Per quanto si vada a
ritroso nel tempo , il gusto per l'ironia è sempre stato insito nella
natura umana. Il termine greco di "eironèia" (
simulazione-dissimulazione) ha sempre indicato, all'interno della
tragedia, il suo imminente disvelarsi attraverso le parole di un ignaro
ed inconsapevole personaggio.
Ed acquistò valenza educativa e formativa con Socrate, cosa
infatti è più argutamente ironico e stimolante del saper di non sapere?
E cosa dire di quell'altra grandiosa arte di meditare sui propri e
universali difetti che è la satira? E quale opera è più moderna e
gradevole nel fustigare in costumi che da sempre connotano gli esseri
umani come il Satyricon di Petronio Arbitro?
Noi esseri umani,infatti,abbiamo sempre pensato ,in quanto esseri
coscienti od onirici, predatori, enigmi sfingei, storici equivoci e
colossali iperbole del paradosso -uomo di trasformare
noi stessi attraverso anche il grottesco ed il paradossale.
Quanti scandalosi scambi d'identità possiamo realizzare con il riso
come con la perseveranza del buon ricercatore di vaccini e
medicine, con la pervicacia dell'inventore o con la freddezza
dell'economista? Con paziente matematico calcolo o con lo slancio pazzo
di un attimo di estro improvviso quanti attendono a questa salvifica
trasformazione dell'Io?
Quanti Io e Tu possiamo invertire d'istinto o smarrirci assolutamente
come maree? E quanti Noi? Voi? Essi?
Ah... bellissimo l'espediente letterario di Groddeck nello "Scrutatore
di anime",lì, il protagonista anfitrionescamente scambia il suo ruolo
non con altri... ma con se stesso, ovvero con il suo Es, con il fauno
libertino sopito in noi, il borghese signor Muller che si trasforma nel
suo esatto contrario, il trickster ( burlone) Thomas Weltlein.
L'incipit di tale rivoluzione copernicana , di questa paradossale
apologia dell'apocatastasi dell'Io avviene durante la snervante lotta
notturna contro un esercito di cimici che presidiavano il suo
giaciglio. ma, nell'angosciosa battaglia notturna, tra un nimbo di
insetti inferociti, l'eroico signor Muller contrae la scarlattina
e giace dunque esanime, apparentemente sconfitto, delirante,
febbricitante... ma alla fine della sua malattia egli si accorge
che la battaglia è vinta giacchè le cimici hanno contratto la
scarlattina e sono dunque sterminate pure loro. Non solo, Muller stesso
è morto per sempre, ovvero si è trasformato per sempre in Wetslein. E
la trasformazione è irreversibile, definitiva, escatologica!
Quante cimici dovranno pungerci perchè noi finalmente ci
disponiamo ad abdicare al nostro vero Sè ed emendare ( purificare,
togliere) i nostri vizi e difetti attraverso chi ce li fa anche
burlescamente notare?
Mi chiedo... quanto incalcolabile tempo dedichiamo invano a
disinfestare, de-rattizzare, anestetizzare piuttosto che a pensare che
piuttosto questi piccoli fastidiosi e buontemponi insetti
potrebbero essere i nostri migliori alleati nella mutazione genetica
che ci attende,nella trasformazione larvale da baco a farfalla? Invece
che offenderci se tali queruli insetti per un attimo rivestono i nostri
panni e la nostra stessa identità o stuzzicandoci ci inducono a
cambiare... dovremmo essere loro grati eccome!
Sfuggendo da noi stessi, dall'alveo di una malcelata identità sociale,
sempre accettata tacitamente dagli altri, ma alla fine persino
mortalmente noiosa
ed insana persino al nostro più profondo Progetto dell'IO,
ci allontaniamo per un frangente dall'infausta nausea di essere
sempre noi stessi, dalla funerea noia di osservarsi sempre uguali e mai
diversi, stantii... sempre servilmente pronti a dover salvare
l'apparenza e con l'unico soldino che ognuno riceve in credito alla
nascita, quali novelli gatti con gli stivali, comperarci dei bei
stivaloni, un vestito elegante e magari un cappello piumato da
moschettiere con i quali comparire alla corte del re!
E con tutto ciò, noi, furbastri conoscitori del mondo, rinunciando però
al vero Progetto dell'Io, ci attacchiamo ostinatamente a quello che
altri,il mondo, il capo, la moglie, il ruolo... hanno decretato per noi!
Ma che siano benedette le fastidiose cimici,allora!
Se esse possiedono il dono magico di farci obliare un momento della
nostra identità , confonderci con improbabili sosia, con
intrallazzatori d'ogni risma, con gli smemorati cronici....o con ogni
sorta di farsesco personaggio.
Benchè il tarlo di essere sconosciuti a noi stessi, quello, talvolta
assillante ma in pochi e rari momenti di lucidità,ma pressocchè sempre
ignorato, escluso, ricacciato fuori dalla nostra mente,inascoltato,
indesiderato,inaccettabile... benchè quel tarlo, dicevo, è di troppa
rara specie per essere ospitato nella maggior parte dei cerebri mortali.
E così, poniamo, se in nostro aiuto vengono questi poveri insettucci o
immonda malattia che ci cancella per un po' i connotati ferini ed
obsoleti del nostro volto col suo esantema da vivido affresco palatino,
se essi, vengono alfine in nostro aiuto, in aiuto del vero progetto del
Sè,generosi e fecondi, con la follia di ricami e pruriginosi sfoghi,
invece che gridare allo scandalo ed all'offesa, dovremmo esserne grati,
eccome!
Che qualcuno, un misero esserino, ma così magnanimo e nobile per pochi
frangenti si metta nei nostri sozzi panni da
vittima perpetua della convenienza-connivenza sociale,del
borghesismo, dell'obnubilimento asfittico del nostro Essere,che
qualcuno ci faccia, una tantum, nella vita il grande dono di scambiare
il nostro ruolo di caparbia sfericità impiegatizia con quello
romanzesco di una collezionista di suppellettili comiche o di
ardito esploratore di terre cimmerie.... bisognerebbe corrergli
incontro e chiamarlo amico e benefattore!
Che questo qualcuno, ridendo, fustiga i propri ed altrui vizi e
difetti, dovrebbe essere considerato un gran beneficio,una boccata
d'ossigeno puro che riattivi i nostri neuroni asfittici, un alito di
frescura da pineta branderburghese, l'occasione imperdibile della
nostra vita di scrutare a fondo la nostra anima, di vederci allo
specchio per quel che siamo e per quel che dovremmo essere.
Nelle risibili o invereconde reazioni
altrui all'impareggiabile satira ed all'ironia possiamo
solo riconoscerci come lo zero coupon di noi stessi, senza alcuna
speranza di investimento positivo, che sia simpatia o amicizia, nelle
molte anime circondarie della casa circondariale in cui abbiamo
rinchiuso tristemente la nostra anima.Tale fausto evento, l'analisi di
se stessi,il rispecchiamento o meno in archetipi umani, per un
qualsivoglia imprevisto accidente è un ricambio di sangue, la
ri-capitalizzazione di cedole scadute e fuori corso,l'apertura ai
pubblici avvoltoi sociali del fondo chiuso di noi stessi, altro che
arrabbiare od inveire! Un parto del genere è degno solo dei migliori
capocomici, quelli che tengono testa alla vita e non si fanno da essa,
invece, irridere.
E per finire questo omaggio al gusto del ridere e dell'ironia,
ecco a voi una chicca, una vera e propria "lectio magistralis", a
riprova che anche i Giudici non sono affatto quegli esseri grigi e
compassati che spesso si crede:
« La satira è quella
manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si
è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare
alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al
fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di
carattere etico, correttivo cioè verso il bene": Prima sezione penale della Corte di
Cassazione, sentenza n. 9246/2006
Tecla Squillaci
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