà, alla gioia di una vita
comunitaria, dove ci sia rispetto per la vedova, per l'orfano,per i
poveri, per lo straniero.
La fedeltà al proprio Dio e alla sua legge è condizione di una vita di
libertà e di benessere. Nei testi vetero-testamentari si
legge una forte sensibilità sociale ed una particolare dimensione
"secolare", che a volte mancano nei testi del Nuovo Testamento.
Nel cristianesimo il bisogno di giustizia viene proiettato in una
vita altra, rispetto a quella che viviamo, anche se da essi non
si può dedurre la rassegnazione a qualsiasi stato di fatto. Si avvia un
processo di interiorizzazione e di spiritualizzazione della Legge
divina.
Il profetismo si erge a modello di testimonianza combattiva,
incrollabile della fedeltà al proprio Dio; si erge a modello di chi non
teme lo scontro con la violenza, la crudeltà, l'iniquità, le avversità
e le persecuzioni del potere costituito (qualunque esso sia); di chi
non si rassegna a convivere col disordine morale della vita quotidiana.
Lo spirito profetico, quello che si invoca quando si vuole
scuotere le coscienze non solo dei semplici fedeli.
La fedeltà al proprio Dio nella tradizione ebraica è stata
vissuta come fedeltà a tutte le sue regole e il loro mantenimento, la
loro ritualizzazione, che ha interessato il tempo, i giorni, i gesti, i
comportamenti, le ricorrenze, le abitudini, gli eventi sono serviti a
dare un mondo certo di riferimenti nelle millenarie perigrinazioni da
una terra ad un'altra; sono serviti a dare un'identità, quella
che consente di attraversare la storia, le sciagure e le
persecuzioni e di rimanere se stessi.
E' per questo che ancora oggi c'è l'ebraismo e c'è il popolo ebraico.
Prof. Raimondo Giunta