1) Ripensare la scuola
Ragionare di scuola nei giorni in cui viene sacrificata e
costretta alla didattica a distanza per coprire le pubbliche
inadempienze soprattutto in materia di trasporti pubblici, dopo mesi
estenuanti e difficili in cui gli istituti scolastici hanno
lavorato per garantire in sicurezza la ripresa delle attività
didattiche del nuovo anno scolastico, puo' sembrare un mero esercizio
retorico; forse una provocazione in un clima di esasperata delusione.
Credo invece che serva per alzare lo sguardo "in modo da contrastare il rischio di
ritirarci impauriti e talvolta rabbiosi nel nostro particulare".
(Chiara Saraceno). Se vogliamo pensare al futuro con ragionevole
speranza, sempre con la scuola dobbiamo fare i conti,
perchè necessariamente ci proietta su quello che potrebbe
essere il nostro domani, avendo il compito di prendersi cura delle
nuove generazioni.
Ma la scuola così come l'abbiamo vissuta e così come ancora funziona ha
un suo futuro? Questo è il problema e non è per nulla ozioso che in
modo particolare chi riveste un ruolo in un sistema di
istruzione si chieda come dovrebbe/potrebbe essere la scuola fra
qualche anno. Pensarci significa impegnarsi per impedire,
ognuno per la propria parte, che la scuola si lasci trascinare
dagli eventi, anche se non è dato di potere definire con nettezza i
confini di quel che sarà la nostra società tra un decennio, ma sapendo,
già, che sono cambiati gli orientamenti e le scelte di
moltitudini di persone relativi ai processi di istruzione e formazione.
La scuola che verrà dovrà fare i conti sia con le mutate esigenze
di molte famiglie e della società, sia col fatto che fuori della scuola
esistono tanti modi di istruirsi e tanti modi di far valere quello che
si è imparato fuori dai circuiti istituzionali.
Grandi sono sempre in questo campo le responsabilità delle
autorità preposte alla guida e alla direzione di una società;
responsabilità che per forza di cose si iscrivono nella logica
politica e culturale di chi deve prendere delle
decisioni, portarle avanti e darle un senso,
proponendo di conseguenza valori e criteri prioritari con cui governare
l'eventuale processo di rinnovamento del sistema di istruzione e
formazione. Responsabilità che non dovrebbero privarsi del
contributo di pedagogisti, di sociologi, di uomini di scienza e
di cultura, di uomini di scuola e del mondo del lavoro. Su questo
tema, sotto gli auspici della Revue Internationale
d'Education de Sèvres, si è svolto il convegno "Réformer l'éducation",
di cui sono stati pubblicati gli atti, anche on-line(n83/2020).
Vale la pena di leggerli.
Negli interventi degli studiosi provenienti da diverse
parti del mondo vengono affrontati quei problemi sui quali
dovrebbe esercitarsi la riflessione per potere elaborare proposte di
rinnovamento del sistema di istruzione e formazione, che tengano conto
dei fattori di trasformazione della società e del ruolo che la
scuola vi deve avere . Un convegno che non si è dovuto misurare con le
ferite arrecate alle scuole in ogni parte del mondo dalla
pandemia del COVID 19, che ha reso più acuti gli interrogativi
sul destino della scuola, sull'identità e sul significato che debba
avere . La stessa necessità di ricorrere alla didattica a distanza per
mantenere nei limiti del possibile il rapporto educativo con gli alunni
si è subito trasformata in una opportunità per proporre di
ristrutturare le procedure abituali dell'insegnamento, di riconfigurare
con uno sguardo proiettato nel futuro gli ambienti di apprendimento e
l'articolazione del rapporto tra alunni e luoghi di formazione.
2) La scuola e i molti luoghi
dell'apprendimento
Da tempo non c'è pace nel mondo dell'istruzione; un mondo attraversato
da fortissime tensioni che possono lacerarne il tessuto e che se non
sono adeguatamente governate possono sfociare in soluzioni che
rischiano di farne perdere la complessità e la ricchezza culturale. E
la complessità va governata, non mutilata a colpi di accetta. Sono
le tensioni fra tradizione, saperi consolidati e attualità e
saperi emergenti; tra scuola formale e molteplicità dei luoghi e delle
occasioni di apprendimento; tra ripiego comunitario e apertura alla
diversità; tra funzione educativa e adattamento funzionale ai
cambiamenti della società; tra zone favorite e quelle sfavorite; tra
servizio pubblico e scuola a domanda individuale. Fa da sfondo a queste
polarità lo sviluppo impetuoso della multimedialità e dell'informatica,
che segneranno qualsiasi soluzione potrà essere data nel futuro al
sistema di istruzione e formazione, perché costituiscono di fatto lo
spazio degli ambienti di apprendimento.
Alla scuola non è dato di pensare di restare ferma, ma nemmeno di
infilarsi in modifiche che invece di rinnovarla, la possono snaturare .
Non ha bisogno di scelte casuali, ma di quelle sensate, siano a breve o
a lungo termine. E queste sono possibili se ci si curerà del quadro
generale dell'istruzione e della formazione; se ci si curerà del come,
del cosa, ma soprattutto del perché si debba fare scuola. La
scuola è un'istituzione in cui si opera bene soltanto lavorando
secondo finalità. Se riforme/innovazioni devono esserci, per misurarle
e per valutarle bisognerà vedere fin dove e come riescano a
salvaguardare il carattere dell'istruzione/formazione come bene comune,
disponibile per tutti, come fondamento di coesione sociale; bisognerà
constatare se e come siano riuscite a dare una risposta alle richieste
più significative che dalla società nel suo insieme vengono formulate.
Un problema che acquista un rilievo crescente nei sistemi di
istruzione è quello che emerge nel rapporto tra scuola
formale e la molteplicità dei luoghi e delle occasioni di
apprendimento, fenomeno questo che puo' trasformare il mondo
della scuola e alterarne la natura.
Ci sono bisogni di apprendimento sempre più estesi e in vario modo
sostenuti, che non sempre hanno risposte dentro i sistemi scolastici;
per un verso cresce la corsa a rifornirsi in luoghi altri dalla scuola
e per un altro si cerca di condizionare ogni singolo istituto con
la richiesta di modifica dei curricoli e di
integrazioni formative a immagine e a convenienza di quel gruppo di
persone che sono in grado di sostenerla e di farla valere. Un fenomeno
che potrebbe sfuggire di mano e che in alcuni settori della società
potrebbe fare crescere l'aspettativa di un superamento di un sistema
che non riesce o che non vuole accompagnare questa corsa
all'impossessamento privato di quel bene pubblico che è la conoscenza.
In questo potenziale conflitto è in gioco il destino della
funzione conoscitiva della scuola. Nel momento in cui in qualsiasi
luogo si puo' apprendere, che cosa si deve e si puo' apprendere a
scuola? Non è una novità che la scuola e quindi l'insegnante non siano
più nella società attuale gli unici dispensatori di conoscenze . Che
non siano più gli unici, non vuol dire che non lo possano più essere.
Questo comporta che con chiarezza debba essere circoscritta, indicata e
valorizzata l'area specifica che in questo campo attiene alla scuola e
che solo a scuola puo' essere coltivata. Il sistema scolastico è
legittimato ad esistere, perchè ancora è tenuto a svolgere il compito
di trasmettere da una generazione ad un'altra il patrimonio di saperi,
di conoscenze, di tecniche e di valori del passato e solo per questo ha
un senso che in ogni scuola si incontrino studenti e docenti.
La scuola non puo' smettere di essere luogo di trasmissione razionale e
ordinata del sapere, luogo di formazione di conoscenze solide e
strutturate. A scuola si costruiscono, si formano le basi concettuali
di alcuni saperi che si ritengono necessari e con le quali in seguito
si puo' progredire in autonomia in quello che si sceglie di
coltivare. I saperi sono beni immateriali che costituiscono
l'infrastruttura della nostra civiltà; sono fini da rispettare e mezzi
per crescere e per apprendere altri saperi. Ma si apprendono con
procedure rigorose e controllate. Questo risultato non può essere
ottenuto attraverso i media o con internet, nei quali è prevalente la
componente emotiva e con i quali è possibile informarsi, ma non
istruirsi seriamente.
3) La funzione conoscitiva
La funzione conoscitiva della scuola, oggi, va esaltata e rinforzata;
non c'è senso critico, di cui si ha grande bisogno, se non si possiede
una rete concettuale ampia, solida e strutturata. Non è l'ultima
conoscenza, l'ultima novità che qualifica il lavoro a scuola, ma la
capacità di saperne cogliere il senso e il valore.
La scuola moderna affonda le proprie radici nella cultura
illuministica; ne sono derivati come finalità del proprio operare, il
desiderio di conoscere, il sapere critico e documentato, la ricerca
metodica, l'amore per le scienze, la lotta contro le superstizioni e
le credenze popolari. Tenendovi fede, a scuola si puo' far
compiere negli alunni il passaggio dal senso comune
all'interpretazione razionale di sè e del mondo che li circonda,
li si puo' rendere capaci di controllare la consistenza e la veridicità
di molte informazioni che circolano nel mondo, li si puo' formare ad
utilzzare bene internet e le risorse dell'informatica. Altrimenti
come dice B. Vertecchi gli alunni saranno fortemente attratti da
dispositivi che riducono la loro operatività; che limitano le
acquisizioni di capacità di scrittura, di lettura ad alta voce, di
calcolo, di osservazione dei fenomeni, di soluzione dei problemi, di
acquisizione di un lessico appropriato per formulare e comunicare
concetti.
La scuola per sostenere la funzione conoscitiva non puo' parlare di
qualsiasi cosa. E' tenuta ad adottare criteri ragionevoli e
condivisi dalla società per proporre i saperi e le conoscenze che siano
conformi alle sue competenze. E' necessario passare dal paradigma
dell'allargamento dell'enciclopedia dei saperi, come fin qui si è
fatto, a quello della loro selezione, perchè la scuola non si disperda
nella moltiplicazione degli intrecci col mondo esterno. L'autonomia del
sistema scolastico si esprime nella capacità di avere propri criteri di
riferimento per stabilire la gerarchia dei saperi che deve trasmettere
e delle competenze che deve formare; nella capacità di dettare codici
di comportamento, di organizzare modi di apprendimento, di difendere il
proprio linguaggio e le proprie regole di comunicazione. Questi criteri
di riferimento sono l'anima culturale di un sistema scolastico.
Autonomia, non autoreferenzialità:nessun sistema scolastico potrebbe
sopravvivere chiudendosi ai grandi temi culturali della propria epoca,
ai problemi della società in cui è collocato.
Quello che si vuole dire è che la scuola non è solo apertura; è anche
per certi aspetti " diversità" e "separatezza". "La storia
della scuola è la storia di una separazione: separazione dei bambini
rispetto agli adulti; separazione della preparazione alla vita
relativamente alla vita stessa; messa in disparte degli apprendimenti
rispetto all'attività produttiva"(B. Rey). Il paradosso della
scuola è quello di essere un'istituzione separata nella
quale si dispensano conoscenze slegate dalla vita quotidiana ed avere
la vocazione di preparare alla vita sociale . La scuola non è il luogo
delle situazioni reali. "La scuola è un luogo dove si svolge un
particolare tipo di lavoro intellettuale che consiste nel ritirarsi dal
mondo quotidiano, al fine di considerarlo e valutarlo, un lavoro che
resta coinvolto con quel mondo, in quanto oggetto di riflessione e di
ragionamento" (L. Resnick). La scuola non può e non deve limitarsi ad
assicurare una semplice continuità con la società che l'attornia o con
l'esperienza quotidiana. "Essa è quella particolare comunità in cui si
fa l'esperienza di scoprire le "cose" usando l'intelligenza e ci si
introduce in nuovi e inimmaginati campi d'esperienza"(J. Bruner).
In pagine di aspra ed efficace polemica contro certe tendenze
pedagogiche e di politica scolastica, G. Ferroni nella "Scuola
sospesa" affermava che non è sensato rendere il sistema
scolastico subalterno ai modelli della comunicazione di massa e al
consumo tecnologico, perché i quadri concettuali delle discipline e i
metodi che sono loro propri non cambiano per l'uso delle tecnologie.
Affermava, anche, che bisogna evitare ogni forma di illusione, di
accecamento tecnologico. Questo non significa che non si debbano
considerare e comprendere le implicazioni della tecnologia
dell'informazione nella trasmissione del sapere, che non ci si debba
fare arricchire dalla tecnologia, di usarla come mezzo.
Nell'organizzazione e nella trasmissione delle conoscenze, delle
tecniche e del patrimonio culturale del passato i saperi scolastici per
le loro caratteristiche (analiticità, sequenzialità, astrazione,
logicità, primato della scrittura) superano di gran lunga altre
forme di diffusione e di comunicazione delle conoscenze. Per
risultati di questo genere gli alunni devono imparare a porre
proposizioni limpide, a compiere processi di astrazione, a fare
ordinate classificazioni, a svolgere argomentazioni rigorose, a
immaginare modelli, ad enunciare generalizzazioni, a procedere ad
applicazioni ai casi particolari.
Riproporre e sostenere con forza la funzione conoscitiva della
scuola significa fare la parte più grande della riscrittura della
missione della scuola nel XXI secolo. La scuola deve ricentrarsi sul
compito cruciale dell'istruzione, così come si è tentato di parlarne;
deve per equità garantire l'uguaglianza di tutti davanti all'accesso al
sapere; deve educare a riconoscere la pertinenza delle informazioni e
il valore dei saperi; deve educare ad amare sapere e conoscenza e
convicere che l'apprendimento non è mestiere che vale solo per la
scuola, ma per tutta la vita di ognuno di noi. Nella situazione odierna
la posizione di una persona nella società e nella cultura di
appartenenza non dipende da un processo casuale di apprendimento;
ma da una specifica e programmata attività di formazione che solo a
scuola puo' svolgersi. Scuola della conoscenza ed equità sono la stessa
cosa. Bisogna scommettere su una scuola che afferma alto e forte la sua
missione cognitiva.
Raimondo Giunta