Vessata
da tutti e oggetto di disinformazione, diffamazione e persino
calunnie, la categoria dei docenti abilitati attraverso i PAS è, tra le
altre, la più tartassata, se si pensa alla sorte inaccettabile
riservata a quanti di loro hanno conseguito l'abilitazione frequentando
con riserva i percorsi abilitanti, dietro provvedimento cautelare. Il
loro travagliato iter, iniziato nel 2013, non solo non si è ancora
concluso ma, come per altre categorie che si sono rivolte alla
magistratura per vedere riconosciuti i loro diritti, ha visto la
definizione di sentenze e provvedimenti dissimili aumentando il danno
con la beffa. Alcuni, infatti, sono entrati a pieno titolo almeno nelle
graduatorie d'istituto di II fascia, altri, ancora aspettano che sia
fissata l'udienza di merito, senza alcuna prospettiva a breve termine.
Il danno per questi docenti, che hanno conseguito l'abilitazione
attraverso un percorso di studi con esami in itinere ed esame finale
abilitante, spendendo fino a 2500 euro a testa, è enorme: il mancato
accesso agli incarichi di docenza per l'anno scolastico in corso, se
continua così pure per il prossimo, e l'esclusione dall'imminente
concorso, visto che il tribunale non è ancora entrato nel merito della
vicenda e, vista la giurisprudenza positiva, sciolto la riserva.
Intanto, essendo almeno un migliaio di persone, il loro "merito" è
stato quello di fare incassare almeno tre milioni di euro alle
università, chissà quanto agli avvocati per farsi assistere nei
ricorsi, senza riuscire ad ottenere che sabbia tra le mani. Il loro
titolo è valido ma con la riserva giuridica che li caratterizza non
possono accedere a nulla. Non ovunque però, perché in alcuni tribunali
più solerti, la riserva è stata contestualizzata e ha avuto come
conseguenza la presa d'atto delle amministrazioni scolastiche regionali
che stanno procedendo con l'inclusione a pieno titolo nelle graduatorie
di merito corrispondenti al profilo dei docenti, la seconda fascia
d'istituto, in attesa dei provvedimenti definitivi. Questa difformità
regionale, inoltre, è accentuata dai casi in cui i ricorsi invece si
sono conclusi positivamente, permettendo ai docenti di entrare a pieno
titolo e definitivamente in graduatoria.
"Figliastri" già, perché abilitati PAS, grazie ad una campagna
vessatoria a tutto campo, condotta persino al MIUR che i PAS li ha
posti in essere per sanare anni di incapacità di dotare il sistema di
formazione dei docenti di strumenti adeguati ai propri dipendenti, gli
abilitati PAS con riserva il titolo lo possiedono, ottenuto dimostrando
capacità e competenze, ma devono aspettare che la lentezza giurassica
della magistratura faccia il suo corso, oberata dalla mole di ricorsi
che caratterizzano il settore scolastico. Politiche inadeguate e
illogiche hanno infatti portato a cercare fuori dalla politica e nelle
aule dei tribunali una giustizia per lo più tradita dalla difformità di
giudizio e dalla lentezza stessa dei procedimenti. Ciò che è diritto,
in questi ultimi anni, è diventato concessione, ciò che è legittimità
pretesa. E così, contro i criteri che impedivano a docenti con
comprovata esperienza professionale di accedere a corsi abilitanti a
pagamento, con tanto di esami e esame finale al cospetto anche di un
Commissario del MIUR, il ricorso è sembrata l'unica soluzione. E'
sembrata, perché di soluzione non se ne parla ancora, lasciando nel
limbo e fuori da tutto persone inserite nel sistema scolastico
nazionale da anni. Per sbloccare la situazione, tuttavia, non è ancora
bastata la giurisprudenza positiva che si è consolidata in questi anni
a favore dei ricorrenti, alcuni dei quali hanno persino ottenuto il
riconoscimento dei 360 giorni di sevizio svolto, così come per decenni
è stato definito come sufficiente per accedere ai percorsi abilitanti,
riconoscendo come immotivata la scelta del MIUR di innalzare il
parametro a tre anni di servizio, evidentemente voluto per limitare gli
accessi ai PAS, utilizzando, stravolgendone il significato, il
parametro dei tre anni di esperienza professionale quale riconoscimento
"d'ufficio", definito dalla normativa europea per uniformare gli
accessi alle professioni e permettere la libera circolazione dei
cittadini europei in ogni Paese.
I docenti italiani con anni di servizio, se questi non erano
perfettamente aderenti ai parametri arbitrari e discutibili fissati dal
MIUR, hanno dovuto ricorrere per vedere rispettato il loro diritto alla
formazione, diritto Costituzionale, hanno pagato corsi e superato esami
ed esame finale abilitante, ed ora, se non ricorrono ancora per vedere
rispettata la loro fisionomia di docenti abilitati, sono esclusi da
tutto, in attesa di una sentenza di merito a data da destinarsi. Perché
devono pagare lo scotto del sovraccarico di lavoro dei tribunali,
intasati dal proliferare delle cause legate ad una gestione scriteriata
delle vicende professionali degli insegnanti? Vista la giurisprudenza
positiva che permette di ipotizzare un esito positivo dei ricorsi
ancora in sospeso, non sarebbe più sensato e "umano" decidere
politicamente una soluzione adeguata al caso, visti anche i precedenti
parlamentari che con emendamenti hanno definito lo scioglimento della
riserva di migliaia di abilitati. Forse erano altri tempi, quelli in
cui ci si assumeva la responsabilità di prendere decisioni a favore dei
cittadini. Ora assistiamo invece all'irresponsabilità di una politica
che disattende le sentenze, figuriamoci se si tratta di agevolarne il
corso. La soluzione sarebbe quella di ricorrere di nuovo, per ottenere
provvedimenti cautelari in attesa del merito... Quanto si potrà andare
avanti in questo modo? Senza una presa di coscienza a livello
parlamentare della gravità della situazione, temiamo una ulteriore
impennata di contenziosi. Vedremo...
Valeria Bruccola, Coordinatrice
nazionale Adida
adida.associazione@gmail.com