Il liceo
sociopsicopedagogico? Da uno studio dell'Università di Sassari risultò
essere tra i più efficaci nella preparazione degli allievi». Beniamino
Brocca, oggi docente universitario a Bolzano e a Urbino, da
sottosegretario alla Pubblica Istruzione coordinò, a partire dal 1988,
la commissione ministeriale che ha ridisegnato le scuole superiori.
Creando anche la sperimentazione del liceo sociopsicopedagogico.
Un lettore ci ha scritto per raccontare la sua pessima esperienza con
quel liceo, ieri anche il professor Ricolfi su la Stampa lo ha
criticato.
«Quando è nato, nel '92, quel liceo aveva un impianto ambizioso e
rigoroso, e come quantità di saperi era più pesante del liceo classico
o scientifico. E questo venne monitorato dal Cede (ora Invalsi,
l'Istituto per la valutazione del sistema educativo, ndr), secondo cui
risultò uno dei migliori percorsi, e da uno studio dell'Università di
Sassari. Ma stiamo parlando dell'operazione originaria».
Poi cos'è successo?
«Tutto questo aveva carattere sperimentale, e l'esito era
incoraggiante. Se poi le cose si sono degradate bisogna pensare a cosa
è successo dopo: le singole scuole hanno introdotto modifiche,
riduzioni e adattamenti che hanno fatto scomparire l'identità
originaria, mentre man mano se ne sono andati i docenti formati per
quel progetto. Poi ci sono state nuove leggi, la 30 del 2000 e la 53
del 2003, che hanno operato modifiche sulla base del principio nefasto
della discontinuità».
Quindi dice che quel liceo di fondo è ancora valido?
«Andrebbe modificato e adattato ai tempi, perché sono passati
vent'anni. Ma i contenuti e le esperienze positive fatte, le idee
buone, vanno mantenute».
Però il nostro lettore ha evidenziato molte difficoltà nell'accesso
all'Università.
«Ma quello è un caso, e come docente universitario conosco centinaia di
migliaia di allievi che hanno avuto esperienze diverse!».
C'è qualcosa delle sperimentazioni del progetto Brocca che oggi le
sembra sbagliato?
«In ogni indirizzo c'era qualche pecca, per esempio negli istituti
tecnologici avremmo dovuto alzare il livello culturale. Ma vede, il
fatto è che quelle erano sperimentazioni. Dovevano durare un tempo
limitato, poi si sarebbe dovuta verificare la bontà delle iniziative, e
quelle che funzionavano si sarebbero dovute portare a regime con una
legge del Parlamento. Non è mai stato fatto».
Recentemente però è stata fatta la riforma Gelmini.
«Non chiamiamola riforma, io la definisco col termine medievale di
"riformagione". Siamo tornati ai tempi di De Amicis, siamo andati
avanti guardando indietro e recuperando vecchi armamentari come il
maestro unico».
Il problema più grande è creare corsi di studio adeguati alle reali
possibilità di lavoro.
«Per trovare una soluzione è necessario prima di tutto lavorare a una
modifica del sistema scolastico. Ma anche trovare un ponte tra la
scuola e il mercato del lavoro, come possono essere percorsi
post-secondari non universitari che diano una specializzazione. E poi
ci vuole una maggiore attenzione anche del mercato del lavoro rispetto
ai nuovi ingressi».
Serve fornire un orientamento alle famiglie nella scelta del corso di
studi? Il professor Ricolfi dice che tende a essere pubblicità.
«Serve. Troppo spesso le famiglie hanno un rapporto non obiettivo coi
loro figli, non tengono conto delle loro inclinazioni, è importante
affiancarle per aiutarle a orientarsi nella scelta». (da
http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/435578/)
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