La Corte
europea ha riconosciuto responsabili i motori di ricerca per la
diffusione dei dati personali su pagine internet poste online da
soggetti terzi. In particolare, la sentenza ha fatto molto rumore per
le polemiche che da sempre accompagnano la reperibilità di notizie
sgradite ai diretti interessati, soprattutto qualora sussistano i
presupposti del cosiddetto diritto all’oblio.
Con la sentenza 131/12, resa nota ieri, il motore di
ricerca numero uno al mondo, Google, è stato riconosciuto come soggetto
obbligato a eliminare dall’elenco dei propri risultati – e in
particolare da quelli più in vista – link o notizie relative a un fatto
potenzialmente in grado di dare una cattiva reputazione al diretto
interessato, a maggior ragione se lo stesso non ha più rilevanza di
cronaca o a finalità di tipo penale.
L’obbligo di promozione dei link, per Google e i suoi cloni, sussiste
in presenza di determinate condizioni, ovviamente, ma va rispettato
anche nel caso in cui il sito web di destinazione non abbia provveduto
alla cancellazione delle informazioni contestate.
Nello specifico, il ricorso alla Corte europea era stato mosso dal
cittadino spagnolo Costeja Gonzalez, in relazione a un pignoramento
effettuato nei suoi confronti, per chiedere la rimozione delle due
pagine dal sito La Vanguardia sui fatti in questione, datati 1998. Il
ricorrente non ha mancato, infatti, di sottolineare che la sua
posizione fiscale fosse in regola da parecchi anni, malgrado i primi
risultati sulla pagina di Google al solo digitare il suo nome e
cognome ricordassero quei fatti lontani nel tempo.
Il reclamo, prima inoltrato al Garante per la Privacy iberico, era
stato accolto nei confronti non tanto della testata, che, in quei
giorni aveva legittimamente pubblicato le notizie, ma del motore di
ricerca, che continuava a proiettarle in cima ai risultati relativi al
nome del sig. Gonzalez.
Google Inc. e la collegata Google Spain hanno a loro volta, hanno
sporto ricorso contro la decisione dell’Autorità per i dati personali,
rimettendo la questione alla Corte comunitaria, la quale ha
riconosciuto la multinazionale del web responsabile in materia di
trattamento dei dati personali ai sensi della direttiva 95/46/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995.
Così, dopo la sentenza europea, i cittadini dell’Unione che si sentono
lesi nella reputazione per la facile reperibilità di notizie lesive sul
proprio conto non più attuali o comunque non aggiornate, potranno
chiedere la rimozione del contenuto anche al motore di ricerca, il
quale dovrà valutare la sussistenza dei requisiti per la cancellazione
e, in caso, provvedere a esaudirla.
Leggioggi.it