La vicenda di Lavinia
Flavia Cassaro, maestra sospesa dal servizio per
aver urlato la propria rabbia contro le forze dell'ordine è davvero il
segno dei tempi che corrono e questi sono decisamente mala tempora.
Lavinia, indicata dalla stampa borghese e perbenista come una "cattiva
maestra", ha espresso il proprio dissenso contro quelle forze
dell'ordine che durante le ultime manifestazioni antifasciste hanno
caricato i cortei antifascisti a protezione di quei dichiarati fascisti
di Casa Pound o Forza Nuova ai quali venivano concesse piazze e comizi
nonostante quanto previsto dalla nostra Costituzione repubblicana
costruita con il sangue e il sacrificio dei partigiani italiani.
L'insegnante stigmatizzata dalla stampa e vista anche da alcuni
colleghi come una "estremista" è tale solo di fronte a chi si è
abituato al disprezzo dello stato sociale, dei diritti degli ultimi,
dei valori della Repubblica, non ultimo l'antirazzismo. Della maestra
Lavinia si fa un simbolo di violenza e di odio, mentre la reale
violenza sociale si abbatte sui corpi di tutti noi quando il dissenso e
la libertà di manifestare diventano reato d'opinione, quando una
società sempre più polarizzata e classista chiede l'obbedienza in
cambio del servilismo e ricatta attraverso la minaccia di disciplinare
e punire i giovani lavoratori che non vogliono arrendersi e rimanere a
guardare.
Dove è lo Stato quando abdica al proprio ruolo e svende la Costituzione
repubblicana consentendo a questi gruppi eversivi di svolgere
apologia di fascismo in una pubblica piazza?
Lavinia ha urlato la sua rabbia in un contesto sociale in cui il nemico
è chi è più povero, chi ha la pelle più scura, chi viene da lontano e
non chi sfrutta, chi impoverisce, chi schiavizza e vuole educare alla
servitù. Lavinia ha provato ad opporsi ad un contesto sociale dove un
attentato fascista e xenofobo come quello di Macerata è diventato il
gesto di un folle isolato, dove non si chiede il conto ai mandanti di
questo clima sociale inaccettabile, dove si cerca di bloccare le
manifestazioni antifasciste e si riduce l'antifascismo a vuoti rituali
che non hanno alcuna forza vitale, civica, pedagogica.
Le Meloni, i Salvini, i Di Stefano, i Fiore, ma anche i Renzi, i
Gentiloni e i Minniti, con la loro estetica pulita e borghese, sono
responsabili del clima intollerante, xenofobo e a tratti schiettamente
fascista in cui siamo inseriti. Chi ci ha governato negli ultimi 30
anni è responsabile dello sdoganamento del fascismo e della perdita di
una vera memoria di ciò che è stato e di quale siano le radici di
questa Repubblica.
Non possiamo non dire poi che Lavinia viene messa alla gogna e rischia
il posto di lavoro soprattutto perché è un'insegnante e gli insegnanti
non debbono permettersi parole o gesti forti, gli insegnanti devono
obbedire alle indicazioni governative, gli insegnanti debbono essere
formalmente inattaccabili, gli insegnanti devono rassicurare, gli
insegnanti debbono istruire non educare. A questa visione
dell'insegnante come funzionario pubblico, grigio, prono e privo di
spirito critico ci opponiamo con forza. Il ruolo sociale di un
insegnante e di un maestro consiste proprio nel pensare oltre il
commento retorico, nell'educare oltre l'obbedienza servile, nel
riuscire a stimolare la riflessione e il senso critico,
nell'appassionarsi e nell'essere un esempio di coerenza e di
partecipazione attiva alla vita sociale e politica del paese.
Gli insegnanti, nella libertà che è garantita loro dalla Costituzione,
hanno il dovere di essere antifascisti, hanno il diritto di indignarsi
e arrabbiarsi, perché la rabbia è giusta se si scatena contro
un'ingiustizia reale.
Gli insegnanti in questo paese sono sottopagati, precarizzati, sono
costretti ad emigrare dalla loro terra per lavorare, gli insegnanti in
questo paese sono oggetto da decenni di campagne diffamatorie, gli
insegnanti sono nel mezzo di un rinnovo contrattuale che li umilia dal
punto di vista economico e del rispetto della loro funzione, ma
nonostante questo continuano a pensare, a educare, a lottare.
La sospensione di Lavinia è ancora più grave alla luce del fatto che a
breve verrà approvato un nuovo codice disciplinare che intende entrare
in modo pesante e invasivo nella vita privata dei docenti, un codice
disciplinare che è stato accostato al Codice Rocco, figlio del
fascismo. Per questo stiamo con Lavinia: perché siamo antifasicisti,
perché riteniamo sia un dovere manifestare contro le recrudescenze
fasciste, perché crediamo che non si possa essere docenti degni di
questo nome se non si è antifascisti, perché pensiamo che la rabbia
davanti all'ingiustizia sia una rabbia giusta, perché rifiutiamo la
logica di uno Stato debole coi forti (il mercato, l'Unione Europea, i
padroni) e forte coi deboli (i lavoratori, i precari, i migranti, i
giovani), perché rifiutiamo l'antifascismo di maniera di un governo che
impoverisce la popolazione e si accanisce sui migranti. Stiamo con
Lavinia e ci uniamo alla sua rabbia.
Intervista a Luigi Del Prete - Radio Onda d'urto clicca qui per
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