Schneider: «Per la prima volta nel XX secolo noi tedeschi siamo stati simpatici al mondo»
Festa grande a Berlino
20 anni dopo la caduta del Muro
di Walter Rauhe
BERLINO (8 movembre) - «Nel New Hampshire sono le 15. Apprendo che a Berlino è stato aperto il Muro. È impossibile districare il groviglio di sentimenti provocato dalla notizia. Innanzitutto e con maggior evidenza: non ci credo, non è possibile, non così presto e non così semplicemente! È inconcepibile che quel mostro di cemento armato, che ha condizionato per ventotto anni la storia tedesca ed europea, anzi la storia mondiale, sia stato cancellato con un colpo di penna (ma c’è poi stato un colpo di penna?) da un paio di parole pronunciate durante una conferenza stampa!».
Inizia così il saggio Dopo il Muro (in Italia, Sperling e Kupfer Editori) nel quale lo scrittore tedesco Peter Schneider (69 anni) rielabora l’avvenimento epocale che il 9 novembre del 1989 cambiò il corso della storia e della sua città d’adozione. Schneider quella notte era a ottomila chilometri da Berlino, la città costantemente protagonista dei suoi tanti, indimenticabili romanzi generazionali (Lenz, Il saltatore del Muro, Accoppiamenti, Il ritorno di Eduard), delle sue sceneggiature per Margarethe von Trotta e Volker Schlöndorff, della sua militanza studentesca accanto a Rudi Dutschke nel 1968, della sua intera vita.
«Porca miseria!, ho pensato. Non potevano aspettare ancora una settimana ad abbattere il Muro di Berlino?». Ripensando a quella storica notte di vent’anni fa, lo scrittore berlinese si commuove ancora oggi, consapevole del fatto che Berlino per lui è molto di più di una semplice dimora. È una fonte d’ispirazione letteraria, una scelta di vita, un caleidoscopio della nuova Germania.
Signor Schneider, com’è cambiata Berlino in questi ultimi vent’anni?
«Se prima della caduta del Muro Berlino era l’unica città nella quale la storia del dopoguerra non si era ancora conclusa, oggi è l’unica metropoli tedesca che veramente può definirsi come riunificata. Solo qui non si può più distinguere chi è originario della Germania Est e chi invece della Germania Occidentale. Le differenze sono state superate e l’ex divisione tra est ed ovest non è più un tema. Il Muro insomma è crollato veramente, anche il Muro nelle teste della gente. Nel resto della Germania invece le differenze e le divisioni resistono fino ad oggi e ci vorranno ancora anni, forse decenni per superarle definitivamente».
C’è chi sostiene che senza Muro, filo spinato e cavalli di frisia, Berlino abbia però perso la sua inconfondibilità, diventando una capitale come tante altre in Europa.
«Con la caduta del Muro e il crollo del regime socialista è stato chiuso anche qua il capitolo del dopoguerra. Ai tempi della divisione a Berlino ovest la storia si era fermata. Era come se la storia anzi fosse emigrata altrove, a Cuba, in Corea, in occidente come nell’emisfero sovietico. Nell’isola di Berlino ovest invece tutto era rimasto uguale, congelato in uno status-quo perenne cementato dal Muro, dalla presenza delle forze alleate nei vari settori della città, dal confronto tra l’est e l’ovest. Chi viveva a Berlino ovest era circondato dal Muro e si era ormai abituato a vivere in una situazione grottesca e surreale arrangiandosi alla meglio e sviluppando anche una sorta di orgoglio locale. Eravamo imprigionati, ma felici».
Ma poi è arrivata la Glasnost di Gorbaciov e tutto è cambiato a ritmo accelerato...
«Soprattutto per Berlino e la Germania. Per la prima volta nel ventesimo secolo il popolo tedesco è stato visto con simpatia. Il mondo intero ha assistito alla rivoluzione pacifica in Germania dell’est e quando il Muro è crollato ha visto in televisione tedeschi in lacrime abbracciarsi ai piedi della Porta di Brandeburgo, l’entusiasmo, la gioia sincera, la liberazione di un intero popolo. Sono state emozioni contagiose per tutti e anche se allora nessuno parlava ancora di una riunificazione delle due Germanie questo processo era già nell’aria e anche se tutti i governi stranieri, da Londra a Washington, da Mosca a Roma erano ancora contrari ad un’unione delle due Germanie ai popoli di questi Paesi una simile eventualità non faceva più paura, La Germania non faceva più paura».
«Primo tra tutti lo stesso Günter Grass, che allora Molti intellettuali tedeschi però vedevano con diffidenza una riunificazione, parlavano di un’annessione della Germania Est nell’emisfero occidentale, di un risorgere del pangermanesimo.
fece un’analisi fantasticamente sbagliata. Lui era contrario ad una riunificazione in quanto pensava che una grande Germania avrebbe nuovamente rappresentato un pericolo per il mondo e per la stabilità europea. Oggi, a vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino questa Germania non fa più paura a nessuno. Berlino è più che mai una città cosmopolita, aperta e tollerante».