II rapporto Ipsos
sull’internazionalizzazione delle scuole: sempre più esperienze e
sempre più lontane - Non soltanto Stati Uniti. Benvenute Asia e America
Latina. I Paesi scelti dagli studenti liceali per trascorrere un
periodo di studio all’estero sono sempre più lontani dall’Italia. A
dirlo è l’ottavo rapporto sull’internazionalizzazione delle scuole e la
mobilità studentesca, realizzato da Ipsos e presentato a Milano ieri
durante la manifestazione «L’esperienza che mi ha cambiato la vita»,
organizzata da Fondazione Intercultura. I dati emersi dal report 2016
fotografano il cambiamento di interessi da parte dei giovani italiani.
«Fino a un decennio fa un ragazzo su due andava negli Stati Uniti. Ora
uno su tre», spiega Nando Pagnoncelli illustrando i risultati di una
ricerca che conferma la crescita costante del numero degli scambi
scolastici. Nel 2015/2016 7400 alunni delle scuole superiori hanno
trascorso almeno tre mesi all’estero, con un aumento dell’1 per cento
rispetto all’anno precedente ma soprattutto con un più 111 per cento
rispetto al 2009 quando i giovani in mobilità erano 3500. La modalità
che viene preferita continua a essere quella annuale (+1 per cento), in
calo quella semestrale (-6 per cento), mentre è in crescita quella
trimestrale (+7 per cento). Per il 2016/2017 le mete più scelte dai
giovani di Intercultura sono, oltre agli Stati Uniti, Irlanda (205
ragazzi), Argentina (114) e Cina (108) mentre per la prima volta una
studentessa italiana trascorrerà un anno in Ghana.
Le scuole di partenza
La ricerca condotta da Ipsos testimonia la progressiva apertura delle
scuole italiane, che nel 63 per cento dei casi hanno attivato
un’iniziativa di tipo internazionale arrivando a toccare quota 42 punti
su 100 nell’indice di internazionalizzazione scolastica (nel 2009 era
37). Rimane forte la differenza tra Nord e Sud Italia con il Nord Est a
offrire più giovani studenti in mobilità mentre aumentano gli istituti
del Sud che rinunciano ai programmi di scambio. I motivi sono la
carenza di budget, lo scarso interesse dimostrato dagli alunni e
l’inadeguatezza dei corsi svolti all’estero rispetto a quanto insegnato
in Italia.
Il rientro è la difficoltà maggiore per gli studenti, perché spesso
devono fare i conti con professori e istituti che non riconoscono il
valore di quanto appreso in un Paese straniero. «Trovo deprimente la
sfiducia verso i ragazzi che studiano da soli per un anno all’estero»,
commenta Susanna Mantovani, docente ordinario di Pedagogia generale e
sociale all’Università Bicocca, a suo tempo studentessa in mobilità
durante l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. «L’esperienza di vita
del singolo deve diventare un patrimonio comune della scuola».
I vantaggi nel futuro
La novità del 2016 del rapporto Ipsos è stata una serie di interviste
rivolte a 900 ex partecipanti a programmi di scambio effettuati tra il
1977 e il 2012 per valutare i benefici a lungo termine di un’esperienza
all’estero. Una più alta percentuale di laureati (84 per cento contro
la media italiana del 52 per cento), un più basso tasso di
disoccupazione (9 per cento contro il 14 per cento, dato nazionale) e
una maggiore sensazione di felicità sono stati i principali risultati
emersi. In particolare, il 90 per cento degli intervistati si dichiara
soddisfatto della propria vita contro un 67 per cento di media
nazionale.
«Le cose che ho appreso durante il mio anno nello Stato di Washington
sono state tre: indipendenza, curiosità e conoscenza della lingua»,
racconta Diego Piacentini, neo-nominato Commissario straordinario per
l’attuazione dell’Agenda digitale del governo Renzi. Piacentini, che
all’estero ha vissuto per anni ricoprendo ruoli di prestigio in Apple e
Amazon, ha spiegato ai ragazzi presenti il valore del dare indietro
quanto si è ricevuto, motivo per cui ha deciso di accettare la sfida di
digitalizzare la pubblica amministrazione italiana, e di coltivare la
pazienza contro il rischio di frustrazione che si prova una volta
tornati a casa.
Camilla Colombo
Lastampa.it