Catania in strada contro la strategia della tensione e la mafia.
...C'erano due Catanie sabato a Catania: quella su i marciapiedi, indolente e insofferente come se Melissa non potesse essere ciascuno dei loro figli, e quella che non vuole restare in silenzio.
...Forse non è un caso che proprio gli insegnanti ieri al presidio di Catania fossero una delle “categorie” più rappresentate: insegnanti e mamme, spesso mamme-insegnanti. Qualcuna ha ricordato che, ai tempi della strategia della tensione, viveva a Milano e aveva paura a prendere il treno con il suo bambino.
L’unica, impercettibile reazione – come di un elettroencefalogramma piatto la cui rappresentazione grafica all’improvviso abbia un leggerissimo sussulto, forse soltanto un assestamento della macchina, che non ti dà nemmeno il tempo di sperare – è stata quella di una ragazza tacco 15, gambe chilometriche che uscivano da un paio di hot-pants, smalto e rossetto a profusione che passava per via Etnea. “Una ragazza di sedici anni è stata uccisa”, le poche parole arrivate casualmente alle sue orecchie dall’altoparlante: lei, come una canna di bambù sospinta dal vento, si è piegata leggermente, solo un impercettibile sussulto, ma subito si è raddrizzata e ha ripreso il suo cammino in direzione opposta. Indifferente.
Come indifferente era la gran parte di quelli che ieri pomeriggio passeggiavano sui marciapiedi di Catania mentre sfilava il corteo a conclusione del presidio indetto in poche ore con un tam-tam di indignazione e rabbia che ha fatto arrivare tanti sotto la prefettura. Tanti, ma non tutti. C’erano due Catanie ieri a Catania: quella sui marciapiedi, indolente e indifferente come se Melissa non potesse essere ciascuno dei loro figli, e quella che non vuole restare in silenzio. Variegata, triste, incazzata, demoralizzata, battagliera, emotiva e quindi incapace di un’analisi razionale (erano in molti quelli che prendevano il microfono per dire: “Io non lo so chi è stato”), razionale e quindi con le idee chiare sul “disegno”: molti perché abbastanza adulti da avere vissuto quasi tutte le stragi e i loro depistaggi da piazza Fontana in poi; gli altri perché hanno avuto la fortuna di avere insegnanti che, malgrado tutti i tentativi di uccidere la scuola pubblica ben prima che se ne uccidessero fisicamente gli alunni, hanno avuto dei professori che gli hanno insegnato la storia e che li hanno abituati a ragionare.
Forse non è un caso che proprio gli insegnanti ieri al presidio di Catania fossero una delle “categorie” più rappresentate: insegnanti e mamme, spesso mamme-insegnanti. Qualcuna ha ricordato che, ai tempi della strategia della tensione, viveva a Milano e aveva paura a prendere il treno con il suo bambino; un’insegnante ha denunciato che di mattina le scuole non erano state informate di quanto accaduto a Brindisi e ha urlato la propria rabbia contro una città dove la droga scorre a fiumi e per le strade si vende perfino l’assenzio; uno scrittore che fa animazione con i ragazzi e che in questo periodo lavora proprio con ragazze della stessa età di Melissa ha sottolineato che la mafia c’è ancora perché la vogliono, “perché è parte integrante di questo sistema”.
Lo hanno fatto anche perché, non invitato e non gradito, con un sorriso inespressivo da campagna elettorale, al presidio è arrivato Raffaele Stancanelli, sindaco inesistente di una città in agonia, che pretendeva di parlare, magari per lanciare a favore di telecamere uno di quegli appelli improntati alla stucchevole retorica della coesione e dell’unità nazionale che in questo Paese sono sempre serviti a fare stare tutti zitti: metafora di quel minuto di silenzio che si invoca in questi casi sperando che duri in eterno. Perché è così che ci vorrebbero: terrorizzati e in silenzio. E storditi, perché un istante dopo lo spettacolo riprende, che sia uno show televisivo come fu il giorno della strage di Capaci o una partita di calcio come ieri.
Un sindaco che di mattina non si era neppure posto il problema di bloccare la festante e carnascialesca (oltre che pacchiana) sfilata di cavalli e carretti siciliani, schiaffo al dolore di un Paese intero; soltanto intorno alle quattro del pomeriggio ha disposto la sospensione de “La notte dei musei” e ordinato che venissero listati a lutto i musei cittadini; e ha dovuto aspettare che lo sollecitasse un consigliere comunale per decidere il lutto cittadino, ma per lunedì, con calma.
Gli insegnanti, ma anche gli studenti, i giovani dei centri sociali, i militanti politici, i cittadini indignati gli hanno ricordato che Catania è in mano alla mafia, quella stessa mafia – intesa in senso lato, come braccio armato di chi vuole assassinare la democrazia – che in questo Paese, dal 1947 in poi, insieme a fascisti, servizi segreti, pezzi deviati dello Stato uccide da Portella della Ginestra a Firenze. Gli hanno ricordato che in questa città una presunta lotta per la legalità si fa dando la caccia ai lavavetri; gli hanno ricordato – come ha fatto il Centro sociale Experia – che l’attentato di Brindisi ripropone il problema dei rapporti fra pezzi dello Stato e criminalità organizzata: rapporti e complicità che il Meridione e Catania conoscono bene perché, per esempio, hanno “ridisegnato il piano urbanistico della nostra città riempiendola di centri commerciali il cui unico scopo è quello di riciclare i capitali mafiosi” oppure hanno “appoggiato le proposte di legge sullo scudo fiscale” e lo stesso faranno con “il ddl sulla vendita dei beni confiscati alla mafia” (che probabilmente sarà la mafia stessa a ricomprare, ma allo Stato e al governo dei banchieri importa soltanto fare cassa).
E forse le parole più incisive per spiegare la contestazione all’ex (?) fascista Stancanelli – perché con estrema sintesi coniugano insieme spontaneità di sentimenti e lucidità di analisi politica – sono quelle scritte dopo la manifestazione dai militanti e dirigenti del Circolo Città Futura di Rifondazione comunista: “Siamo sces* in piazza, a Catania, per Melissa e le altre giovani vittime di Brindisi, contro ogni violenza mafiosa, stragista e fascista. Avevamo scelto di esserci, in silenzio, solo con i nostri volti segnati dal dolore. Abbiamo dovuto rompere il silenzio, per urlare che, come ci ha insegnato Peppino Impastato, la mafia non è neutra né incolore. Abbiamo scelto di contestare il sindaco Stancanelli perché abbiamo memoria della strategia della tensione e delle stragi fasciste, delle connivenze mafiose del suo partito, quello di Berlusconi e Dell’Utri, di come i poteri forti economico/affaristici/mafiosi continuino a dominare il nostro territorio”.
enzeroquotidiano