Abbiamo già visto come la CM n.2
dell’8/01/2010 raccomandi l’integrazione degli alunni stranieri e ne
delinei gli opportuni criteri ai fini della sua realizzazione (
vedi articolo della stessa pubbl. su aetnanet il 10/06/2010), ora
vediamo, nello specifico, la parte
relativa ai criteri organizzativi contenuti nella Circolare
Ministeriale in oggetto. In particolare, la sostanziale priorità che
essa assegna alla prima alfabetizzazione di lingua italiana per questi
alunni.
Al punto C di Criteri
organizzativi essa infatti recita:” In merito, sempre nel rispetto
dell’autonomia delle scuole, si suggeriscono le seguenti misure,
peraltro già richiamate dalla normativa vigente:( Dpr 394/99 art.45)
L' attivazione di moduli intensivi, laboratori linguistici, percorsi
personalizzati di lingua italiana per gruppi di livello sia in orario
curricolare (anche in ore di insegnamento di altre discipline) sia in
corsi pomeridiani realizzati grazie all’arricchimento dell’offerta
formativa);attivazione di moduli intensivi, laboratori linguistici.”
Appare evidente che la priorità
riconosciuta all’insegnamento della lingua italiana su tutti gli altri
insegnamenti scaturisce da ovvie considerazioni di ordine logico,
sociale e formativo. Innanzitutto , il linguaggio verbale è
sempre il canale privilegiato attraverso cui sia apprende ogni altra
competenza. Se così non fosse, infatti, si dovrebbe dedurre che gli
alunni giungano ad un apprendimento , per così dire puramente ed
esclusivamente “intuitivo” di discipline come, per esempio, la
matematica.
E’ pur vero che esistono al mondo ragazzi dotati in modo straordinario
in determinati campi che li mettono in condizione di poter apprendere
“intuitivamente” i presupposti di una materia senza ulteriori
spiegazioni; ma è ovvio che si tratti di rare eccezioni , non
certamente la gran maggioranza della platea di alunni a cui la scuola,
democraticamente e giustamente si rivolge. Ma anche se per assurdo
ponessimo tale condizione se ne dedurrebbe una sostanziale
“inutilità” della figura del docente in classe. Inoltre, l’insegnamento della lingua
italiana per un ragazzo che vive nel nostro paese, a qualsiasi titolo,
è indispensabile per la sua integrazione e la sua accettazione nel
gruppo; diversamente rischierebbe di restarne totalmente
isolato.
Aggiungeremmo che lo scopo della scuola è soprattutto la formazione
integrale della persona; non si può restare ancorati ad una visione
ottusa e miope rigidamente attinente ad aleatori “programmi” da
svolgere al di fuori della prospettiva dell’individuo. Sarebbe come
cercare di far indossare a qualcuno un paio di scarpe di due o tre
misure più piccolo. A volte pare
proprio che ad alcuni docenti interessi molto di più cosa essi scrivano
sui loro registri piuttosto che cosa riescano effettivamente a
trasmettere, insegnando, ai loro alunni.
La CM 2, inoltre, non precisa i tempi in cui debbano svolgersi tali
attività di alfabetizzazione di lingua italiana per gli alunni; non è
una dimenticanza. La “ratio”
della normativa ( le circolari ministeriali hanno sempre valore
normativo) è da intendersi: purchè vengano fatte.
Vorremmo, infine rilevare che in questi specifici casi la facoltà
potestativa dei collegi dei docenti di “scegliere” o meno se attivare
tali corsi è praticamente insussistente. E’ evidente che in presenza di alunni che
ne necessitano, non attivarli determinerebbe una grave omissione da
parte della scuola, nonché una lesione, anche di carattere penale, del
diritto di studio. Oltre al fatto che si arriverebbe al paradosso,
all’assurdità, di una improcedibilità di valutazione degli alunni in
oggetto in quanto non sono stati loro forniti i mezzi ( e la conoscenza
della lingua comune è il primo mezzo!) per conseguire gli obiettivi
minimi.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it