Rispondiamo alle
dichiarazioni di Alessandra Cinerini, Presidente dell’Adi e al Capo
Dipartimento per gli ordinamenti scolastici, Lucrezia Stellacci, in
merito all’imminente attivazione dei TFA speciali.
Vorremmo invitare tutti i firmatari della mozione contro i TFA
speciali, promossa dall’Adi, a riflettere proprio sul concetto di
sanatoria.
Secondo taluni sembra quasi che i docenti di terza fascia abbiano
“scavalcato” i cancelli di una Scuola Statale, che aveva precluso loro
le porte dell’insegnamento, arrogandosi dunque diritti e doveri di un
qualsiasi docente di ruolo o abilitato. Le cose non stanno proprio
così: lo Stato ha offerto la possibilità ai suddetti docenti di
inscriversi nelle graduatorie di terza fascia pur non avendo questi il
titolo abilitante…
A questo punto ci sembra doveroso dare una spiegazione ‘tecnica’ dei
termini di cui si abusa: ‘sanatoria’ e ‘condono’.
La sanatoria è un istituto del diritto amministrativo italiano
attraverso il quale la pubblica amministrazione va a ‘sanare’ un atto
amministrativo che precedentemente era illegittimo in quanto privo di
requisiti essenziali previsti dall’ordinamento.
Il Condono è un provvedimento emanato dal legislatore mediante
decreti-legge, tramite il quale i cittadini che vi aderiscono possono
ottenere l’annullamento totale o parziale, di una pena o di una
sanzione.
Lo Stato ha dato la possibilità ai laureati di inserirsi nelle
graduatorie di istituto… non c’è, quindi, da ‘sanare’ alcun atto, vi è
una contraddizione in termini e nei fatti. Il lavoro nelle scuole nasce
da una necessità dello Stato e quindi sembra ovvio ed opportuno che
quest’ultimo riservi a questi docenti un percorso apposito per
l’abilitazione.
Ma è davvero questa l’equazione che merita di passare? Davvero il
docente non abilitato di terza fascia equivale ad incapacità ed
incompetenza? Non sarà, ancora una volta, la facile caduta nel luogo
comune, nello stereotipo figlio della paura, una paura che nasce dal
tentativo – riuscitissimo – di alimentare una guerra tra poveri? Dunque
noi, non abilitati di terza fascia, che da anni (anni!) svolgiamo
questo lavoro come è giusto che venga svolto, con serietà e
professionalità, pur non avendo il diritto di chiamarci professionisti,
noi, dunque, saremmo gli usurpatori, i furbetti, i raccomandati, il
nemico da abbattere? Forse non è chiaro, a chi è così convinto di
questo, che il lavoro che abbiamo svolto e che continuiamo a svolgere è
frutto di una necessità dello Stato, quello stesso Stato, che ora,
giustamente, dopo anni di servizio, ha deciso di riservarci un percorso
apposito, un percorso che non è affatto facilitato, ma che ci potrà
permettere di raggiungere l’abilitazione attraverso un processo
necessariamente differenziato, e con una valutazione finale che –
comunque - sarà uguale per tutti.
È stato scritto di tutto su questo corso, svuotandolo di ogni
significato, importanza, difficoltà. Ma le cose non stanno così! Il
fatto che non sia previsto un test preselettivo non significa
automaticamente che il corso sia una mera formalità! Chi sostiene che
si tratti di un condono, forse dimentica – o meglio – preferisce
dimenticare che molti di noi portano avanti da tantissimo tempo
incarichi anche annuali, senza che la mancanza di un’abilitazione ci
porti ad ottemperare il nostro lavoro in modo sciatto o accidentale.
Molti di noi non hanno mai smesso di studiare, seguendo master, corsi
di perfezionamento, dottorati di ricerca. Ovviamente ci sono delle
eccezioni: colleghi che forse non hanno lo stesso senso di
responsabilità che è doveroso avere, soprattutto in un mestiere così
delicato e difficile. Ma basta questa eccezione a generalizzare, a fare
di tutta l’erba un fascio, come se – del resto – queste stesse
eccezioni non esistessero anche tra gli abilitati, arruolati,
incattedrati?
Negli anni di insegnamento, nelle scuole, abbiamo collaborato con
docenti di ruolo colti e capaci, i quali sono arrivati al famigerato
contratto a tempo indeterminato passando per corsi abilitanti speciali,
come periodicamente è stato fatto. Forse, sarebbe necessario ascoltare
anche il loro parere sul nostro operato, perché rappresenterebbe
un’importante testimonianza di chi nella scuola è ormai incardinato e
ogni anno perde o cambia colleghi validi: docenti, non abilitati, che
chiedono soltanto il diritto a portare a termine un percorso formativo
dovuto, e mettere così un suggello ad una professione che hanno
costruito sul campo. O meglio: in classe.
In merito alle dichiarazioni del Capo Dipartimento per gli ordinamenti
scolastici, Lucrezia Stellacci, sull’eventualità di operare una
differenziazione tra i due titoli abilitanti, proviamo sgomento:
entrambi i percorsi si concluderanno con un esame finale con valore
abilitante. Se il Ministero deciderà di adottare criteri diversi per la
valutazione dei due percorsi abilitanti, sosterrà e rafforzerà la
convinzione (per alcuni) che il TFA speciale abbia, effettivamente, un
valore inferiore a quello ordinario; rinnegando, in tal modo, la stessa
ragion d’essere della sua “specialità”. Il MIUR ha apportato le
modifiche al decreto 249/10 con l’obiettivo di riservare un percorso
“speciale” a chi nel mondo della scuola (spesso la stessa Scuola
statale) è già inserito, con tutti gli oneri dei colleghi arruolati e
sicuramente con meno onori! E’ in virtù di tale condizione lavorativa,
che il TFA speciale verrà attivato e non si può far pesare sulla testa
dei suoi “tirocinanti speciali” l’onta di essere stati abilitati con
uno sconto!
robymaiora@libero.it