“Se fai qualcosa che non vuoi far sapere agli altri, forse non la dovresti fare”. A farsi portavoce di questo luogo comune, esprimendo la convinzione che la privacy in Internet sia un’esigenza superflua, è stato Eric Schmidt - CEO di Google – durante una trasmissione televisiva della CNBC. Affermazioni che fanno sospettare una gestione della riservatezza dei dati degli utenti quantomeno disinvolta da parte del gruppo di Mountain View, al punto da far prendere posizione (opposta) a un illustre esponente del mondo Mozilla, che in materia di privacy ha le idee molto chiare: meglio Bing.
Tutto è nato in seguito ad una domanda rivolta a Schmidt: “La gente tratta Google come il più fidato degli amici… Ma è realmente così?” In risposta, l’executive di Google ha spiegato che se si ha bisogno di quel genere di privacy, è necessario tenere presente che i motori di ricerca, incluso Google, conservano per un determinato periodo di tempo i dati personali degli utenti che li utilizzano ed è importante ricordare, ad esempio, che chiunque negli Stati Uniti è soggetto al Patriot Act e ciò implica che queste informazioni possano essere messe a disposizione delle autorità”.
Schmidt basa le proprie dichiarazioni sul presupposto che in rete il requisito della privacy sia pressoché un’utopia e fa riferimento alla norma che permette di contrastare il terrorismo utilizzando tutto il materiale reperibile online. Google, nella propria posizione di grande web company, raccoglie un patrimonio immenso che consiste in una vastissima mole di informazioni sugli utenti, ma l’amministratore delegato ne mina la sicurezza – e di riflesso la fiducia che gli utenti vi ripongono – quando afferma che l’esigenza di privacy deriva da qualcosa da nascondere.
Le opinabili parole espresse dal CEO di Google trovano un equilibrato contraltare nella risposta fornita da Bruce Schneier, che illustra con semplicità un concetto decisamente condivisibile e universale: “La privacy – ha scritto il superesperto di security in risposta a Schmidt, citando se stesso nel 2006 – ci protegge dagli abusi di potere anche se non facciamo nulla di sbagliato. Non c’è nulla di male nel fare l’amore o andare al bagno. Non nascondiamo nulla quando cerchiamo un posto appartato per riflettere o conversare. Teniamo un diario privato, cantiamo nell’intimità della doccia e scriviamo lettere d’amore ad amanti segreti per poi bruciarle. La privacy è una necessità umana fondamentale”.
Asa Dotzler, responsabile dello sviluppo di Mozilla, con poche parole e molta franchezza ha riportato nel proprio blog le parole di Schmidt, invitando gli utenti di Firefox a cambiare motore di ricerca, passando da Google a Bing attraverso l’installazione di un add-on, scaldando il suggerimento con la frase “Sì, Bing ha effettivamente una policy sulla privacy migliore di quella di Google“.
La posizione di Dotzler assume particolare rilevanza in considerazione del fatto che Mozilla e Google, lo scorso anno, hanno rinnovato un accordo di collaborazione che le legherà fino a novembre 2011. Non è dato sapere se questa sia anche la posizione dell’organizzazione di cui fa parte, ma di certo fa riflettere sui rapporti tra i due: come reso noto da Mozilla, il 97% delle entrate dell’organizzazione proviene dagli accordi siglati con Yahoo, Amazon, eBay e altre società, ma la fetta più consistente deriva dalla partnership sottoscritta proprio con il gruppo di Mountain View, per cui incrinare i rapporti con quest’ultimo potrebbe essere molto controproducente.
A meno che Mozilla non pensi ad un accordo con Microsoft. Tutto è possibile, ma sarebbe una prospettiva a dir poco curiosa, visto che i due hanno sempre partecipato su fronti opposti alla guerra dei browser. (da nbtimes.it)
Dario Bonacina