Oltre all'anzianità di servizio, il punteggio si calcola in base al numero di corsi frequentati. Peccato che molti di questi siano delle vere e proprie truffe che regalano punti in cambio di rette esose
Dalla prossima settimana partirà l’assegnazione degli ambiti posti fissi nella scuola. Bene, peccato però che l’operazione sia inquinata dal mercato dei titoli presentati dai candidati per scalare le graduatorie. E in questo settore, anche un punto in più può significare la conquista dell’ambito posto a tempo indeterminato.
Il punteggio si calcola in base all’anzianità di servizio (gli anni di supplenza) a cui va aggiunti i vari titoli. Se l’anzianità è un dato obiettivo, è sui titoli aggiuntivi che casca l’asino. In questo settore esiste una vera e propria giungla di associazioni ed enti nati per organizzare master e corsi di aggiornamento professionale che, con il placet del ministero dell’Istruzione, rilasciano attestati preziosi per scalare le graduatorie.
I corsi si svolgono per lo più attraverso Internet, ciò nonostante la partecipazione costa centinaia di euro per volta e non tutti sono disposti a sostenere questa spesa. Annarita Schiavone, insegnante precaria di lingue straniere, a un certo punto si è rifiutata di continuare a seguire i costosi corsi telematici. “Sono nauseata – racconta – perché in Italia, anche in questo settore, non c’è un limite preciso tra decenza e indecenza, lecito ed illecito, morale ed immorale”. Quello che la docente non riesce proprio ad accettare è che dietro questi corsi si nascondano, per dirla con le sue parole, “delle autentiche macchine mangia-denaro e dispensa-punti”.
Ecco il prezzario cui doveva far fronte Annarita per riuscire a salire qualche gradino in graduatoria: un punto costa 400 euro, mentre tre solo 600. “Stessa storia se si prendono in considerazione gli pseudo-master e le lauree online che solo a trattative riservate – si sfoga l’insegnante – Per non parlare della didattica. Il materiale che mi è stato inviato a casa era strana miscellanea di testi senza capo né coda, un copia incolla altamente destabilizzante”. Per di più gli esami, secondo la docente, sono una specie di pro-forma.
Un’esperienza che a un certo punto lei ha rifiutato: “Anche io sono incappata in questa macchina di ladri autorizzati, per ben due volte. Credevo di poter migliorare la mia condizione di precaria. Alla terza volta però mi sono rifiutata. Ho pensato ai miei alunni, ai miei ideali, ai valori che quotidianamente cerco di trasmettere”. Ma in Italia agli idealisti non va sempre bene. Il risultato è che Annarita si è trovata a guadagnare solo cinque posizione a fronte di colleghi che ne avevano guadagnate venti. L’ovvia conclusione è che la precaria non avrà il posto fisso, mentre i suoi colleghi probabilmente sì.
Sono tante le storie come quella della Schiavone che lottano contro un sistema nell’indifferenza generale: dei sindacati che dovrebbero garantire i precari della scuola e del ministero il cui compito dovrebbe essere quello di autorizzare solo i corsi di chi offre veri titoli di merito invece di punti.
Il Fatto Quotidiano.it 20 agosto 2011, di Augusto Pozzoli
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