Da
qualche anno mi piace leggere libri di persone che conosco, libri di
scrittori alle loro prime esperienze, conterranei soprattutto. E mi
piace poi commentare direttamente con loro, come ho già fatto con
Canticu di’ Cantici di Angelo Battiato o con Gilgames nel giardino
degli Dei di Salvatore Mazzola, autori di Misterbianco e ovviamente
altri sempre del nostro territorio. Sentire parlare poi gli stessi
autori sul libro che ho letto o chiedere loro il perché di alcune
scelte o sentirmi svelati alcuni dietro scena, aumenta le mie
conoscenze e mi procura un forte senso di appagamento. Come, per
esempio, il libro del catanese Gianluca Granieri, “Un milanese a
Catania”. Ma tanto più chiaro è il titolo, tanto più mi incuriosisce
come si svolgerà il racconto. E soprattutto come verrà sviluppato da un
uomo di cui so solamente che è un poliziotto.
Racconterà di qualche rocambolesco scippo ad un milanese? Un
inseguimento ad un milanese spacciatore? Oppure un milanese
imprenditore che investe in una zona incrementando l’industria del
turismo siciliano?
Insomma non resta che leggerlo. Quindi mi sono accostata alla lettura
con molto interesse. Le novantacinque pagine del volumetto presentano
uno stile chiaro e lineare, si leggono in brevissimo tempo, ma io ho
preferito leggerle lentamente, “sorseggiandole”, gustandole proprio
come si fa con un buon vino insieme ad un amico, proprio seguendo il
ritmo degli incontri tra Giuseppe ed Ambrogio, immaginandomi seduta
anch’io al loro tavolino, silenziosa ma partecipe, dall’incontro tra
Giuseppe ed Ambrogio nasce una bella amicizia e grazie alle loro
discussioni davanti ad un tavolino a consumare un drink, io vedo le
bellezze e le bruttezze della mia città.
Man mano che vengono annoverate, io le riconosco e sorrido perché mi
sono familiari: Sua Maestà l’Etna, Sant’Agata, il Teatro Vincenzo
Bellini e tanto altro. Soprattutto, riconosco la peculiarità della mia
terra, che Gianluca Granieri ha mirabilmente saputo mettere in
evidenza. La nostra Sicilia, “straordinariamente bella, terribilmente
brutta”, terra in cui la sicilianità è palpabile nel bene e nel male,
nel caldo e nel freddo, nel godere della montagna e del mare,
dell’acqua e del fuoco, ed è proprio questa coincidenza degli opposti
che rende unica la nostra terra, come in nessun’altra parte del mondo.
Il tutto in una descrizione veritiera e appassionante.
Non mancano gli spunti di riflessione su temi importanti come la
disoccupazione e il conseguente esodo al Nord e fuori dall’Italia dei
nostri giovani, i problemi dei parcheggi abusivi, della delinquenza e
della cultura che da essa ne scaturisce, dove per esempio una condanna
penale in certi ambienti fa curriculum ed è addirittura vista come un
vanto. Oppure la critica della gente verso la classe politica in un
discorrere quotidiano ma che mai si metterebbe in lista per essere
eletta. Sicuramente il tratto che mi ha fatto sorridere è stato quello
in cui l’autore riesce a descrivere l’atteggiamento dei conterranei
quando guardano in modo fisso i passanti, senza ritegno, fino a
provocare imbarazzo in coloro che vengono letteralmente analizzati.
Un altro frammento questo, una bizzarra condotta ancora della nostra
sicilianità che mi ha fatto tornare indietro nel tempo, a quando avevo
circa otto-nove anni e mi dirigevo a scuola e poi tornando a casa,
percorrendo tutte le mattine la stessa strada, ma nonostante ciò le
persone mi guardavano seguendomi per tutto il cammino fino a quando
svoltavo l’angolo, lo dico con certezza perché io mi giravo a
controllare, e vederli che continuavano a guardare, mi dava enormemente
fastidio, a volte addirittura, in segno di protesta, facevo loro la
linguaccia. Vero, Gianluca bravo, hai fatto centro!
Gli spunti per discutere e per confrontarsi sono ancora tanti, tra cui
non posso non citare quello della “porta di casa” che simboleggia il
confine tra il pubblico ed il privato o che la sicilianità è
contagiosa, vero anche questo,… insomma bisogna leggere il libro per
comprendere e provare le mie stesse sensazioni. Ma esiste veramente
Ambrogio? O c’è stato un incontro occasionale, diventato pretesto per
scrivere poi questo racconto? Lo chiederò all’autore, anche se credo
poco importa ai fini dell’efficacia del risultato. Intanto mi fa
piacere pensare che Ambrogio sia una bella persona, con un’umanità che
traspare dalla sua triste storia d’amore, un amico che tutti vorremmo
avere. Ma Ambrogio è forse un amico immaginario? Granieri in fondo è
come un bambino che, giocando col suo pupazzetto, gli fa dire
liberamente profonde verità. E proprio nei loro dialoghi io scorgo in
Gianluca Granieri, un poliziotto, un cittadino, un siciliano, ma
soprattutto un uomo appassionato, incantato, amante della sua terra.
Chi è Gianluca Granieri? Già dalla dedica, l’ho avvertito come persona
positiva e generosa. Non solo l’autore dedica il libro ai buoni
catanesi, quindi anche a me, ma anche ai bifolchi, a coloro che rendono
la propria città brutta da morire, sperando nel loro impegno a
diventare migliori. Fin dalle prime pagine mi colpisce la sensibilità
naturalistica di un uomo che sa guardare ed apprezzare la limpidezza
del cielo o godere di una salutare passeggiata mattutina, come elemento
fondamentale di cui cibarsi per cominciare una serena giornata.
E della sua sensibilità artistica ne vogliamo parlare? Un uomo che
passeggiando per le vie della sua città desidera conoscere la storia
dei monumenti e degli artisti che l’hanno realizzati e riconoscere le
magiche atmosfere in cui sono avvolti molti angoli suggestivi di
Catania. Non credo sia comune. Mi hanno fatto sorridere le sue
bizzarre, comunque da me condivise, proposte di privare di clacson i
veicoli destinati al mercato etneo per salvaguardare l’ambiente e
modificare i programmi scolastici dando priorità agli studi degli
autori ed artisti conterranei e alle loro opere d’arte presenti nel
territorio in cui si vive. Niente male! Prima di tutto la conoscenza
delle proprie origini storiche, artistiche e culturali e poi il resto
del mondo.
Ho scoperto anche la sua concezione della vita, “Ingenuamente ho
creduto di scegliere ma è la vita che ha scelto per me”, questa frase
fa intendere di essere già entrati nell’età matura, età in cui sembra
essere scaduto il tempo di fantasticare e non si può più perdere tempo
per raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri sogni. Tutto
ciò nella consapevolezza che “il tempo giusto per agire è ora” che “la
vita è adesso” che “la vita va vissuta nel presente”, “apprezzata senza
se e senza ma”. Credo che tutti ambiamo a questa filosofia di vita, ma
la difficoltà sta nel metterla in atto, perché ci scontriamo nei fatti
con il concetto di libertà, dall’autore appena accennato, ma esprime
poi a chiare lettere “siamo costretti a conformarci con la società
anche se inconsapevolmente”.
Non manca un accenno alla concezione della morte. Il terrore che essa
provoca andrebbe ridiscusso e superato, probabilmente è un fatto
culturale e fin da bambini dovremmo invece essere educati
all’accettazione di questo tragico aspetto che è connaturato tuttavia
nella vita stessa. Comunque rassicura l’atteggiamento pacato di
Ambrogio dinnanzi alla notizia della malattia che non perdona,
soprattutto quando dichiara che secondo lui la morte è l’inizio di una
nuova vita : “… in paradiso sentirò la mancanza di questa terra, si
dica quel che si dica, la Sicilia rimane il posto più incantevole del
mondo!”.
Ancora mi preme evidenziare la sua concezione della donna,
simboleggiata nel ricordarci il quadro del celebre pittore siciliano
Renato Guttuso, “La Vuccirìa”, in cui la bellezza femminile tipica
siciliana nell’immensa vivacità dei colori è preponderante. E Granieri
non si esime dall’essere palesemente incantato dallo stile,
dall’eleganza, dalla classe di una bella donna. Uso le sue esplicite
parole: “L’immagine della donna mi strappa dalla vita terrena e mi
lancia in un mondo incantato fatto di gioia e piacere. Emerge anche la
concezione dell’amicizia, paragonata al fuoco, intensa sì, ma va
alimentata altrimenti perde forza e si spegne. Ne dà prova nel
ripetersi degli incontri col suo fidato amico Ambrogio e lo spaziare
infinito delle argomentazioni.
Di Granieri mi colpisce anche la grande capacità di osservazione e di
analisi della gente e della realtà che lo circonda, non solo in
generale per l’arte, per la pittura, per la musica, per la cultura, per
la politica ma anche l’attenzione verso le relazioni interpersonali.
“Non c’è propensione all’ascolto” è vero caro Granieri. La gente parla,
parla, parla senza curarsi di quello che ha detto l’interlocutore,
ognuno va per la sua strada e spesso si assiste a soliloqui senza
senso. Delle vicende degli altri in fondo non ci interessa nulla.
Siamo, aggiungo con tristezza, in un mare di solitudini! Sempre in
questo libro Granieri ci confessa che da bambino sognava una Sicilia
migliore, ecco perché ha avuto da sempre rispetto per le regole, ecco
perché oggi è un amato e stimato poliziotto.
Lo confermano le due lettere conclusive rappresentando un tripudio di
valori che vanno evidenziati e resi noti. Un Milanese a Catania è un
libro da leggere assolutamente. Grazie Gianluca Granieri per questa
bella e profonda opportunità di riflessione sulla nostra Sicilia, sulla
nostra sicilianità e sul nostro essere cittadini attenti, rispettosi e
amanti appassionati della nostra bella Terra. Grazie.
P.s. L’idea di scrivere un altro libro con un nuovo personaggio, magari
Carmelo, il libraio di Piazza Umberto, non è niente male, anzi
attendiamo la tua prossima appassionante storia.
Anna Maria Gazzana