Il Dirigente
scolastico può esimersi dal presiedere il Collegio dei docenti? La
risposta è ovviamente no.
Tutti gli organi collegiali della nostra democrazia con facoltà
decisionali, infatti, dal Parlamento all’assemblea di condominio ,
devono essere presieduti da un “primus inter pares” che li coordina e
ne garantisca la regolarità. Non solo, ma in mancanza del dirigente il
collegio è imperfetto e quindi non valido.
Il Dirigente, infatti, può delegare al
Vicario solo in caso di sua assenza o impedimento; va da sé che debba
trattarsi di una sua assenza formalmente accertata e debitamente
comunicata all’organo gerarchico superiore, altrimenti, anche il
dirigente, come tutti, potrebbe rispondere di “assenza
ingiustificata” dal servizio.
Del resto, rientra nelle facoltà dirigenziali spostare la data
del collegio in caso di impedimento non improvviso ( (o anche
improvviso che che può capitare una tantum e non di più..) dandone un
congruo preavviso.
Situazione, invece, del tutto assurda, paradossale, da iscrivere al
registro dei guinness dei primati ( al negativo) o nel registro delle
indagini di qualche zelante magistrato ( a seconda dei casi)
sarebbe, ipoteticamente, se un dirigente delegasse al vicario di
presiedere il collegio mentre egli stesso si aggira per l’istituto,
magari interviene in prodigiose e rapide apparizioni ma non presiede,
non coordina, insomma, non fa il proprio dovere. A che titolo dovrebbe
infatti intervenire se egli fosse di fatto assente? E come si dovrebbe
verbalizzare un suo intervento dal momento che ha delegato il suo
incarico di presiedere il collegio al vicario? Vicario, infatti,
nella nostra buona lingua italiana, significa “ chi sostituisce” e di
certo non si può sostituire chi è vivo e vegeto o non
ancora asceso verso altri mondi di eterna beatitudine, e , in
definitiva, per nulla impedito se non forse da una propria oziosa
negligenza, ad adempiere al proprio dovere.
L’art. 7 comma 1 del T.U, infatti, stabilisce che il dirigente debbe
presiedere il collegio e non ammette la sistematica delega al vicario (
se non nei casi di assenza dal servizio o concreto impedimento), bensì
la sua presenza per tutta la durata dell’assemblea,in seduta stabile,
dall’inizio alla fine, pena l’invalidità del collegio stesso. E questo
vale per i collegi plenari e non.
Ci dispiace dire che i collegi dei docenti in autogestione non sono
contemplati da nessuna normativa , sebbene, forse, qualcuno se li sogni
la notte… cosi come nelle assemblee di condominio , per fare un esempio
più prosaico ma che rende bene l’idea, il ruolo dell’amministratore è
solo quello di controllare la validità e di ratificare le decisioni
dell’assemblea, non certo quello di imporre le proprie decisioni,
eppure il suo ruolo è imprescindibile, giuridicamente, per la validità
delle delibere prese..
Ben altra cosa è per quanto riguarda i Consigli di classe. In questi
ultimi, il dirigente può delegare anche sistematicamente ad altri
di presiedere gli stessi. In questo caso, per coerenza tra ciò che si
dice e ciò che si fa, è auspicabile che non ci fossero tardive ed
improduttive rimostranze verso le decisioni del consiglio di classe: se
delego vuol dire che ritengo un organo autonomo, oppure… che non
mi interessa granchè ciò che si decide ed in tutti i casi, per
coerenza, dignità e stima di sé ( e degli altri) meglio tacere.
Vorremmo aggiungere un’ultima riflessione.
Il dirigente, come chiunque espleti una funzione pubblica, grande o
piccola non importa, è soprattutto servitore dello Stato. Per quanto
possa essere investito di poteri sempre maggiori è e resta comunque un
funzionario dello Stato, non è giornalista free lance né libero
professionista, sebbene anche questi ultimi abbiano dei doveri
verso i loro clienti. E sarebbe oppurtuno quindi che allo Stato debba
rendere conto del proprio operato lasciando da parte logiche politiche,
di parte, “suggerimenti” dai propri dirigenti sindacali, con i quali si
è forse legati da affetto o debiti di gratitudine, magari su come
formare le classi o sul formare cattedre di 19, 20, 22 ore o più… solo
per compiacere il capriccio di qualcuno, o su altre, s’intende
ipotetiche, infelici eventualità.
Non occorre essere dotati di particolari poteri di psicometria (
sebbene rarissimi ma non del tutto impossibili!)o di un holmesiano
spirito investigativo per capire, infatti, che in tutti questi casi si
servano ben altri “padroni” che non quello unico che è il servizio alla
collettività.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it