I sottoscritti, docenti
del Collegio Docenti dichiarano quanto segue:
- Si sta negando al Collegio Docenti la possibilità di votare in
merito all’adesione o meno alle Prove INVALSI, affermando che le prove
sono “obbligatorie”, sulla base di una semplice circolare del
30/12/2010, che non può essere fonte legislativa, in quanto subordinata
a norme superiori. E’ evidente la totale contraddizione con il decreto
275/99 (regolamento sull’autonomia scolastica), che indica precisi
competenze al Collegio Docenti, tra cui modalità e criteri di
valutazione.
- Si vuole imporre ai docenti di somministrare e correggere le prove
INVALSI, sebbene nessuno di questi compiti sia previsto dal vigente
contratto nazionale, né siano state previste forme di contrattazione
d’istituto.
Qualora i docenti si rifiutino di collaborare, il Dirigente procederà
con ordini di servizio, che prima devono essere eseguiti, poi
eventualmente contestati nel merito.
Perché tutto questo? Quali sono le ragioni che ci fanno mettere in
discussione il significato delle prove INVALSI?
IL PROGETTO DI SPERIMENTAZIONE DEL MERITO: Nell’ a.s. 2010-2011 il
Ministero sta sperimentando un progetto di premialità del merito per le
scuole di alcune province (Siracusa, Pisa, ecc.). Il progetto prevede
un premio fino a 70.000€ al 15% delle scuole più “brave”. Tra i 3
indicatori che stileranno la classifica delle scuole, vi sono i test
INVALSI. Il Ministero intende applicare questa metodologia sperimentale
a tutte le scuole italiane, a partire dall’a.s.2011-2012. Vi è un nesso
sostanziale tra prove INVALSI e premialità del merito.
QUALI SONO LE FINALITA’ DELLE PROVE INVALSI?: Le prove INVALSI vanno a
valutare alcune competenze in Italiano e Matematica degli alunni. Ma
l’uso che il Ministero ne trae è molto più ambiguo: si valutano gli
alunni per valutare i docenti, il livello della scuola. Questo è un uso
distorto, semplicistico e strumentale.
NON CI SOTTRAIAMO ALLA VALUTAZIONE: Come docenti, siamo totalmente
disponibili a sviluppare forme di valutazione e di autovalutazione,
personali e di istituto. Vogliamo però che gli strumenti siano seri e
coerenti. Se si vogliono valutare i docenti, si valutino i docenti, non
gli alunni. Se si vuole valutare una scuola, si valuti la scuola, non
la sua utenza. Con che spirito le scuole accetteranno gli alunni più in
difficoltà, sapendo che ne abbassano le “performance” misurate dal
Ministero?
LA LOGICA DEL PREMIO: Negli ultimi 3 anni il Ministero ha tagliato più
di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica; ha bloccato per vari anni i
contratti, gli stipendi e gli scatti di anzianità. Poi, con il 30% di
questi risparmi, vuole premiare “il 15-25% più meritevole”. Non
crediamo che questa sia una logica cooperativa ed umana. E’ una spinta
competitiva che produrrà solo danni e impoverimento della scuola
pubblica.
LE PROVE INVALSI SERVONO ALLE SCUOLE?: Le prove non sono state
utilizzate in nessun modo come fonte di riflessione e di valutazione
dell’operato didattico, né per potenziare le aree in cui sono state
individuate delle carenze.
COSA MISURANO LE PROVE INVALSI? Una prestazione in Italiano e
Matematica (tra l’altro non comparabili tra di loro). Le prove sono
uguali per tutti, ed ogni anno sono diverse (quindi non si può parlare
di test standardizzati). Non misurano un differenziale tra il livello
di ingresso e quello di uscita (cosa che tutti i test scientifici
fanno), ma semplicemente una prestazione, su alcuni ambiti. Questo è
sufficiente per avere una valutazione complessa ed articolata dei
docenti e della scuola?
L’ATTENDIBILITA’ DELLE PROVE: Da una parte si affida la costruzione
delle prove ad un ente esterno alla scuola (INVALSI), dall’altra, per
motivi di risparmio economico, si vuole obbligare alla somministrazione
e alla correzione delle prove gli stessi docenti di classe. Chi può
essere oggettivo e distaccato, quando in gioco c’è la premialità
economica, ottenuta attraverso i risultati degli alunni?
LO SNATURAMENTO DELLA DIDATTICA: Il quadro di riferimento dell’INVALSI
per la costruzione delle prove non è coerente con il curricolo della
scuola. La modalità con test a risposta chiusa non è quella che
normalmente si utilizza nella scuola. Per timore dei risultati, vi sono
sempre più docenti che stanno allenando le classi alle prove, facendo
acquistare alle famiglie dispense con le prove degli anni precedenti.
Gli obiettivi didattici si stanno modificando verso il raggiungimento
della prestazione nella prova INVALSI. In tutti i paesi in cui queste
prove sono applicate ( Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc.), questa
modalità ha comportato un grave scadimento nella didattica, oltre che
una classificazione sociale delle scuole e dei finanziamenti ad esse
diretti.
IL QUESTIONARIO AGLI ALUNNI: Il questionario agli alunni cerca di
ottenere informazioni sul contesto socio-culturale, scolastico e
familiare dell’alunno/a (quanti libri hai in casa? abitualmente con chi
vivi? Sono stato picchiato da altri bambini a scuola?, ecc.). Con quali
finalità si chiedono dati e valutazioni personali molto delicati ad
alunni di dieci anni, senza un consenso ed una conoscenza esplicita da
parte delle famiglie? Per poter correlare meglio i risultati con lo
status socio-economico o per quali altri motivi di ricerca?
LE CONCLUSIONI DELLE PROVE INVALSI 2010: Le conclusioni del rapporto
delle prove 2010 sono di questo tipo: “I dati di ciascuna rilevazione
segnalano come una costante del nostro Paese che le regioni del Nord
ottengono risultati in genere più elevati di quelli del Centro e del
Sud. Queste differenze sono più o meno significative a seconda delle
classi considerate”. “I risultati degli studenti immigrati,
specialmente quelli di prima generazione, sono sempre più bassi di
quelli degli italiani, ma sono anche molto uniformi sul territorio
nazionale. Le piccole differenze osservate non sono in genere
statisticamente significative”.
Che cosa vuol dire? Qual è l’obiettivo delle prove, quello di vedere
qual è la distribuzione geografica dei risultati? O della qualità delle
scuole? O del livello socio-economico delle famiglie? O dimostrare che
gli alunni stranieri sono in maggiore difficoltà? Sono tutti dati che
sapevamo anche senza spendere 8 milioni di Euro l’anno per l’INVALSI.
Il problema è: cosa si fa per correggere tutto questo? Dopo l’analisi,
ci sono le risorse per andare ad investire dove si fa più fatica?
Oppure ci si accontenta di pensare che chi ha dei brutti risultati è
perché non è capace o è una scansafatiche, quindi basta premiare i più
bravi?
CONCLUSIONE: Come Docenti, perché ci dobbiamo sentire “obbligati” a
somministrare e correggere prove che non condividiamo, che sentiamo
estranee, la cui finalità non è chiara ed esplicita, il cui quadro
normativo non è per nulla vincolante nei nostri confronti, ma ci
vengono imposte? Solo perché ci viene detto fai ed ubbidisci? Se questo
deve essere il paradigma di funzionamento della scuola Italiana
attuale, ne prendiamo atto…
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