Andrea Giusti è
nato a Massa e vive a Carrara, nel cuore del centro
storico, dietro la graziosa piazzetta del Duomo di
Sant'Andrea, là dove si radunano mensilmente gli "artisti del Borgo" e
le artiste del circolo apuano "Artemisia" a vivere un intenso
momento di comunicazione della loro vibrante vitalità
culturale in una sorta di simposio platonico per celebrare la bellezza
dell'arte ed il bene comune. Egli è però artista più riservato
e se ne sta quasi appartato nella sua profonda meditazione che
esprime soltanto con il segno e sulla tela, con rabbia e passione, con
sofferenza e devozione, con violenza e spirito di compassione.
L'Artista apuano si ispira certamente all'espressionismo astratto di
Pollock, ma lo fa con molta moderazione e ponderazione e soprattutto
con molto acume, e perciò tiene conto del fatto che il grande
pittore americano ha aggiornato e variato la sua tecnica dello
sgocciolamento integrandola e arricchendola con l'uso tradizionale del
pennello e che ha modificato e perfezionato il suo astrattismo
rendendolo più concreto e figurativo, come per esempio avviene nella
famosa tela "Pali Blu" del 1953, nella quale i sette pali conficcati
profondamente nel terreno rappresentano l'immagine ben
visibile e percepibile di una immensa e terribile sofferenza che
tocca la profondità dell'animo. In Giusti lo sgocciolamento di colori
sulla tela acquista subito un significato simbolico chiaramente e
concretamente percepibile, in quanto la sua angoscia esistenziale
ha bisogno di una potente ed urgente comunicazione nel clima di una
pittura intuitiva che però non rifiuta l'azione successiva e
mediata della "composizione" e della raffigurazione: "Ma l'intuizione
pura o rappresentazione artistica ripugna con tutto l'esser suo
all'astrazione; o, anzi, non vi ripugna nemmeno perché la ignora,
appunto per il suo carattere conoscitivo ingenuo che abbiamo detto
aurorale. In essa il singolo palpita della vita del tutto, e il tutto è
nella vita del singolo; ed ogni schietta rappresentazione artistica è
sé stessa e l'universo, l'universo in quella forma individuale e quella
forma individuale come l'universo" (Benedetto Croce, Il carattere di totalità dell'espressione
artistica, in Breviario di
estetica, Laterza, Bari 1962, p. 134). L'arte è quindi
intuizione che non rifiuta la configurazione, anzi la richiede, e
pretende inoltre il passaggio dal sentimento immediato alla sua
mediazione e risoluzione compositiva, anziché l'astrazione dispersiva e
concettuale.
Quando l'emozione è grande e sincera, essa esplode e diventa
sentimento e questo a sua volta si trasforma in corposo atto
costruttivo, compositivo e intuitivo. Questo insegna pure
Kandinskij, il massimo teorico dell'astrattismo, con il suo
saggio di estetica Lo spirituale
nell'arte del 1910 e poi con l'opera "Blu di cielo"
realizzata a Parini a seguito di un avvenimento storico
drammatico quale è l'occupazione nazista del 1940. Qua il dolore
dell'artista non regge l'impatto con la durissima vicenda militare che
accade nella capitale della cultura e della bellezza sfigurate dalla
tracotante e feroce barbarie delle truppe di Hitler, e nasce la tela
con uno sfondo di un azzurro intenso e bellissimo occupato e sfigurato
da vermiciattoli e bruttissimi insetti. E questo insegna pure Picasso
quando il suo dolore travalica i limiti di una semplice emozione ed
esplode con l'esplosione di Guernica, la città inerme bombardata
barbaramente dall'aviazione nazista intervenuta nel 1937 in aiuto di
Francisco Franco nella guerra civile spagnola. Così Andrea Giusti
quando avverte più forte la sua emozione, allora fa esplodere la
sua intuizione estetica e crea le sue opere, che sono l'espressione
autentica del suo sentimento e della sua poetica. La sintesi dei due
fattori produce tele di grandissimo pregio come "Senza via d'uscita",
che proclama peraltro la sua poetica, e "Prime luci di primavera", che
sono dei veri capolavori sia per intensità e variazioni di colori che
per simboli e significati.
La bellezza dei lavori di Giusti sta evidentemente nella scelta dei
colori e nel loro accoppiamento, ma soprattutto essa è costituita dalla
poetica che si nasconde sotto e dietro i sentimenti percepiti ed
espressi e che concepisce e definisce il caos dell'esistenza nella sua
inestricabilità ed ineluttabilità. Questo è il significato profondo
della tela citata "Senza via d'uscita" con i suoi sentieri
interrotti e con i suoi sentimenti spezzati come i rami secchi ed
i rovi pungenti che occludono ogni forma di passaggio ad altro
che non sia un movimento ripetitivo intorno allo stesso luogo ed allo
stesso oggetto. Un nichilismo di fondo aggredisce l'esistenza dell'uomo
che non trova facilmente, né troverà mai, la via della
liberazione dalla sua prigione, che incombe ed avvinghia.
L'esistere umano è assurdo perché dominato da una volontà cieca e
perversa che vuole il male e il dolore e che procura infelicità
ed irrequietezza.
Il pessimismo dell'Artista apuano culmina nella intercettazione del
pensiero di Schopenhauer secondo cui l'esistenza umana si svolge entro
i due poli ineludibili della sofferenza e della noia e non può proporsi
in realtà alcun fine perché gira a vuoto attorno al nulla: "Infatti
l'assenza di ogni fine e di ogni confine appartiene all'essenza
della volontà in sé, che è un agognare senza fine ... Ogni meta
raggiunta è a sua volta principio di un nuovo corso vitale e così
all'infinito ... La stessa cosa si vede infine anche nelle aspirazioni
e nei desideri umani che ci illudono facendoci vedere il loro
adempimento sempre come meta ultima del volere;ma non appena sono
realizzati, essi non sembrano più gli stessi e vengono quindi tosto
dimenticati, superati e in realtà sempre, benché inconfessatamente,
messi da parte come illusioni svanite" (Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione,
trad. a cura di Sossio Giametta Bompiani, 2009, pp. 289-290).
L'esistenza umana, ripete l'Artista, è come toccata dal
peccato originale che la costringe a girare a vuoto su se stessa,
alla cieca, senza possibilità di uscire dallo stato di allucinazione e
di irrazionalità la cui causa è appunto la colpa radicale delle
origini. I colori dei suoi dipinti diventano tetri ed il pendolo della
pittura giustiana oscilla tra quei due poli. Così è il "Rumore della
noia", un dipinto che nell'espressione del sentimento infausto
della vita fa gelare le corde dell'animo e diffonde tanta amarezza e
malinconia per l'insensatezza verso la quale si corre e per l'inutile
affanno procurato dall'assurdo mondo. Ma nell'infelicità rappresentata
con tanta varietà di simboli e di significati vi è anche la
sostanza dell'arte che realizza intuitivamente il suo progetto
nichilista e che lo fa insieme alla rappresentazione di una bellezza
capace di procurare accanto al turbamento psicologico un forte
godimento estetico.
Carrara si conferma certo la Capitale Mondiale del Marmo per la
presenza di una notevole quantità di cave sulle sue montagne e di
segherie a ridosso delle abitazioni e dei vorticosi e ristretti corsi
d'acqua, ma anche la città dell'arte manifestata dalla
eccellente Accademia di Belle Arti e praticata dalle varie
associazioni che attraversano il suo territorio e che costituiscono un
elegante tessuto culturale articolato in una infinità di gruppi e di
iniziative poco conosciute dagli organi ufficiali e
istituzionali, e di grande interesse e spessore
artistico. Andrea Giusti appartiene proprio a questi brillanti "spiriti
nascosti" che animano i borghi carraresi e rendono più attraente
e vitale l'immagine cittadina senza pesare sui bilanci pubblici e
senza chiedere benefici e riconoscimenti municipali, regionali o
statali.
prof. Salvatore Ragonesi