Per il giovane
sindacato occorre andare oltre i facili entusiasmi: i dati forniti oggi
dall’organizzazione internazionale dicono anche che 'le differenze
socio-economiche di partenza pesano meno, ma ritornano a farsi sentire
dopo l'uscita dalla scuola'. In troppe aree della nostra Penisola i
giovani appena usciti dal sistema formativo non hanno opportunità: li
riassorbe la povertà del territorio, fino a sottrargli le possibilità
di sviluppo personale e professionale.
Marcello Pacifico (Cisal-Anief): bisogna incentivare gli sforzi sul
fronte della dispersione che in alcune province della Sicilia supera il
40%. Questo può avvenire solo maggiorando gli organici delle aree a
rischio, migliorando l’orientamento e innalzando l’obbligo formativo
fino a 18 anni. Occorre poi cambiare marcia per migliorare
l’integrazione dei ragazzi con bisogni ‘speciali’, i disabili, ma anche
i Bes e gli alunni con Disturbi specifici dell’apprendimento.
Purtroppo, con il decreto legislativo collegato alla Legge 107/15, non
ci sono i presupposti che incentivano questa integrazione. In generale,
bisogna fare in modo che gli studenti non si trasformino in Neet: va
sollecitato il rapporto della scuola col mondo del lavoro. Così come va
rilanciato il rapporto con l’Università: mentre gli studenti accademici
crescono nel mondo, in Italia nell’ultimo periodo si è ridotto il
numero di matricole e siamo tra i Paesi con meno laureati.
Oggi l’Ocse ci ha detto che la scuola italiana funziona meglio di
quella di altri paesi dell'area, in particolare per quanto riguarda
l'inclusione dei ragazzi delle scuole superiori provenienti da famiglie
con una condizione non favorevole. Prima di lasciarsi andare a facili
entusiasmi, occorre però leggere tutto il resoconto dell’organizzazione
internazionale che ha anche sottolineato come, sempre nel nostro Paese,
“le differenze socio-economiche di partenza pesano meno, ma ritornano a
farsi sentire dopo l'uscita dalla scuola”.
L’indagine, basata sul confronto tra i dati delle indagini Ocse-Pisa
sulle competenze scolastiche e su quelle degli adulti (26/28 anni), non
fa altro che rafforzare quanto sostenuto dall’Anief da anni: occorre
insistere sugli investimenti nella scuola, perché in molte zone del
territorio nazionale rimane l’unica agenzia culturale in grado di
sostenere il processo di crescita dei nostri giovani. Tanto che, appena
usciti dal sistema formativo, dove in base ai risultati Ocse-Pisa degli
alunni in diverse materie le differenze sociali si annullano, la
mancanza di opportunità li riassorbe fino a sottrargli le possibilità
di sviluppo personale e professionale.
“Quanto indicato dall’Ocse non può essere considerato un punto di
arrivo ma solo di partenza – commenta Marcello Pacifico, presidente
Anief e segretario confederale Cisal – perché un Paese moderno che
abbandona al suo destino i giovani, dopo averli formati, non può
ritenersi soddisfatto: è chiaro che occorre incentivare gli sforzi,
innanzitutto, sul fronte della dispersione scolastica, che in alcune
province della Sicilia supera il 40 per cento, mentre l’Europa ci
indica come soglia il 10 per cento. Questo può avvenire solo in modo:
maggiorando gli organici delle aree a rischio, migliorando
l’orientamento e innalzando l’obbligo formativo fino a 18 anni”.
“Allo stesso tempo – dice Pacifico - occorre cambiare marcia per
migliorare l’integrazione dei ragazzi con bisogni cosiddetti
‘speciali’, i disabili, ma anche i cosiddetti Bes e gli alunni con
Disturbi specifici dell’apprendimento. Con il decreto legislativo
collegato alla Legge 107/2015,l’Atto n. 378, sulle norme relative alla
promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità,
ora all’esame del Governo per l’approvazione finale, da settembre il
personale docente specializzato continuerà a essere utilizzato
per 30 per cento dell’organico come precario, su posti in deroga, con
oltre 52mila posti liberi assegnati fino al 30 giugno; si introducono
nuove regole sulle ri-certificazioni che, senza alcuna copertura
finanziaria e opportune risorse umane per le équipe mediche,
stravolgeranno la vita scolastica di 260mila alunni disabili. Si
conferma il blocco decennale per gli insegnanti di sostegno che, in
questo modo, risultano assegnati alla scuola e non più agli alunni
disabili. Parlare di integrazione in queste condizione appare davvero
improbabile”.
Tutti questi sono temi che il professor Marcello Pacifico, come
rappresentante del sindacato e della confederazione annessa, ha
illustrato nelle scorse settimane, durante le audizioni tenuti a
Montecitorio e Palazzo Madama: anticipare la scuola a 5 anni di età,
introducendo un anno ‘ponte’ con docenti in copresenza della materna e
della primaria, e seguire gli alunni, senza soluzione di continuità,
sino al compimento dell’età maggiore, rappresentano dei passaggi
indispensabili per elevare il nostro sistema d’istruzione. Inoltre,
bisogna fare in modo che gli studenti non si trasformino in Neet: i
giovani che non studiano e non lavorano e di cui l’Italia mantiene il
poco invidiabile record di presenze.
“Quindi – conclude il sindacalista autonomo – va sollecitato, con
adeguate risorse e norme, anche a tutela degli studenti introducendo
uno statuto tutto per loro, il rapporto della scuola con il mondo del
lavoro. Così come va assolutamente rilanciato il rapporto con
l’Università: mentre gli studenti accademici crescono nel mondo, in
Italia nell’ultimo periodo si è ridotto drasticamente il numero di
matricole e siamo tra i Paesi con meno laureati. Questi sono i dati da
cui ripartire”, conclude il presidente Anief.
Anief.org