Aveva problemi al cuore e un tumore. Di «Roma» parlava come del più grande dolore della sua vita, perché Fellini, a suo dire, non rispettò i patti, e fece lievitare i costi fino a costringere Vasile a indebitarsi.
Ma, per i bizzarri giochi del destino, proprio una badante ucraina di nome Roma lo ha accudito premurosamente tanto che più volte nei suoi racconti si parla di lei come di un angelo inaspettato. Dal 1992 Turi Vasile ha cominciato a pubblicare una serie di libri, quasi tutti con l'editore Sellerio di Palermo («Paura del vento», «Un villano a Cinecittà», «L'ultima sigaretta», «Male non fare»). Con il napoletano Pironti ha pubblicato il romanzo «Giòn», con Avagliano «Morgana» (2007) e «Silvana» (2008). L'ultimo suo libro di racconti, edizioni Hacca, è intitolato «L'ombra». Sono stato il suo editore per due libri («Morgana» e «L'ombra»). Per tanti anni ho ascoltato le sue storie. Lo incontravo nella sua piccola casa a pianterreno sulla Cassia. Nel 2008 lo accompagnai per alcuni giorni in Sicilia (a Siracusa, a Lentini, a Noto) per presentare «Morgana», un viaggio indimenticabile. Per rendere omaggio alla sua Sicilia perduta, aveva trasformato il suo giardino in un minuscolo Eden di fiori e di frutti siciliani.
Tranne pochissime eccezioni, Vasile è sempre stato uno scrittore di racconti e di scritti brevissimi (questo, insieme a una limpidezza di scrittura, lo affratellava a Raffaele La Capria, che più volte ha scritto di lui). La sua memoria era popolata di miraggi mediterranei, di favolose mitologie, di storie bibliche, e poi di tanti personaggi veri. I due poli della sua geografia sentimentale sono sempre stati Cinecittà e Messina: il teatro del cinema, e il teatro della memoria. Non sappiamo se per fortuna o per sfortuna - ma credo che Turi Vasile lo consideri un regalo del destino - venerdì scorso è morta anche Silvana, l'amata moglie. Negli ultimi anni l'ho guardato in silenzio mentre tentava disperatamente - con stornelli siciliani e frasi del loro lungo codice amoroso - di suscitare la sua attenzione, di strapparla all'oblio. Sono rimasti insieme, sino alla fine e oltre.