Il 7 maggio si
parte con le scuole elementari - ROMA - Sono circa 2,2 milioni gli
studenti che tra maggio e giugno sosterranno le prove Invalsi: si parte
il 7 e il 10 maggio con gli alunni delle scuole primarie (II e V
elementare), per proseguire il 14 con i ragazzi delle secondarie di
primo grado (I media) e il 16 maggio per i giovani della scuola
secondaria di secondo grado; infine, il 17 giugno, circa 600mila
studenti dovranno affrontare la prova inserita all’interno dell’esame
di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione (licenza media),
prova che vale un sesto del voto d’esame complessivo. Si tratta di 20
domande per le scuole elementari (a disposizione 45 minuti), 30-35 per
le medie (un’ora e 15 minuti) e 50 domande per le superiori (un’ora e
mezza). Numerose le novità introdotte quest’anno: «Abbiamo deciso di
dare più spazio a domande aperte che consentono in matematica risposte
più ricche, che favoriscano una maggiore argomentazione, per capire il
ragionamento compiuto dallo studente per dare la risposta - spiega
Roberto Ricci, responsabile dell’area prove Invalsi - in italiano,
domande che richiedono una comprensione complessiva dei testi e anche
la grammatica puntiamo a considerarla come strumento di valutazione.
Tutto ciò per individuare il lettore più competente più che quello
erudito». «La prova per gli studenti di terza media - prosegue Ricci -
è costruita con tecniche diverse perché incide sulla valutazione; è
prevista una griglia per assegnare il voto». Le altre prove, infatti,
«non hanno incidenza sul percorso scolastico» e hanno il solo obiettivo
di «monitorare e fornire indicazioni su dove sta andando la scuola»;
«la decisione di comunicare i risultati - sottolinea Ricci - rientra
nell’autonomia didattica del docente». Le prove - spiega l’Invalsi -
vengono restituite a tutte le scuole, cui forniscono un punto di
riferimento per confrontare le proprie classi col resto del sistema
scolastico; lo scopo è «stimolare l’avvio dei processi di
autovalutazione da cui le scuole dovrebbero poter identificare propri
punti di forza e criticità, individuando possibili interventi di
miglioramento», naturalmente considerando il contesto ove la scuola
opera e i processi posti in essere. Secondo l’Invalsi le prove non sono
quiz nozionistici - come accusa una parte di docenti e studenti - ma
«enfatizzano le conoscenze» «più che le mere conoscenze scolastiche»;
quindi «non possono e non vogliono essere “il” metro di giudizio sul
singolo alunno» e anche nel caso della prova parte dell’esame di Stato
conclusivo del primo ciclo di istruzione, «il suo peso è solo parziale,
con voti per ciascuno studente ristretti nell’intervallo tra 4 e 10».
Ma - osserva Ricci - «per far bene le prove Invalsi bisogna aver fatto
bene la scuola». Proprio per «accrescere le potenzialità di utilizzo a
fini di autovalutazione e riflessione sulla didattica», la restituzione
delle prove alle singole scuole avverrà quest’anno molto prima del
solito, all’inizio di settembre. «Per la correzione e imputazione delle
prove di una classe di 26-27 allievi un team di docenti impiega tra le
3 e le 3 ore e mezza - fa notare Ricci - ma la scuola ha 2 settimane di
tempo per trasmetterle. Quest’anno i tempi saranno molto ridotti perché
l’anno scorso l’imputazione era cartacea e ora è trasmessa
elettronicamente». Il rapporto nazionale sarà presentato l’11 luglio e
per la prima volta saranno valorizzati anche i dati sulla motivazione e
sugli atteggiamenti degli studenti.
Flavia Amabile
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