Tutti giurano sulle sue
competenze e il suo alto profilo culturale, suffragati dai titoli
accademici, dalle pubblicazioni e dagli apprezzamenti unanimi che
abbiamo letto dovunque, per cui ogni virgola relativa al nuovo
ministro della Istruzione, Francesco Profumo, fa sperare in meglio e in
un futuro assai meno ammaccato per la scuola. Tuttavia dopo lo sfacelo
perpetrato dalla Gelmini, che niente ha in comune (compreso il
genere) col nuovo ministro da tutti i punti di vista, quali
manovre potrebbe intraprendere il prof. Profumo per ridare almeno
un po' più di speranza alla nostra scuola? Sicuramente la mole di
lavoro che ha davanti è sbalorditiva se non intende avallare le
manovricchie epocali della sue ex collega e le segate e i colpi d'ascia
alla istruzione, compresi, ma soprattutto, i licenziamenti di massa e
le guerre soffiate fra precari e fra docenti assemblati o smembrati
nelle nuove classi di concorso. Non riusciamo a immaginare da dove
possa iniziare ma ci pare difficile che possa ottenere soldi freschi
per il suo dicastero al fine di sbrindellare
le classi pollaio, incrementare il sostegno, ristrutturare le scuole
secondo le norme, evitare gli accorpamenti, favorire nuove
immissioni in ruolo togliendo ai Tar, ai giudici del lavoro e alla
Corte di giustizia europea il compito di sanare anni di
supplenze. Né pensiamo possa intervenire fortemente a modificare il
riordino di cui tanto si è vantata Gelmini e il suo governo, né che
possa tagliare il maestro unico, né di ripartire dalla originaria
riforma della scuola di Luigi Berlinguer per dare più credibilità alla
istruzione negli ambiti liceali e professionali col biennio unico. Sul
liceo musicale e coreutico, per esempio, mancando i fondi necessari per
aprirli almeno in tutti i capoluoghi di provincia o quantomeno dove c'è
già un Istituto musicale o un conservatorio (per la Sicilia pensiamo a
Messina, Caltanissetta, Catania) quali scelte adotterà? Come intenderà
muoversi? Lascerà il numero chiuso umiliando il diritto allo studio? E
per gli insegnanti, potrà forse implementare una nuova legge per il
reclutamento, che però dovrà fare i conti con quella varata dal governo
Berlusconi sulla formazione iniziale che ha visto nella querelle sui
Tfa la punta dell'iceberg del dissidio fra i numeri dati dalle
università e quelle del ministero, mentre i nuovi laureati aspettano e
le GaE scoppiano? E come e con quali parametri potrà, il prof. Profumo,
bandire un nuovo concorso, quello che l'esperto massimo della Gelmini,
Max Bruschi (che fine farà questo olimpico ingegnere?), voleva che
servisse per sparigliare le parigliate graduatorie? Come si
comporterà e quale strada piglierà il nuovo ministro su una faccenda
tanto delicata? Consentirà, qualora fosse bandito, a tutti di
parteciparvi (abilitati e no, supplenti e no) non tenendo più conto o
poco conto o tutto conto dei punteggi accumulati negli anni, almeno per
chi già lavora? E quali posti e per quali classi di concorso e per
quanti posti potrà bandire un nuovo concorso? Onestamente non
nutriamo molto ottimismo, né pensiamo possa riprendere il nuovo stato
giuridico dei docenti che da anni dorme fra le coltri della commissione
cultura e che potrebbe segnare, se svegliato, una svolta
per qualificare meglio i docenti, premiandoli sulla base di una certa
certezza: quella di un percorso di studio con le università.
Sicuramente lo aspettiamo al varco sui punti che hanno qualificato il
profilo tragico della passata amministrazione: la valutazione dei
docenti e delle scuole, i pieni poteri affidati ai presidi e ai giudizi
all'Invalsi, mentre ha da pelare la gatta del concorso a dirigente
tecnico, il famoso ispettore di casatina memoria che è indispensabile
per i controlli e il supporto alle scuole. Anche su questo fronte
(tacciamo sulla scorsa preselezione per il concorso a preside per amore
di pace) quale strada imboccherà?
A nostro modesto, perchè è nell'oggettività del gravoso oggetto, avviso
dovrà necessariamente glissare perchè mancano i soldi, quelli che
Napoleone voleva per fare le guerre, e perchè dovrà vedersela con gli
altri ministeri come quello della funzione pubblica dove l'ineffabile
Brunetta ha fatto man bassa di diritti con riferimento al blocco degli
aumenti contrattuali o alla certificazione medica o agli scatti di
anzianità, avallate all'epoca da tutti i sindacati, tranne dalla
Cgil, ma che hanno già iniziato a gridare forte e chiaro contro quegli
stessi ministri macinati dalla insipienza e dai mercati e con cui prima
però andavano a braccetto stretto.
Una montagna che dovrà scalare se vuole ridare speranza alla
istruzione pubblica, ma la cui cima ci appare troppo,
troppo distante per essere raggiunta: vedremo!
Pasquale
Almirante
p.almirante@aetnanet.org