Come in tutte le
storie, le favole, ma anche le “sceneggiature” della vita quotidiana,
anche la scuola ha i suoi personaggi e farne una rassegna, almeno ad
inizio d’anno, ci pare un modo per divertirci un poco, senza tuttavia
volere colpire la sensibilità dei colleghi.
In ogni scuola ce ne sono almeno di tre tipi.
In primo luogo il tracotante-baldanzoso, l’uomo dai mille progetti, che
a fine anno non se ne ricorda manco uno, è quello che spunta fuori da
ogni anfratto, da ogni sicomoro della fattoria scolastica. Parla, parla
sempre in ogni collegio, in ogni consiglio di classe, sempre prodigo a
dar consigli anche di cose di cui non ne capisce una mazza perché la
nonna gli ha insegnato che nella vita bisogna sempre stare al centro
dell’attenzione, farsi notare e il gioco è fatto.
Poi c’è il topo. Il topo squittisce e si lamenta sempre, piagnucola che
lui , così piccino non ce la fa a fronteggiare il dirigente, e quindi
si accquatta in un cantuccio sicuro che il suo squittio attiri
prima o poi il fesso di turno, perché nel minuscolo cervello del
roditore non passa mai nemmeno per un momento il pensiero che se
qualcuno lo aiuta lo fa per compassione, per pena o per pietà e
non perché stupido, perché per lui è sempre indiscutibilmente fesso chi
lo fa, fesso ma utile. E così, adagiate le sue belle corna personali a
terra, aspetta fiducioso che il richiamo faccia il suo effetto, che il
fesso si avvicini e che vedendole possa esclamare: “ ohilà! Che bel
paio di corna a terra! Ora me lo metto in testa io! Non aspettavo altro
dalla vita” Ma si dà il caso, come afferma un noto principio fisico che
“ la portata di un condotto è il volume liquido che passa in una
sua sezione nell’unità di tempo..” e quindi viene il tempo
che anche per il fesso ,o compassionevole che dir si voglia,la misura è
colma , e siccome lo stesso principio continua dicendo:”..e si ottiene
moltiplicando la sezione perpendicolare per la velocità del liquido, a
regime permanente la portata è costante” per cui, ad un certo punto,
persino i gabbazisi ne son colmi e allora… vattelapesca, bel topino!
Infine c’è il Griso. Il Griso è cortigiano ma anche e
soprattutto “bravaccio”,non ha tante doti intellettive, ma non importa,
tanto il cane da combattimento deve fare… Cambia il dirigente? Manco
due giorni il Griso ti chiederà stralunato: “il preside di prima? Chi
era costui?”
Cambia scuola? Non importa,tanto il Griso può “grisare”
dappertutto. Al Griso non importa la persona, l’affetto o il rispetto,
a lui interessa solo la sua poltrona da vicario.
Perché Don Rodrigo è così per ruolo costituito ma il Griso, che
prima saccheggia e poi ti abbandona, se ci pensate bene, è anche
peggiore.
Il Griso è anche volpe; e la volpe dice sempre che l’uva è guasta
quando non può raggiungerla e se qualcuno ci riesce è perché è
raccomandato, farabutto o per sistematico intrallazzo. E quindi si
attrezza perché , cacciato fuori dalla porta principale, possa
rientrare da una finestra,da un qualche pertugio che gli consenta di
raggiungere l’uva tanto disprezzata.
E poi, come in tutte le storie, c’è tutto quel contesto di
personaggi minori che ruotano attorno. C’è l’accademico inquisitore
/disquisitore che pontifica sui difetti dei dirigenti… perché qualcuno
che faccia da parafulmini deve comunque trovarsi. E se è vero, come è
vero, che il pesce puzza dalla testa, è anche vero che altro che testa,
altro che capo… un capitone ci vorrebbe a tenere a bada un simile
branco di famelici piranha.
Poi c’è il sociologo , che da quando non è più invitato alla
televisione perché gli hanno preferito i criminologi , anche lui
sentenzia sui dirigenti.
E inoltre, c’è quella folta schiera di furbetti, i sindacalisti, certo
non tutti, ma una buona parte, specie di quelli più impegnati
nella guerriglia urbana di categoria, i fautori dell’ “armiamoci e
partite”, che dall’alto della loro aspettativa sindacale, pontificano
sull’operato dirigenziale. Dacchè non mettono più piede a scuola da
oltre vent’anni, passano le loro giornate dal sofà del salotto alla
poltrona della sede sindacale, invero non molto, solo dalle 19.00 alle
19.30, giusto il tempo di sorseggiare un martini dry ( l’happy hour è
gentilmente offerto dalle quote degli iscritti), lanciare
invettive contro i presidi e controllare di tanto in tanto che
gli incisivi dei loro rappresentanti siano ben affilati prima di aprire
il serraglio e sguinzagliarli ad azzannare la cuticagna dirigenziale.
Che verrebbe da chiedersi : perché mai lo Stato dovrebbe continuare a
pagar loro uno stipendio a vuoto mentre con le stesse somme di potrebbe
dar da lavorare a tanti precari che, fra l’altro, dicono di sostenere?
Ebbene, in mezzo a tanto letamaio, pardon volevo dire”umanità
variopinta” ma mi è scappato il termine per freudiano lapsus, sapete
che vi dico? Meglio i dirigenti, con tutti i loro difetti, meglio i
dirigenti che magari non hanno mai scritto un libro in vita loro , che
ogni tanto magari vorresti dar loro un pugno oppure un bacio, ma che
sono lì, in carne ed ossa, ed è questo quel che basta.
Tecla
Squillaci
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