Il dettato
costituzionale e decenni di scuola di massa, le ricerche dimostrano che
la scuola italiana non dà a tutti le stesse opportunità di successo,
misurate non dal titolo di studio ma da quanto effettivamente si impara
in aula: esistono, infatti, ancora profondi divari negli apprendimenti
che dipendono dall’origine sociale e culturale. Queste differenze
penalizzano il Sud, mentre nel Nord colpiscono soprattutto i figli
degli immigrati.
Sono divari che iniziano molto presto: rimangono contenuti nelle
elementari (non a caso il pezzo pregiato della nostra scuola),
esplodono nelle medie, diventano irrecuperabili alle superiori. Questo
genera una riduzione precoce della quantità e della qualità delle
competenze su cui il nostro sistema economico e sociale può contare. Se
oggi l’Italia ha un numero insufficiente di buoni laureati, la causa va
ricercata nell’incapacità della scuola di essere insieme equa ed
efficace.
Il richiamo fatto dal Presidente del Consiglio Monti nel
discorso al Senato è quindi fondamentale: se vogliamo valorizzare
veramente il merito e non solo parlarne, se vogliamo che l’istruzione
sia ascensore sociale, bisogna agire su questi divari.
Il compito in materia di istruzione che il nuovo Governo si prefigge è
quindi molto arduo, soprattutto perché nella scuola non esistono
riforme a costo zero ed è facile previsione che le risorse finanziarie
non abbonderanno nei prossimi mesi. Nel suo discorso programmatico, il
professor Monti si è concentrato su due punti: la valutazione del sistema e il reclutamento
e la carriera degli insegnanti. Si tratta di aspetti cruciali.
Senza un sistema nazionale di valutazione, basato sui test Invalsi e
sulla misurazione dei progressi che la scuola ha fatto compiere ai
singoli studenti, non è infatti possibile conoscere forze e debolezze
di ciascuna realtà scolastica, anche in relazione al contesto economico
e sociale in cui opera, e impostare iniziative di sostegno e di
recupero, laddove i ritardi sono più profondi.
Già il ministro Gelmini aveva avviato un’importante sperimentazione in
questo senso, che potrebbe costituire la base per futuri interventi.
La qualità degli apprendimenti dipende
dalla qualità degli insegnanti. Troppi sono anziani e
demotivati, mentre quelli relativamente più giovani non vengono
valorizzati. Occorre dare una
prospettiva ai nostri docenti, rompendo il patto scellerato (vi do
poco, vi chiedo poco) che ancora domina la scuola; occorre immettere
forze più giovani, evitando di saltare una generazione, che oggi
rappresenta un rischio concreto; occorre infine permettere che le
scuole scelgano gli insegnanti e viceversa, in modo da ridurre
l’eccessivo turnover che penalizza gli studenti più fragili.
La realizzazione dei due obiettivi che il Governo si è posto
permetterebbero un importante passo avanti nella riduzione dei divari
sociali e territoriali che ancora lacerano il nostro Paese.
(di Andrea Gavosto da La Stampa)
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