“I miei occhi
sono puntati dritti al Vaticano! Guarderò in faccia per sempre quegli
uomini vestiti di nero! E i papi devono stare attenti a parlare di
“male e di genocidio”, perché il primo genocidio della storia lo ha
commesso la chiesa di Roma. Il male non si misura con la matematica!
Ditemi voi, chi fa più male, chi uccide un milione di persone, chi ne
uccide sei milioni, o chi ne uccide uno solo!? E’ più ladro chi ruba
cento denari o chi ruba un semplice baiocco!? E lo dico io che sono
stato massacrato da Santa Romana Chiesa. E mai lo dimenticherò!”.
E’ un fiume in piena Giordano Bruno, reduce dall’ultimo “duro”
interrogatorio dai giudici della Santa Inquisizione romana. Lo
incontro, quasi di nascosto, nella penombra della sua cella, è molto
provato, stanco, parla con un fil di voce, l’ultimo “colloquio” con i
suoi accusatori lo ha sfiancato, ma conserva ancora tanta serenità,
tanta forza d’animo e desiderio di lottare e di dimostrare la sua
totale innocenza. E’ veramente un grande uomo, come pochi, al giorno
d’oggi…
Maestro, perché è stato recluso in
questo cupo luogo di supplizio?
«Be, non lo devi chiedere a me, caro amico, ma ai miei aguzzini, a chi
mi ha condotto in queste oscure segrete con astuzia e perfidia. Ho
creduto e ceduto al “gentile” invito del nobile Mogenico, di lavorare e
insegnare in Italia, a Venezia, ma sono stato tradito da persone che
ritenevo amiche. Ho commesso degli errori di valutazione degli ambienti
culturali e sociali italiani, i più retrogradi e oscurantisti
dell’intera Europa. Non li perdonerò giammai!».
Ma allora perché è tornato in Italia?
«L’Italia è la mia patria, la “culla” del mio pensiero. Ripeto, ho
commesso degli errori di valutazione, credevo, o meglio speravo di
adempiere alla “mia missione” di riformare dall’interno la chiesa
romana, credevo che la situazione politica in Italia fosse cambiata,
che si respirasse un clima di distensione e di clemenza. Ma ho
sbagliato, anche se non mi pento di nulla, anzi, prima o poi ne uscirò
vincitore, ne sono certo!».
Maestro, ci vuole raccontare un po’
della sua infanzia, della sua famiglia.
«Io mi chiamo Filippo Bruno. La mia casa era modesta, la ricordo con
commozione e smisurato affetto. Ripenso ai miei cari genitori. Rivedo
le campagne tutt’intorno il paese di Nola, l’amenissimo monte Cicala,
le rovine del castello, gli ulivi, e da lontano l’amato Vesuvio. Ah,
che serenità! Da bambino credevo che oltre quella montagna non vi fosse
più nulla nel mondo. Ma poi ho capito a non basarmi “esclusivamente sul
giudizio dei sensi”, come diceva il grande Aristotele, perché aldilà di
ogni “apparente limite”, vi è sempre qualcos’altro. Da piccolo imparai
a leggere e a scrivere da un prete nolano, un certo Giandomenico de
Iannello, feci gli studi di grammatica nella scuola di un tale Bartolo
di Aloia. Proseguii gli studi superiori, dal 1562 al 1565,
nell’Università di Napoli, che allora era nel cortile del convento di
San Domenico, per apprendere lettere, logica e dialettica da uno che si
chiamava il “Sarnese” e lezioni private di logica da un agostiniano,
fra Teofilo da Vairano. Avevo tanta curiosità e sete d’imparare! Così a
Napoli diventai domenicano, con il nome di Giordano. Sacerdote nel
1572, dottore in teologia tre anni dopo, ma il mio vero obiettivo era
di studiare filosofia; volevo approfondire le mie conoscenze e
sviluppare i miei ragionamenti filosofici».
Maestro, perché il suo pensiero è
considerato pericoloso e le sue teorie eretiche?
«Caro amico, i miei pensieri non hanno niente di pericoloso.
L’ignoranza degli uomini è il “pericolo assoluto”; l’arroganza, la
superstizione, la superbia, l’invidia, questi si che sono pericolosi!
Stai attento, stai alla larga dagli uomini vestiti di nero. I vertici
della Chiesa di Roma e le gerarchie ecclesiastiche sono una minaccia
per lo sviluppo del libero pensiero. Ancora fanno credere al popolo che
il Sole gira attorno alla Terra, ancora difendono le idee tolemaiche
della Terra al centro dell’Universo! Ma dai, dove devono andare!».
Maestro, ma lei è un sacerdote o
sbaglio?
«Ero un sacerdote, ero! Nel 1576 ho abbandonato il mio abito talare e
sono fuggito al nord, prima a Genova, poi a Savona, Torino, Padova,
Bergamo. A Venezia ho pubblicato i miei primi libri. Che meraviglie di
città, li ricordo tutte con nostalgia! Poi ho deciso di lasciare
l’Italia e sono andato all’estero, a Ginevra, a Tolosa, poi finalmente
a Londra, dove ho conosciuto persino la regina Elisabetta. In
Inghilterra sono stato accolto benissimo, ho lavorato, insegnato e
pubblicato le mie opere più importanti, “La cena delle ceneri”, “De
l’infinito universo et mondi”, “ Lo spaccio delle bestia trionfante”,
“Degli eroici furori”. Poi mi sono trasferito a Oxford, e dopo in
Francia, a Praga, a Helmstedt, a Francoforte, in Germania. Ho girato
mezza Europa».
Ma torniamo alle sue idee. Dov’è
l’eresia?
«Non c’è nessuna eresia, caro amico. Rifletti, se Dio, che è infinito,
ha creato l’universo, anche l’universo per forza di cosa deve essere
infinito. E se l’universo è infinito, è ridicolo parlare di sopra e
sotto, destra e sinistra, centro e periferia. L’universo è infinito,
punto. E infiniti saranno anche le costellazioni, i soli, i mondi, i
pianeti, e forse anche gli essere viventi che li abitano. Pensaci,
perché mai la vita si sarebbe dovuta sviluppare solo qua, sulla Terra!?
Possono state tranquilli i pastori della chiesa, noi non siamo soli
nell’universo. Ma stai attento a dirglielo! Inoltre, se Dio è infinito,
tutto è Dio, l’universo, il creato, la natura e tutto ciò che ci
circonda. Dio è natura da amare infinitamente, da amare sempre. Per
tutta la vita ho cercato la verità, solo la verità: E ho avuto sempre e
solo dubbi, mille dubbi; sono stato assalito, massacrato dai dubbi.
Caro amico, anche tu, abbi dubbi, sempre! Non credere alle cose che ti
dicono, non dare ascolto a chi racconta la “loro” storia, il “loro”
punto di vista. Devi sempre approfondire, scendere in profondità,
andare oltre, aldilà delle barricate, più in là del confine. E
ricordati sempre che la conoscenza è passione, è furore, una “passione
amorosa”, un “eroico furore”. Studiare è quasi come fare l’amore! Devi
amare lo studio e ciò che studi. Capito!? Ecco perché mi hanno
considerato “pericoloso”. Ecco perché mi hanno ucciso».
Molto interessante anche il suo
concetto del “lavoro umano”.
«Caro amico, io sono stato il primo a parlare di lavoro e ad
approfondire il concetto. L’uomo è simile a Dio perché crea. Di più,
l’uomo è co-creatore e coproduttore insieme a Dio delle meraviglie
della Terra. Come l’uomo è affascinato dal “lavoro” di Dio, così anche
Dio è affascinato dal lavoro dell’uomo. Come l’uomo ammira le “opere”
infinite del creato, così Dio ammira le opere eccelse di cui è capace
l’uomo con il suo lavoro. Sono l’intelligenza e le mani, il pensiero e
le azioni, che permettono all’uomo di “continuare” e di “modificare”
l’opera divina. L’uomo è superiore a tutti gli altri esseri viventi
sulla Terra, non perché “dotato di anima”, come predicano i sacerdoti,
ma perché ha la “percezione del sé”, e perché ha la “forza delle idee e
delle mani”, pensiero e azione, attività teorica e pratica».
E il suo pensiero sulla “memoria”?
«La memoria è vita. Devi coltivare sempre il “vizio della memoria”,
perché senza memoria non c’è nessuna conoscenza, nessun futuro
possibile, nessun mondo immaginabile. La memoria è “via, verità e
vita”, come diceva di se Gesù. E con la memoria possiamo “percorrere”
tutte le strade della conoscenza e del dubbio senza mai aver paura di
perderci. La memoria è magia, cioè saggezza e conoscenza. Bada, la
magia è…».
All’improvviso nella cella semibuia entrarono due guardie che in modo
brusco mi ordinarono di uscire immediatamente. Giordano Bruno non ebbe
neppure il tempo di completare il suo discorso. Si fermò, mi fissò, ci
salutammo con un lungo e sereno sorriso. Ma mentre quei loschi
individui mi spingevano fuori dalla cella, Giordano Bruno ebbe il tempo
di gridarmi, “Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e
finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini
della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo
tiene schiavo... l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà
conto, sarà libero anche qui, in questo mondo!”. Non lo vidi più. Seppi
in seguito che il Tribunale dell’Inquisizione lo condannò al rogo. Ai
suoi carnefici che gli leggevano la condanna gli gridò in faccia,
“Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che
io nell’ascoltarla!”. La mattina del 17 febbraio 1600, Giordano Bruno,
con la lingua serrata da un bavaglio di ferro, così da non poter
parlare, venne condotto a piazza Campo de’ Fiori, a Roma, denudato,
legato a un palo e arso vivo Le sue ceneri furono gettate nel Tevere.
E’ proprio vero, “l’Anticristo può nascere dalla stessa pietà,
dall’eccessivo amor di Dio o della verità, come l’eretico nasce dal
santo e l’indemoniato dal veggente”. E Giordano Bruno, spirito libero e
ribelle, precursore della modernità, che ha sacrificato la propria vita
alla ricerca della verità e alla difesa del libero pensiero, ha aperto
la strada alla rivoluzione scientifica e al pensiero moderno.
Angelo Battiato