Le piante per nutrirsi hanno bisogno di pochi elementi del Cielo e della Terra. Non chiedono molto ma donano tutto ciò che hanno. In questo modo e tramite il Divino, l’Amore e il lavoro infaticabile e prodigioso delle Unità di Coscienza degli Elementali della Natura, elargiscono la vita ad ogni altro vivente.
Agli organismi vegetali bastano l’energia radiante del Sole, l’anidride carbonica, l’acqua e i vari soluti del suolo per mantenere ed accrescere i propri tessuti, il proprio corpo e svolgere i loro processi vitali, biologici e metabolici.
Ma la straordinarietà delle piante non ferma qui, né tantomeno è limitata e circoscritta, ma si protende e si amplia anche verso l’impensabile, ed è così che hanno una crescità indefinita e una continuata giovinalità, derivate dai meristemi apicali (vegetativo e radicale), che li mette in relazione con ciò che per la nostra ragione è impossibile, ossia con l’Immortalità e l’eterna giovinezza, con l’Infinità.
Gli animali non hanno queste capacità delle piante e oltretutto devono per forza nutrirsi di protoplasma già formato, per poi scomporlo ed estrarne le unità di base dei vari polimeri che li compongono, per poi riassemblarle nel corpo fisico in modo conforme al proprio Sé o al campo coscienziale, cognitivo, informativo e irradiante.
Tanto è vero che qualsiasi organo trapiantato, proprio perché non riassemblato secondo il proprio Sé, subisce l’inevitabile rigetto da parte dell’organismo che lo riceve.
Ne consegue, al di là di qualsiasi giudizio di bene o di male, che nei trapianti d’organo è sbagliato puntare sulla soppressione della reazione immunitaria, poiché la soluzione è nel trasformare l’organo secondo le caratteristiche dell’organismo su cui si trapianta, il che non è impossibile ma implica un approfondimento e delle nuove ricerche in tal senso.
Tutto questo disassemblare ed assemblare secondo il proprio Sè negli animali si traduce nell’assunzione del cibo o del protoplasma già formato e nella sua successiva disgregazione ed assimilazione, mediante un apparato digerente e di assimilazione, in modo da operare sul cibo o sulla sostanza disgregata ed ingerita, tutta quella serie di trasfigurazioni in cui gli Elementi della Natura di Empedocle (Terra, Acqua, Aria e Fuoco) col Fuoco stesso, la Coscienza, l’Etere, l’Intelligenza e l’Informazione, si trasformano per adattarsi in modo conforme all’organismo.
Tali trasformazioni nella loro essenza sono alchemiche, in quanto consistono in delle trasmutazioni a debole calore ed energia, molto simili a quelle che succedono in Natura e in una distillazione a bagno maria.
Il cibo e l’alimentazione sono quindi abbastanza vasti e complessi ed interessano molti aspetti, in particolare la nostra relazione con l’ambiente esterno, il quale col cibo e l’alimentazione entra in noi per trasfigurarsi ed adattarsi alla conformazione strutturale e compositiva del corpo fisico specifico.
Ed è così che tutto ciò che è all’esterno e di cui ci nutriamo con l’assimilazione e la digestione da estraneo diventa ciò che noi siamo, noi stessi.
La cosa degna di ogni meraviglia è che l’esterno, l’estraneo che crediamo sia al di fuori di noi e la nostra interiorità ed individualità, con tutte queste trasformazioni e relativi processi, non esistono separatamente l’uno dall’altra, ma sono le due polarità dell’unicità del nostro essere e divenire.
In altre parole tutto ciò che è intorno a noi è un mirabile tutt’uno di cui noi siamo un tutto parte.
Ne consegue che Natura, Ambiente, Uomo e Cosmo sono Uno.
Quindi a dispetto di quantoB di solito pensiamo, il cibo non interessa solo il corpo e la materia, perché coinvolge in maniera integrale la Psiche e lo Spirito, il tempo, il ricordare, la memoria e molti altri aspetti della vita, più di quelli che possiamo concepire ed immaginare.
Possiamo dire che il cibo e l’alimentazione sono in realtà degli archetipi connessi col Cosmo, il tempo e la crescita individuale.
Difatti ogni particella materiale non è fatta solo di materia, poichè è intrisa, permeata dalla Coscienza, dall’Intelligenza, dall’informazione, dal Pensiero, dal sentimento e dall’emozione, cosicché quando ingeriamo nel nostro corpo qualsiasi sostanza oltre che estrarne la parte materiale noi assimiliamo anche le parti più sottili, luminose, che nel corso del processo disgregativo, digestivo e di assimilazione, da estranee sono trasformate in ciò che è il nostro essere, ed è così che a poco a poco l’uomo si trasforma.
Nel processo di digestione e di assimilazione si assiste dunque ad una trasformazione molecolare e ad una vitale del minerale, del vegetale e dell’animale, in un principio vitale superiore od umano.
In una visione più ampia e cosmologica tale principio umano superiore diventa poi il nutrimento degli Angeli o dei Deva.
A sua volta questo principio rielaborato dai Deva o dagli Angeli si trasforma in cibo del Divino o degli Esseri superiori.
In tale visione straordinaria col cibo e l’alimentazione si trasferiscono quindi da un essere all’altro, non solo la parte manifesta e materiale, ma anche quella sottile legata alla Coscienza, all’Intelligenza, al Pensiero, al Sentimento ed all’Emozione.
Certamente è difficile per il pensiero comune accettare tutto questo, perché la visione attuale e materialista delle cose è di tutt’altro avviso: sin qui e non più in là della materia.
Ma se continuiamo a considerare il mondo in questo modo ogni cosa ci rimarrà nascosta, preclusa ed incomprensibile, perché per capire bisogna avere una visione integrale e considerare il mondo fisico come un organismo unico, interamente vivente, cosciente, intelligente e pensante, in cui niente e nessuno è separato, perché ogni cosa vive nell’insieme ed è dall’insieme che trae la sua linfa vitale.
È sufficiente in proposito pensare alla respirazione, all’aria che respiriamo e che introduciamo nei nostri polmoni, che collega in modo unico tutti i viventi alla vita.
Ed ecco che il cibo e l’alimentazione svolgono un ruolo cruciale e determinante nella vita dei viventi, e dovrebbero contenere tutti i principi materiali e sottili utili per il progredire e l’evoluzione.
In tale contesto tra i vegetali più importanti per il cibo e l’alimentazione ritroviamo le piante feculifere, contenenti in misura rilevante la Fecola, che è l’amido o il polisaccaride ricavato principalmente dalle patate, dalla manioca, dalla batata, ecc.
Le piante feculifere si chiamano così perché hanno la straordinaria capacità di accumulare in quantità significative e superiori rispetto alla quantità contenuta nei cereali, l’amido o la fecola (polimero di lunghe catene di α D glucosio unite con legami 1,4 o amilosio, sulle quali con legami 1,6 si formano catene spiralate di cui ogni spirale consta di 6 residui glicosidici o amilopectina) nei tuberi (Patata), nelle radici che si ingrossano o radici - tubero (Batata), o nei fusti sotterranei metamorfosati (Topinambur).
Ovviamente le piante elaborano altri polisaccaridi come l’inulina, la cellulosa, la laminarina, gli arabani, gli xilani, le pectine, le emicellulose, le gomme e le mucillagini, ma l’amido rimane il polisaccaride più importante per il cibo e l’alimentazione.
L’origine e la sintesi dell’amido è esclusivamente nei cloroplasti, organuli della cellula vegetale di alghe e piante, dove avviene la fotosintesi clorofilliana mediante la quale la luce del Sole si trasfigura in glucosio, da cui deriva dalla sua polimerizzazione l’amido.
Infatti durante il giorno con la fotosintesi clorofilliana gli zuccheri prodotti sono maggiori rispetto alle esigenze metaboliche e così sono polimerizzati in amido, accumulandolo nello stroma del cloroplasto.
Tale amido viene definito primario.
Però durante la notte, in assenza della fotosintesi, l’amido è idrolizzato nuovamente in zuccheri in modo da impiegarli nel metabolismo della pianta e in parte trasportati in altre parti della pianta e negli organelli cellulari detti amiloplasti, in cui gli zuccheri si uniscono di nuovo per riformarlo.
Per distinguerlo dall’amido primario, che si accumula nello stroma dei cloroplasti, quello accumulato negli amiloplasti è definito amido secondario.
In definitiva è la luce del sole che mantiene l’ordine biologico e consente di trasformare dei composti semplici e poveri d’energia, in composti organizzati in strutture complesse e ricchi di energia, ed è in tal modo che si realizza una straordinaria transizione di fase dal semplice al complesso.
In particolare la pianta di cui vogliamo parlare, ossia la Batata, è una pianta feculifera che riesce ad accumulare rilevanti quantità di amido secondario nelle radici.
Tale pianta non ha nulla a che vedere con la patata, in quanto appartiene ad una famiglia diversa e ciò anche riguardo l’organo usato nell’alimentazione, che è una radice – tubero e non un tubero.
La Batata o Ipomoea batatas (L.) Poir., Convulvulaceae è una pianta erbacea perenne, con foglie lobate o palmate ed alterne, provviste di picciolo, con nettari nell’inserimento della lamina della foglia, dal colore verde e viola, coltivata come annuale.
La pianta è originaria dell’America centrale, del Messico e delle zone tropicali delle Americhe dove viene coltivata da circa 5000 anni fa ed introdotta da Cristoforo Colombo, dopo la colonizzazione delle Americhe, in Spagna da cui si diffuse in Europa, in Asia ed ovunque.
In particolare la sua coltivazione in Cina risale al XVI secolo ed attualmente tale Nazione detiene l’83 % della produzione mondiale di Batata.
In Polinesia la pianta era conosciuta e coltivata prima dell’arrivo degli Europei.
La Batata ha radici fibrose e rizotuberi, fusti prostrati che si diffondono rapidamente ed orizzontalemnete nel suolo, contenenti spesso dei pigmenti che gli conferiscono un particolare colore porpora al fusto e lungo le nervature.
Ha fusto cilindrico dal colore verde o pigmentato e la sua lunghezza dipende dal portamento della cultivar, dalla disponibilità di nutrienti e di acqua nel terreno.
Le cultivar erette arrivano ad 1 m di lunghezza, quelle prostrate sino a 5 metri.
È pianta eliofila, brevidiurna e resistente all’aridità.
La pianta derivata da radici tuberose ha durata biennale.
Nel primo anno produce rizo – tuberi ed al termine la pianta germoglia e muore lasciando nel terreno le radici tuberose, che daranno nuovi germogli l’anno successivo in un ciclo però riproduttivo, con formazione del fiore, del frutto e del seme.
Il seme provvisto di duri tegumenti germina con notevoli difficoltà.
Ha fiori solitari e vistosi che vengono impollinati tramite gli insetti. Il fiore è ermafrodito ed ha la caratteristica forma a campana della famiglia a cui appartiene la specie. Il frutto è una capsula pluriloculare che contiene da 1 a 4 semi.
È una pianta esaploide praticamente sterile che non può essere propagata per seme e che deve essere moltiplicata per via vegetativa.
In Natura e coltivate esistono numerose varietà, che si differenziano per il colore della buccia, dal giallo al viola, per il colore della polpa (bianca, gialla, pigmentata di rosso).
Il ciclo di formazione delle radici-tubero varia 3 a più di 9 mesi.
La Batata ha portamento strisciante, con numerosi germogli, che toccando il terreno emettono le radici.
Le parti eduli sono sia le parti vegetative della pianta e sia la radice – tubero che è una vera e propria radice, che sia accresce a forma di tubero per l’attività meristematica del cambio sia vero l’esterno che verso il midollo.
I tessuti parenchimatici che ne derivano sono ricchi di amido ed attraversati da canali latticiferi da cui cola un lattice bianco e denso.
Tali parti sono impiegate sia nell’alimentazione umana e sia come foraggio per i suini e gli animali di allevamento.
I rizo – tuberi contengono carboidrati per il 20.10 %, proteine 1.60 %, fibre alimentari 3.10 % , numerose vitamine (K, B1, B2, B3, B6, E, C, A) e Sali minerali in proporzione variabile.
Nell’alimentazione umana vengono consumati bolliti, al forno, fritti, seccati e macinati in farina per farne biscotti, pane e altri dolci.
Le sommità fogliari sono consumate come verdure e vendute nei mercati soprattutto in Malesia.
Sono apprezzati nell’alimentazione del bestiame in quanto il potere nutritivo è comparabile a quello del mais.
Il tubero – radice è ricoperto da un rivestimento suberificato simile a quello della patata.
In Giappone da tale rivestimento si ottiene il caiapo, una sostanza efficace nella riduzione della glicemia e del colesterolo e quindi utile nel curare il diabete di tipo II, l’anemia e l’ipertensione.
La produzione ad ettaro in media è di 15 tonnellate, sino a punte di 20 - 40 tonnellate.
La raccolta si effettua quando le foglie sono ingiallite.
La radice tubero contiene carboidrati ed antociani che conferiscono il colore, niacina ed acido ascorbico.
La dolcezza caratteristica è dovuta al glucosio ed al futtosio.
L’amido è composto da ¼ da amilosio e da ¾ da amilopectina.
Le proteine sono scarse, carente è il contenuto in triptofano e in amminoacidi solforati.
Solo raramente viene utilizzata conservata secca per la preparazione di fecola, da impiegare al posto dell’amido di frumento.
La sua ecofisiologia esige un buon apporto idrico, una temperatura intorno a 18° C e le sue produzioni risultano soddisfacenti sino a 2500 m slm, lo zero termico in cui si blocca la crescita e lo sviluppo della specie è compreso tra 12-13° C, e temperature vicino o sotto lo 0°C risultano letali per la pianta.
Esistendo numerose varietà adattabili a diverse zone geografiche, la coltivazione si può estendere sino alle zone temperato – fredde coltivando la pianta nel breve periodo estivo.
Il ciclo di coltivazione è pari a 150 – 180 giorni, richiede una temperatura ottimale di 20-25° C e la fertilizzazione con concimi chimici ed organici.
Per conservare le radici tubero della Batata si ricorre al loro mantenimento per 1-2 settimane in locali in cui si raggiunge una temperatura di 30-35°C con elevata umidità relativa di 85-90%, che consentono la suberificazione dell’epidermide.
La propagazione della Batata si effettua preferibilmente interrando la radice tubero già posta a radicare in acqua, con distanze sulla fila di 30 cm e tra le file di 90 cm.
È una specie rustica dalle modeste esigenze e produttiva.
In definitiva la Batata nonostante i tuberi non siano diffusamente consumati in Italia, nel mondo e soprattutto in più di 100 paesi in via di sviluppo costituisce una delle più importanti colture di piante feculifere, che si pone al 5° posto come alimento di base e come importanza sia in termini di superficie e sia in termini di produzione quale pianta alimentare.
Si tratta dunque di una specie cruciale per la sopravvivenza e l’alimentazione dell’uomo, in diverse popolazioni e in vaste aree del nostro pianeta.
Marcello Castroreale
mcastroreale@alice.it
Batata o Ipomoea batatas (L.) Poir., Convulvulaceae