“I medici curano
i corpi, noi, cantanti, curiamo le anime” questa espressione del
cantautore Renato Zero in occasione della presentazione dell’album
della trilogia “Zero settanta” in occasione dei suoi settant’anni, è
diventata virale, ribaltata da tutti i social, ed è stata ripresa anche
dai telegiornali. Certamente la bellezza, la musica, il canto,
l’armonia, la poesia, l’arte, curano la dimensione spirituale
dell’uomo, lo distraggono dalla paura, dalla noia, del vuoto
pessimistico del momento storico che si attraversa anche a causa della
pandemia che ha prodotto gravi danni all’economia e alla
socializzazione. Il culto della bellezza è stato sempre preziosa
medicina per vincere gli orrori delle guerre, delle crisi, dei disastri
sociali e ne sono preziosi testimoni le splendide opere artistiche, i
monumenti, le chiese, i palazzi che suscitano ammirazione, stupore ed
elevano lo spirito. Si curano così le anime? Sono sufficienti
l’arte, la bellezza, la poesia e la musica?
E’ vero che “la poesia, parola dell’uomo, ha stessa dignità della
parola di Dio, perché entrambe salvano”?
Siamo ancora fermi sulla soglia della porta dell’anima, l’intimo
dell’uomo ha bisogno di silenzio, di meditazione, di preghiera e
l’anima si cura e si custodisce aggiungendo qualcosa di più alla
materialità, e orientando la ricerca verso la scoperta
della dimensione dell’Assoluto, del Sublime.
Il “Da mihi animas, coetera tolle” di Don Bosco richiama qualcosa di
più significativo dello spettacolo di massa dei giovani esaltati che
riempiono le piazze in occasione dei concerti. Le loro anime sono tutte
curate? Quella medicina è stata efficace?
Dalla diffusa crisi valoriale e dall’autoreferenzialità egoistica si
percepisce che tale medicina li rende ancora deboli e insicuri.
Le parole di effetto commuovono e creano ammirazione, anche perché
forse trovano pochi richiami negli ambienti preposti allo scopo. dove
l’orizzontalità socializzante sembra prevalere sulla verticalità
spirituale.
Leggendo le biografie dei Santi appare ben evidente che le anime, alito
di Dio, si salvano “in ginocchio” e oggi, purtroppo, sono stati messi
da parte gli inginocchiatoi e i nuovi profeti hanno preso il
sopravvento nei pulpiti della laicità e della tecnologia priva di
etica, orientata all’efficienza, al minimo sforzo, al profitto e al
risparmio.
La porta dell’anima si apre dall’interno e sollecita sacrificio,
rinuncia, coerenza ai valori proclamati. L’uomo, in virtù della sua
natura spirituale, è ordinato dinamicamente alla comunione personale
con Dio nell’amore. Egli, tuttavia, non raggiunge questo scopo da se
stesso, ma tramite l’ incontro con Dio. Le anime si curano percorrendo
il Suo sentiero, amandolo e servendolo e come afferma il
Card, Gerhard Muller, ” superando l’immanentismo che rende l’uomo un
computer ad alta prestazione, capace di attivare l’intelligenza
artificiale che produce più elevate prestazioni”.
L’orientamento a Dio e la responsabilità verso il mondo sono come due
facce della stessa medaglia e le anime si salvano elevando la mente a
Dio. Tutto ciò si chiama preghiera.
Giuseppe Adernò