Da quest'anno la data del 15 Maggio, in cui si ricorda la concessione dello Statuto Speciale alla Sicilia ,è stata aggiunta al calendario delle festività. Il fatto ispira quantomeno alcune riflessioni sui motivi per cui, dopo diversi decenni trascorsi dal quel lontano 15 maggio 1946, improvvisamente, l'autonomia regionale viene tanto decantata dai soliti messaggi infiocchettati verso tutte le pubbliche istituzioni e sempre improvvisamente si riscoprono il senso dell'identità regionale, la rivalutazione delle tradizioni locali, l'orgoglio dell'appartenenza con una magnifica opera degna dei migliori giochi di prestigio.
Ma qual'è stata finora, anzi, esattamente dall'unità d'Italia ad oggi, la considerazione che l'Italia ha avuto verso la nostra regione? Scarsa o nulla.
Scarsa o nulla se si tiene conto dell'arretratezza economica e dei mezzi di trasporto in cui si è volutamente tenuta la Sicilia, a dispetto delle varie casse del mezzogiorno peraltro mai risolutive dei problemi del sud, scarsa o nulla quando, invece di incrementare la risorsa più proficua della Sicilia, il turismo, con strutture adeguate, si è preferito ancor di più isolare ciò che già la natura aveva creato circondato dal mare. Scarsa o niente quando ci si è sempre riferiti alla Sicilia sistematicamente come alla terra della mafia ignorando, tra l'altro, gli innumerevoli contributi che la nostra regione ha dato sempre sotto il punto di vista culturale e scientifico. Scarsa o nulla quando tutte le iniziative per rendere veramente autosufficiente e padrona delle proprie risorse la Sicilia sono sempre state vanificate o stroncate. E qui mi riferisco soprattutto alle idee di un grande uomo, Enrico Mattei.
E cosa ha rappresentato finora lo Statuto speciale concesso nel 1946 se non un modo per ingabbiare definitivamente le aspirazioni del MIS (movimento indipendentista siciliano) e dell EVIS ( esercito volontari per l'indipendenza della Sicilia) che nel dopoguerra raccoglievano vasti consensi di una popolazione esasperata da un secolo di umiliazioni? A dimostrazione storica del fatto che la Sicilia non è andata sempre a rimorchio, come asserisce qualcuno, ma che nel dopoguerra c'era un forte movimento politico che non ne poteva più dello Stato italiano. Perchè lo Statuto speciale , peraltro mai applicato integralmente, venne dato dietro le spinte separatiste che rischiavano di sfociare in una guerra civile e non perchè la Sicilia è un'isola come ancora qualcuno insegna nelle scuole...
A fronte di queste realtà storiche, oggi, improvvisamente, si ripescano lo statuto ,l'autonomia, il regionalismo... e certamente non per un tardivo ripensamento ma quanto piuttosto per gratificare la Lega che ormai nel nostro paese fa la parte del leone e i soliti quattro padroncini delle industrie del nord che stanno dietro le quinte. Eppure ai loro avi non dispiaceva lo spirito dell'unità nazionale quando si trattava di attingere manodopera dal sud per l'industrializzazione del Piemonte o per mandare al massacro i braccianti siciliani nel combattere in Veneto contro gli austriaci. Che verrebbe da chiedersi perchè non mandavano le mondine del padovano o del vicentino a farsi fare a pezzi dagli austriaci visto che era soprattutto la loro terra da liberare?
Vorrei ricordare a questi cari signori che il senso dell'identità regionale è un sentimento che va educato e curato assiduamente e non certo qualcosa che può spuntare dal cappello per magia solo perchè qualcuno ha deciso di segnare in rosso una data del calendario. E se ora non lo volessimo più il regionalismo? Viene imposto dall'alto come, del resto,per l'unità d'Italia. Personalmente non ho nulla contro l'autonomia purchè non sia il solito alibi per l'assenteismo delle istituzioni o, peggio, la solita retorica demagogica e gattopardesca per cui tutto cambia per non cambiare nulla.