Troppe
le opinioni che inquinano un dibattito che non avrebbe nemmeno ragione
di esistere, in un Paese civile, appartenente all'Unione Europea,
quello se sia giusto o no avviare nuovi Percorsi abilitanti speciali,
detti PAS, per i docenti precari con servizio, perché dal 2005 ad oggi,
l'Italia ha il dovere di applicare una Normativa, ratificata
formalmente nel 2007, che riconosce l'esperienza professionale come
percorso formativo ed equipara tre anni di esperienza lavorativa ad un
titolo professionale acquisito con altri strumenti, ad esempio percorsi
accademici o formativi di altro genere. Tutti i Paesi applicano questa
norma, pure l'Italia, ma non per i suoi cittadini, perché i nostri
diritti, in ragione di logiche “altre”, possono essere calpestati,
senza che nessuno di chi può, perché in una posizione utile per poterli
fare rispettare, si ribelli e gridi allo scandalo! L'Italia è
costretta, a forza e senza ricorsi, a rispettarla a vantaggio delle
decine di docenti europei che mensilmente chiedono, da anni, il
riconoscimento del loro titolo ad un'abilitazione italiana, proprio in
virtù del servizio prestato, nelle scuole del loro Paese d'origine. E
nel 2012, questi docenti, che fortuitamente si sono trovati in Italia
al momento giusto, sono persino entrati in GAE, quelle blindatissime
GAE, aperte e riaperte tutte le volte che alla politica faceva comodo!
Ovviamente, nei confronti dei cittadini dei Paesi dove le normativa
europea viene applicata, perché voluta per difendere i cittadini stessi
dagli abusi di potere, vedi anche la normativa contro lo sfruttamento
del precariato, l'Italia non può sottrarsi alle regole. Ma all'interno
del nostro Paese, oltre alla disapplicazione delle norme, assistiamo a
strumentalizzazioni di ogni sorta, architettate ad arte per mettere
professionisti della scuola gli uni contro gli altri e continuare a
dominare incontrastati sulla testa degli uni e degli altri, con un
esercizio del potere arrogante e ingiustificato che lascia sgomenti e
annichiliti.
Dalla nascita della problematica del riconoscimento professionale dei
docenti precari delle Graduatorie d'istituto ad oggi, abbiamo assistito
ad ogni iniquità, che hanno portato i docenti a doversi difendere con
le unghie e con i denti per poter vedere rispettati i loro diritti. E'
stato il caso della richiesta di percorsi abilitanti riservati a chi
aveva servizio, è ora la volta di chi, abilitato, vuole vedere
applicata la stessa regola che ha immesso i propri colleghi in ruolo,
ovvero il possesso di un'abilitazione.
In ogni modo, l'Italia trova il modo di aggirare le norme, inventando
termini e locuzioni che escludono sempre qualcuno o mistificano la
realtà.
E' stato il caso di titoli con “valore concorsuale” per i classificare
i titoli dei docenti delle GAE, dimenticando che anche le graduatorie
d'istituto sono pratica concorsuale, come numerose sentenze hanno
ribadito. E, in versione negativa, ma sempre a danno dei docenti delle
GI, si parla di “sanatoria” quando si invocano percorsi abilitanti che
nemmeno dovrebbero esistere, perché la normativa europea parla chiaro,
il riconoscimento professionale è implicito nell'esercizio a con piena
titolarità di una determinata professione, senza “ma” e senza “se”. La
cosa che rende tutto grottesco, poi, è che a parlare di sanatoria siano
amministratori, dirigenti, esponenti politici, persino docenti, nei
confronti dei quali il pressappochismo terminologico e concettuale è
inaccettabile, dal momento che dovrebbero costituire l'élite del Paese.
Sanatoria, in italiano, si usa per quelle situazioni non conformi alle
regole, per le quali si cerca di mettere “una pezza”. Ma qui, altro che
pezza, un velo pietoso andrebbe messo per coprire anni di inadempienze
e abusi commessi dal MIUR, non da chi ha prestato servizio nelle scuole
pubbliche assunto dal MIUR che, tra l'altro, ha informalmente favorito
l'utilizzo del termine sanatoria per contestualizzare il Percorsi
abilitanti speciali, quelli riservati ai docenti con comprovata
esperienza triennale di servizio, che dovrebbero essere abilitati
d'ufficio, come accade con decreti ministeriali per i loro colleghi
europei che ne fanno formale e semplice richiesta. Invece, i “tapini”
italiani chiedono un percorso abilitante, a pagamento! E questi corsi,
checché se ne dica, son anch'essi a numero chiuso, perché l'accesso è
contingentato e definito dagli anni di servizio, svolto in un certo
modo, con precisi paletti, non da un generico servizio di
insegnamento. Quindi, il numero degli aspiranti è definito
comunque a priori, perché il MIUR, se è vero quello che dice, conosce i
dati numerici, mai pubblicati però, degli aspiranti ai PAS.
Strategia di distrazione di massa, quella dei numeri, aumentati o
diminuiti ad arte, per alimentare disinformazione e dare forma a
spauracchi!
Forse sto esagerando, forse sono prevenuta, ma dal 2009 ad oggi, da
quando ho iniziato la battaglia con Adida contro decisioni politiche
allucinanti, ne abbiamo viste di tutti i colori... Oggi mi andava di
ricordarne qualcuna e di precisare qualche concetto, giusto per
rinverdire la memoria!
Valeria Bruccola