Mi trovo in un
posto bellissimo, tranquillissimo e segretissimo, che per evidenti
motivi di sicurezza personale, richiesto, espressamente,
dall’interessato, non posso assolutamente rivelare. È un incontro
importante, lungamente cercato e faticosamente preparato, con una
personalità di prim’ordine della comunità scientifica internazionale,
un docente universitario, rigoroso e preparato, un uomo “d’altri
tempi”, timido e riservato: Ettore Majorana. Di lui, Enrico Fermi,
diceva, “Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di
secondo e terzo rango, che fanno del loro meglio ma non vanno lontano.
C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande
importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono
i geni come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana
aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava
quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon
senso”.
Inviato speciale: Professor Majorana, ci parli un po’
della sua famiglia d’origine.
Ettore Majorana:
«Provengo da una famiglia…di studiosi. Il mio illustre nonno paterno,
Salvatore Majorana-Calatabiano (1825-1897), è stato deputato, dalla
nona alla tredicesima legislatura, nelle file della sinistra, due volte
ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e terzo
governo Depretis (1876/1879) e senatore nel 1879. Mio padre, ultimo di
cinque fratelli, si è laureato a diciannove anni in Ingegneria e in
Scienze fisiche e matematiche. I miei quattro zii, Giuseppe, nato nel
1863, giurista, rettore e deputato; Angelo, 1856, statista; Quirino,
1871, fisico; Dante, 1874, giurista e rettore universitario. I miei
fratelli, invece, sono: Rosina; Salvatore, dottore in legge e studioso
di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in costruzioni
aeronautiche; Maria, diplomata a pieni voti in pianoforte al
Conservatorio di Santa Cecilia».
Inviato Speciale: Ci dica qualcosa, invece, della sua
infanzia e dei suoi studi?
Ettore Majorana:
«Ripenso alla mia infanzia…con nostalgia! Pensi che all’età di 5 anni
riuscivo a svolgere, a memoria, operazioni numeriche complesse! Avevo
una passione per la matematica! Dopo aver terminato le elementari ed il
successivo ginnasio, completato in soli quattro anni, presso il
collegio “Massimiliano Massimo” dei Gesuiti in Roma e dopo aver
frequentato il terzo liceo classico presso l’istituto statale “Torquato
Tasso”, nella sessione estiva del 1923, ho conseguito la maturità
classica. Terminati gli studi liceali mi iscrissi, forse per seguire le
orme dei miei avi, alla facoltà d’Ingegneria, fra i miei compagni di
studi c’erano, oltre a mio fratello Luciano, Emilio Segrè ed Enrico
Volterra. E fu proprio l’amico Emilio Segrè che mi convinse a passare
alla facoltà di Fisica ed a frequentare l’istituto di Fisica Teorica di
via Panisperna, a Roma. Fu un periodo particolarmente proficuo e felice
per me: studiavo e lavoravo…pane e fisica! Il 6 luglio 1929,
finalmente, mi laureai con 110/110 e lode, discutendo una tesi sulla
meccanica dei nuclei radioattivi; il mio relatore fu il prof. Enrico
Fermi».
Inviato Speciale: E come furono gli inizi del suo
lavoro nell’istituto di Fisica a Roma?
Ettore Majorana:
«Ah, che bei ricordi…i famosi ragazzi di via Panisperna! Il gruppo,
nato per interessamento di Orso Mario Corbino, con a capo Enrico Fermi,
era formato da me, Emilio Segrè, Franco Rasetti, Edoardo Amaldi, ed in
seguito Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino. In poco tempo
siamo riusciti a trasformare l’istituto in un moderno centro di
ricerca. Peccato che il governo d’allora, a parole, ci prometteva mare
e monti, ma, nella realtà, ci elargiva pochi aiuti economici. Un vero
peccato per il nostro lavoro e per la ricerca scientifica in Italia. Le
nostre ricerche riguardavano, inizialmente, la spettroscopia atomica e
molecolare, quindi si orientarono verso lo studio sperimentale del
nucleo atomico: attraverso il bombardamento di varie sostanze mediante
neutroni, ottenuti irradiando il berillio con particelle alfa emesse
dal radon, che è un gas fortemente radioattivo. Siamo riusciti,
addirittura, a rendere artificialmente radioattivi numerosi elementi
stabili. Il mio lavoro, invece, era essenzialmente teorico, mirava alla
comprensione della struttura del nucleo atomico e delle forze che vi
agivano. I miei sforzi d’allora diedero vita alla fondamentale teoria
del “decadimento beta” ed alla cosiddetta, “Forza Majorana”.
Inoltre, in quel periodo mi interessavo anche di studi sulla
spettroscopia e molti altri argomenti che spaziavano dalla fisica
terrestre, all’ingegneria elettrica, alla termodinamica, allo studio di
alcune reazioni nucleari non molto diverse da quelle che sono alla base
della futura bomba atomica. Quanto lavoro…e quanti sacrifici!».
Inviato Speciale: Professor Majorana, cosa ne pensa
della recente scoperta dei neutrini che potrebbero essere più veloci
della luce? Si rimette in discussione la teoria della relatività di
Einstein che dava la luce come la velocità massima?
Ettore Majorana:
«Molti anni fa elaborai una mia teoria sulle particelle elementari
nella quale ipotizzavo che, in particolari condizioni, queste potessero
assumere una massa ‘immaginaria’. Una insolita proprietà in grado però
di liberare le particelle dai limiti imposti dall’equazione della
Relatività e permettergli di viaggiare più veloci della luce. E,
adesso, dopo aver appreso i risultati ottenuti dai ricercatori del CERN
di Ginevra, con l’esperimento “Opera”, mi sembra, quasi, che siano in
sintonia con la mia vecchia ipotesi. E’ chiaro che l’esperimento va
verificato per avere validità scientifica, e, per la verità, le prime
verifiche non sembrano confermare l’ipotesi dei neutrini più veloci
della luce. La sincronizzazione dei “cronometri” atomici è infatti il
vero ed enorme problema dell’esperimento e nel caso del CERN le
anomalie riscontrate sono due e riguardano entrambe tale
sincronizzazione. La prima anomalia riguarda un orologio atomico non
esattamente calibrato, anche se in realtà l’errore andrebbe a favore
dell'esperimento, perché se la taratura fosse stata esatta avrebbe
misurato una velocità dei neutrini ancora maggiore. La seconda anomalia
riguarda una connessione non perfetta fra il cavo a fibra ottica che
collega il ricevitore Gps usato per verificare la scansione temporale
del percorso dei neutrini e una scheda elettronica all’interno di un
computer. Questa anomalia potrebbe aver alterato il flusso dei dati,
rendendo meno esatte le statistiche su cui, in ultima analisi, si
basano i risultati presi come definitivi. Tuttavia, non è chiara la
portata dell’anomalia e neppure se essa fosse in atto mentre venivano
effettuate le misure quindi l’esperimento e la sua riuscita sono tutti
da dimostrare.
D’altronde, i neutrini potrebbero diventare ‘tachionici’, cioè
viaggiare oltre la velocità della luce se costretti ad attraversare un
materiale molto denso. E questo è proprio il caso di quello che è
avvenuto nell’esperimento italo-svizzero, dove i neutrini, lanciati da
Ginevra, hanno percorso tutti gli oltre 730 Km nel sottosuolo. Del
resto, già nel 1932, con Fermi, avevamo ipotizzato la presenza di
queste minuscole e sconosciute particelle atomiche, confermate, nel
1956, da esperimenti eseguiti al reattore a fissione».
Inviato Speciale: Professore, qual è la sua opinione
sul dibattito di questo secolo tra fisica quantistica e fisica
relativistica?
Ettore Majorana:
«E cos’è la fisica quantistica? A differenza della fisica classica che
sostiene che tutta la materia è energia, – ricorda la famosa formula di
Einstein? – i “quantistici”, dicono, invece, che tutta
l’energia è Coscienza (Intelligenza). Quindi, al di là dell’aspetto
fenomenico della Luce, esiste un universo, speculare a quello fisico
classico, con leggi completamente opposte a quelle fisiche. Quindi non
a caso tale Campo Cosciente viene definito dai fisici quantistici il
“Campo delle possibilità o probabilità”. Insomma, tutto ciò che prima
si riteneva impossibile, poiché “governato da leggi deterministiche”,
viene messo in discussione e ritenuto possibile o, quanto meno,
probabile dalla fisica quantistica. In questo caso, contraddicendo la
celebre frase di Einstein “Ma dio non gioca a dadi!”, sembra proprio
che, nel mondo dell’infinitamente piccolo, Dio abbia voluto davvero
giocare a dadi!
Inoltre, i fisici quantistici hanno scoperto che all’interno del nucleo
dell’atomo, esiste un universo ancora misconosciuto a cui hanno dato il
nome di Spazio Quantico o Mondo Quantico. Una delle scoperte più
affascinanti è stata che in tale Spazio opera, secondo loro, la legge
di non località. Cioè, che due particelle di energia correlate, pur
essendo distanti migliaia di km tra loro, possono comunicare, nello
stesso momento, in perfetta coscienza; tale tesi è stata dimostrata dal
fisico Alain Aspect nel 1982, mediante la dimostrazione del cosiddetto
fenomeno dell’entanglement che viola il “principio di località” in base
al quale ciò che accade in un luogo non può influire immediatamente su
ciò che accade in un altro. Questo fenomeno può essere spiegato solo in
due modi: o la teoria di Einstein, che esclude la possibilità di
comunicazioni più veloci della luce, è da considerarsi errata, oppure
le particelle subatomiche sono connesse non-localmente ma in maniera
diretta. Ma la scoperta ancor più affascinante è stata che le due
particelle erano in realtà…la stessa particella (una), simultaneamente
presente in luoghi differenti! Il fisico Niels Bohr, il padre fondatore
della fisica quantistica, soleva sostenere che “anche se due fotoni si
trovassero su due diverse galassie continuerebbero pur sempre a
rimanere un unico ente...”.
Qualcuno, mischiando fisica e filosofia, ha parlato di “paradigma
dell’universo olografico”, cioè il principio in base al quale la realtà
oggettiva non esiste, l’universo è in realtà un fantasma, un ologramma
gigantesco e splendidamente dettagliato (David Bohm). Così ragionando
non è fantascientifico sostenere che il motivo per cui le particelle
subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che
le separa, risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione; ad
un qualche livello, di realtà, più profondo, tali particelle non sono
entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo"
fondamentale. È la prova dell’esistenza di Dio? Non le so rispondere!
Cosa significa ciò e quali risvolti può avere nelle nostre vite se
afferriamo, nel profondo, tale comprensione? Significa che siamo
fondamentalmente UNO, uniti nell’Unico Campo Cosciente? Questi sono le
questioni sollevate dalla fisica quantistica a cui, in realtà, è
difficile dare delle risposte, diciamo, pertinenti con la realtà
scientifica.
In realtà la fisica quantistica continua a dare risultati sorprendenti
nell’infinitamente piccolo ma contraddice, decisamente, il senso comune
nella vita di tutti i giorni. E, per certi versi, forse perché la mia
vita spesso urtava con il senso comune, io stesso sono stato
considerato un fisico quantistico, tanto da essere ancora ricordato,
tra l’altro, per avere dedotto l’equazione ad infiniti componenti che
formano la base teorica dei Sistemi Quantistici Aperti».
Inviato speciale: Professore, secondo lei, quale
relazione può esistere tra la scienza e la religione?
Ettore Majorana:
«La scienza, come la religione, aiuta l’uomo a dare risposte alle
eterne domande: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. La scienza,
come la religione, ricerca unicamente la verità, si compiace della
verità, cresce nella verità. La scienza, come la religione, rifugge dal
domino e dall’arroganza della ricchezza e del potere. La scienza mira,
esclusivamente, a decifrare i lineamenti oscuri della natura, a
esplorare, con occhi attenti, gli incanti dell’universo, a parlare con
il linguaggio della ragione; in una parola, punta al cuore della
ricerca e della verità. Come la religione! E lo scienziato, come il
sacerdote, cerca solo la verità, crede nella “sacralità” della verità.
Forse, caro amico, scienza e religione, a mio modo di vedere, sono più
vicini di quanto ci hanno fatto credere secoli di oscurantismo e di
fondamentalismo religioso, di liturgie e di falsità! Sono solo gli
uomini a fare la differenza. Gli uomini “ammantati di sacro” e di
fanatismo. Gli uomini con la loro sete di dominio e di onnipotenza!».
Inviato Speciale: Professor Majorana, mi consenta
un’ultima domanda. Possiamo rivelare, anche solo ai suoi amici, il
luogo segreto nel quale lei s’è rifugiato, ormai, da tanti anni e,
soprattutto, perché ha abbandonato il suo mondo?
Ettore Majorana:
«Caro signore, lei vuol parlare davvero troppo! Ma mi è simpatico con
quel suo colorito, quasi, bronzeo, da saraceno, mi ricorda qualcuno, un
altro giovane siciliano, anche lui timido e riservato, “fuggito” dal
suo mondo, a differenza di me, solo momentaneamente, almeno spero! Le
dico, solamente, che non è tanto importante dove si va, quanto quello
che si lascia e per il quale si è tanto lottato e sofferto. Le dico,
parodiando le parole di Romeo, mentre lasciava la sua amata Verona,
nell’immortale opera di Shakespeare, “Romeo e Giulietta”: “Non esiste
mondo fuori delle “mura” della fisica; non c’è che purgatorio,
supplizio, l’inferno stesso. Essere esiliato da qui, vuol dire essere
esiliato dal mondo, e l’esilio dal mondo è la morte”. Capisce, mio caro
amico! La morte…solo la morte!».
Ettore Majorana è stato visto, l’ultima volta, su un piroscafo che da
Napoli andava verso Palermo. La sera del 25 marzo 1938, Majorana partì
da Napoli, con un piroscafo della società “Tirrenia”, alla volta di
Palermo, ove si sarebbe dovuto fermare per alcuni giorni. Il giorno
stesso, prima di partire, aveva scritto ad un suo amico:
«Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non
vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie
che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti.
Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso
tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai
dimostrato in questi mesi… Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho
imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto…; dei quali tutti
conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e
possibilmente anche dopo».
Ed ai familiari: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se
volete inchinarvi all'uso, portate pure, ma per non più di tre giorni,
qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e
perdonatemi».
S’iniziarono le ricerche. Della scomparsa dello scienziato siciliano si
interessò, dietro pressioni di Fermi, lo stesso Mussolini; fu anche
proposta una lauta ricompensa per chi ne desse notizie, ma non si seppe
mai più nulla di lui. Ettore Majorana scomparve per sempre…
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it