Da più di una
settimana si rifiuta di andare a scuola. Stanco di essere
marginalizzato, di seguire le lezioni da quel banco isolato e sistemato
lateralmente alla cattedra. Lì dove non incrocia mai lo sguardo dei
suoi professori e catalizza gli sfottò dei suoi compagni di classe.
Enrico è un ragazzino di 12 anni di Potenza, frequenta una scuola media
della città. È dislessico, forse un po’ iperattivo. Ma niente
giustifica una punizione del genere. Tantomeno quelle parole al
vetriolo che la prof ha pronunciato davanti all’intera classe: «Non
badate a lui, non vale niente». Se l’obiettivo della scuola è quello di
aiutare gli alunni ad imparare, a relazionarsi con gli altri, a
superare i propri limiti, beh questo non è certo il modo di
comportarsi. Averlo messo in un angolo, lontano dagli altri suoi
compagni non ha migliorato le cose, a cominciare dal suo livello di
attenzione e dal suo profitto. Si è ottenuto soltanto l’effetto di
«spingere» Enrico fuori dalla scuola, acuendo il suo nervosismo, la sua
insofferenza di fronte a giornate trascorse in solitudine e
costantemente alla berlina degli altri
alunni.
Il bambino non ce l’ha fatta
più a reggere questa «violenza» psicologica. Dice di sentirsi escluso,
messo da parte, preso in giro. Gli fa da eco la madre che «combatte una
battaglia contro i mulini a vento», facendo i conti con la dislessia,
un disturbo dell’apprendimento che al di là delle leggi, dei convegni,
delle belle parole la scuola spesso non è in grado di affrontare come
si dovrebbe. Rifugiandosi in punizioni che di educativo hanno ben poco.
E certamente non è questo il modo per aiutare un dislessico, cioé un
bambino che ha difficoltà a leggere e scrivere in modo corretto e
fluente. Un alunno che per riuscire a scrivere anche una sola frase
deve impegnarsi al massimo con tutte le proprie energie. Il risultato è
quello di stancarsi facilmente, commettere errori, rimanere indietro e
non apprendere.
La dislessia è un disturbo che si manifesa con l’ingresso nella scuola
elementare (quando il bimbo impara a leggere e a scrivere) ma in realtà
è presente anche in precedenza, solo che non è facile individuarlo
prima dell’inizio dell’insegnamento formale della lingua scritta. Il
più delle volte si è anche verificato un pregresso disturbo di
linguaggio di piccola entità, risolto quasi sempre senza dover
ricorrere ad uno specialista, oppure esiste un familiare o un antenato
affetto dallo stesso problema. La dislessia ha un’origine neurologica,
ma non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi
ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici. Anzi,
di solito i bambini con questo disturbo hanno un quoziente intellettivo
superiore alla media. Enrico, insomma, vale. Almeno quanto gli altri
suoi compagni di scuola.
(di Massimo Brancati da
http://lagazzettadelmezzogiorno.it)
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